Quali tratti psicologici sono condivisi da Valentino Rossi, Jorge Lorenzo e Marc Marquez? E in che cosa sono diversi?
Valentino Rossi, Jorge Lorenzo e Marc Marquez sono dei campioni incredibili; credo di poter affermare, senza timore di essere smentito, che erano anni che non si vedevano gareggiare assieme tre motociclisti cosí talentuosi. In uno sport come il motociclismo, forse ancor più che in alte discipline, la pressione derivante dal pericolo e dall’aggressività insita nella guida di un mezzo meccanico cosí estremo, richiede delle caratteristiche personologiche ed una capacità di “tenuta” psichica non comuni.
Come psichiatra e grande appassionato di motociclismo ho deciso di divertirmi provando a profilare psicologicamente i tre grandi campioni basandomi sui segni che emergono dai loro stili di guida, dalle modalità di relazione tra di loro, da come intrattengono i rapporti con i media ed il loro pubblico e, infine, dai dati famigliari e di vita per come noi li conosciamo. Di sicuro gli ultimi 3 Motomondiali, dal 2015 al 2017, hanno rivelato molto di come queste tre persone reagiscono ad un brusco aumento di pressione relazionale visto il progressivo crescere di tensioni e rivalità.
Probabilmente in questo terzetto di campioni sarebbe stato opportuno aggiungere anche Andrea Dovizioso, ma personalmente trovo questo quarto grande campione molto meno interessante sul profilo psicologico.
In realtà la cornice ideale per poter valutare molti aspetti di personalità sarebbe quella in cui vi è assenza di osservatore dato che, un pochino come accade in altre discipline scientifiche, la stessa osservazione perturba in qualche misura il comportamento: nel caso di Rossi, Lorenzo e Marquez questo punto di vista privilegiato ci è quasi completamente negato visto la costante presenza dell’occhio mediatico che tende ad elicitare comportamenti più recitati, di copertura, in qualche maniera fasulli.
Per iniziare credo possa essere utile esprimere quello che considero il presupposto più importante che riguarda tutti e tre i piloti, o meglio, che riguarda ogni pilota del MotoGP: queste persone possiedono competenze tecniche e di guida, aggressività agonistica e capacità di controllo assolutamente fuori dall’ordinario.
Per cui metterei subito da parte i luoghi comuni tanto cari alla gente ed ai giornalisti che li dipingono, in qualche maniere, ragazzi semplici, bonari, “cosí umili ed alla mano”: Rossi, Lorenzo e Marquez non possono, per definizione, essere persone semplici o lineari, posto che questi due termini abbiano un qualche senso per gli esseri umani in generale.
Vista questa premessa credo di poter immaginare che questi tre campioni abbiano, tra di loro, più similitudini che differenze.
Scendendo un pochino più nel tecnico direi che tutti e tre probabilmente hanno degli aspetti profondi, mi viene da dire temperamentali, di tipo sadico-anale, come affermerebbe Freud, dai quali emergono le caratteristiche di aggressività e precisione che sono tipiche delle persone che gareggiano in moto; il motociclismo, infatti, non è uno sport da scapestrati o da incoscienti, come molti lo immaginano, ma in realtà è una disciplina per persone precise, ossessive addirittura, con in più il pesante fardello nevrotico dell’aggressività fusa con questa grossa quota di controllo.
Ricordiamoci che l’aggressività è quella dimensione psichica che se tenuta a bada diviene “grinta”, molto utile in ambito agonistico, ma se fuori controllo può trasformarsi in “rabbia” e quindi controproducente perchè porta alla violazione dell’aspetto regolamentato che differenzia lo sport dalla battaglia per la sopravvivenza degli animali. Cosa differenzia Rossi, Lorenzo e Marquez, quindi, sono le modalità con le quali essi fanno i conti con il complesso binomio Aggressività(sadismo)-Controllo(ossessività anale), ovvero si differenzieranno per il modo con cui queste caratteristiche nucleari entreranno in rapporto con il proprio se e con gli altri. In questo senso i tre campioni sono sicuramente molto diversi.
Un buon modo per valutare come viene gestito il binomio aggressività-controllo potrebbe essere quello di prendere in considerazioni gli aspetti fini dell’espressività mimica. Ecco come leggerei io i tre volti in questione:
- Jorge Lorenzo mostra perlopiù una mimica neutra, seriosa, alcuni la definirebbero fredda, in realtà è ipercontrollata, segno che in lui l’aspetto ossessivo è preponderante poichè il timore della perdita di controllo è, probabilmente, costante e molto consapevole. Tutto porta a pensare di aver di fronte una persona sufficentemente matura seppur molto aggressiva ed a rischio di improvvise fratture interiori.
- Marc Marquez è l’opposto di Lorenzo dato che il suo sorriso fisso, poco modulabile, e lo sguardo inebetito tradiscono una sorta di negazione e di scarso contatto con gli aspetti più profondi della sofferenza. Nel caso di Marquez la diade aggressività-controllo è negata, non risolta perchè semplicemente non affrontata, come possiamo aspettarci da una persona con degli aspetti di scarsa maturità.
- Valentino Rossi è forse, dei tre, il soggetto con la mimica più difficile da decifrare dato che, a mio modo di vedere, esprime molto chiaramente un elevato livello di “split”. Cosa si intende con questo termine? La mimica di Valentino Rossi è in qualche misura scissa a livello orizzontale, ovvero gli occhi esprimono aggressività mentre il sorriso, sganciato dal messaggio della parte superiore del volto, è bonario e cordiale e fornisce al campione quell’aria “cucciolosa” che lo ha reso cosí popolare. In sintesi la frattura interiore tra aggressività e controllo in Rossi è scissa, proiettata verso l’esterno ed attribuita ad altri secondo i due opposti poli di attacco-difesa, sadismo-ossessività, gettando le basi per un comportamento paranoicale.
Nella genesi di questi tratti personologici hanno senz’altro avuto un grande ruolo gli aspetti famigliari. Partendo da quello che possono avere in comune gli ambienti famigliari dei tre piloti, di sicuro c’è da rilevare una probabile elevata presenza di messaggi “a doppio legame”.
Nel caso specifico Rossi, Lorenzo e Marquez si saranno sentiti dire sia “ti voglio bene” e sia “vai pure in pista a rischiare di ammazzarti”; questo doppio messaggio in cui l’affetto è miscelato con l’autorizzazione a condurre attività potenzialmente letali non può essere passato inosservato agli occhi dei tre piloti. In questo senso il motociclismo è una attività in cui si devono sempre far convivere gli opposti: aggressività e controllo, vita e morte, amore ed odio. Una bella fatica.
Inoltre il padre di Valentino Rossi, ben conosciuto a tutti gli appassionati di motociclismo poichè è stato anche lui un pilota, sembra avere tutte le caratteristiche tipiche dell’individuo che proietta sul figlio aspettative e sogni infranti spingendo ancora più all’estremo questo diade di amore e morte presente nel mondo del motociclismo tristemente concretizzatasi qualche anno or sono nella morte di Marco Simoncelli.
Molto interessante, in questo senso, sono le interviste al padre di Simoncelli nel quale, in apparenza, il senso di colpa sembra non esistere. In realtà la sensazione è che tutti e tre i campioni stiano correndo per esser visti ed apprezzati da padri esigenti e poco sensibili. Il padre di Jorge Lorenzo, Josè Manuel detto “Chico”, si è più di una volta schierato con l’ex rivale di squadra Yamaha, Valentino Rossi, insensibile al fatto di poter ferire il figlio in costante competizione con lui nei confronti dei vertici della azienda, metaforiche entità paterne a loro volta, quasi ad affermare: “vuoi il mio affetto? corri più forte di lui…“.
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Ma che bello questo articolo! Complimenti allo psichiatra/motociclista!!!! 🙂