Che cosa potranno mai avere a che fare Prince e George Michael con gli oppiacei?
Sembra strano e grottesco pensare che, nonostante le varie versioni della loro morte nel 2016, ambedue potessero avere dei problemi con gli oppiacei, altre sostanze d’abuso e farmaci vari: eroina, dilaudin, fentanyl, cannabis e alcol…
Belli, stilosi, creativi e talentuosi, due veri fuori classe che hanno fatto la storia della musica del ‘900, sembra impossibile ritrovarli nei racconti fatti dai giornali al riguardo delle circostanze che hanno causato la loro morte:
GEORGE MICHAEL: http://www.telegraph.co.uk/news/2016/12/26/george-michael-died-alone-boyfriend-reveals-battled-secret-heroin/
Eccovi una lista, senz’altro incompleta, di grandi protagonisti della musica che hanno perso la loro battaglia contro la dipendenza da oppiacei: Janis Joplin, Jim Morrison, Sid Vicious, Mike Bloomfield, Pete Farndon, Paul Butterfield, Hillel Slovak, Andrew Wood, Dave Rubinstein, Kurt Cobain, Jonathan Melvoin, John Baker Saunders, Allen Woody, Dee Dee Ramone, Robbin Crosby, Jeremy Michael Ward, Gidget Gein, Mikey Welsh, Mike Starr, …
Nonostante il mondo della musica abbia provato a recuperare distanza dalla mitologia della Rockstar dipendente e distrutta da miscele varie di sostanze, alcol e farmaci, molte morti “celebri” riportano pesantemente davanti ai nostri occhi le fatali fragilità di chi ha edificato gli edifici del Pop, del Jazz e del Rock: Michael Jackson, Amy Winehouse, Whitney Houston, …
In superficie, il Rock ‘n Roll si presenta come una fantasia adolescenziale che diventa realtà: una festa non-stop di spettacoli sold-out, jet privati, insieme ad una scorta infinita di groupies adoranti durante parties che alterano la mente nella ricerca continua di un brivido che dura notte e giorno, 24/7.
Ma sul lato oscuro e squallido di questo mondo apparentemente “glamour” e creativo ritroviamo le storie di giovani e promettenti talenti che cedono agli artigli seducenti ed inesorabili della dipendenza da quegli stessi farmaci e droghe che un tempo poteva essere il “carburante” del loro motore creativo.
La frase “sesso, droga e rock and roll”, come parte della cultura pop del ‘900 è, in fin dei conti, assolutamente vera.
Forse tutte queste Rockstars hanno avuto un intuizione antica, adolescenziale, su ciò che l’eroina, gli psicofarmaci o l’alcol avrebbe fatto per loro: di come, temporaneamente e fatalmente, gli avrebbero riempiti e completati nelle loro debolezze segrete, nelle loro oscillazioni dell’umore. Probabilmente hanno capito subito, una volta provata quell’ebrezza, che quello come avrebbero voluto sentirsi da sempre, come se improvvisamente ci fosse un campo di forza invisibile intorno a loro che li potenziava.
Probabilmente, se avessero potuto, avrebbero voluto sentirlo sin da bambini questo oscuro “campo di forza”, quando erano tutti quanti raccolti attorno allo stereotipo del fanciullo magro, sensibile, solitario, vergognoso e tormentato, che non avrebbe mai potuto dire quello che stava provando, perché lui stesso non lo sapeva.
Tutti i “superpoteri musicali” e le grandi capacità comunicative e poetiche, per molti di loro non sono state sufficienti a salvarli da un’interiorità oscura, fondata su quello che Sigmund Freud chiamava il “bisogno anomalo“: la capacità riempitiva e lenitiva, cha ha indiscusse basi biochimiche, di alcune sostanze che riescono a porre rimedio alla presenza di un IKIGAI fasullo e posticcio.
Per un tossicodipendente in preda ad un’ossessione chimica, le cose diventano realmente spaventose quando arrivano i primi inutili e frustranti tentativi di smettere. In quei momenti diviene chiaro che senza sostanze chimiche corpo, il mondo è un luogo insopportabile per loro.
Il “bisogno anomalo“, ovvero la dipendenza, sembra essere più diffuso che mai nella nostra società. Alle volte è anche spinto dalle nuove tecnologie che accelerano e catalizzano l’inseguimento di sogni fuori portata, per colmare il vuoto dell’assenza di un vero IKIGAI, e di conseguenza diventiamo Rockstar-Like, indotti a cercare di raggiungere felicità che balenano perennemente appena oltre l’orizzonte.
Il “bisogno anomalo” è mutato in nuove forme, come la dipendenza dal lavoro, dal successo, da relazioni affettive sbagliate, da gioco d’azzardo, ma in realtà mantiene anche tutte le sue “classiche” forme ovvero eroina, oppiacei, alcol e psicofarmaci, che vediamo di meno perché contrastano pesantemente con il look di massa dell’iper efficienza e della super competizione, ma i loro artigli non sono meno pericolosi solo perché abbiamo distolto il nostro sguardo da loro.
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