Introduzione
Questo articolo è il secondo che pubblichiamo sull’argomento della psichiatria digitale e salute mentale digitale, se non hai ancora letto il primo articolo vai subito a a questo link.
Negli ultimi decenni gli sviluppi tecnologici che hanno coinvolto la nostra società si sono diffusi e consolidati con modalità esponenziali (1).
Allo stesso modo, in passato, molti elementi di innovazione, come la radio, la televisione, la moda e molti diversi cambiamenti culturali e di costume, hanno avuto un lento sviluppo iniziale, quasi sotto la soglia della percezione, per poi esplodere rapidamente e prepotentemente in un periodo di tempo molto breve (2).
Questo specifico tipo di diffusione esponenziale ha certamente riguardato anche le tecnologie digitali, che hanno progressivamente trasformato tutte le attività umane, dalla comunicazione al marketing, dalla musica al cinema, dalla mobilità quotidiana alla gestione delle vacanze, dall’economia alla politica, dall’editoria alla televisione e così via (3).
Questa dirompente trasformazione digitale è stata sostenuta principalmente dalla diffusione globale del web e dalla possibilità, per una larga parte della popolazione, di accedervi in mobilità.
In estrema sintesi la domanda a cui questo articolo cerca di rispondere è: in questo contesto globale di trasformazione digitale, cosa è successo alla medicina in generale e alla psichiatria in particolare?
Ovviamente molte cose sono cambiate, in ambito sanitario, grazie alle nuove tecnologie ma, per vari motivi, la curva esponenziale del cambiamento non ha ancora raggiunto la fase di completa trasformazione digitale (4).
Come mai la medicina sarà, a questo punto, l’ultima nella lista delle attività umane completamente trasformata dalle tecnologie digitali?
Sono diversi i fattori che hanno contribuito al rallentamento della trasformazione digitale della medicina.
La sanità, infatti, a differenza dell’economia, del marketing, della musica, del cinema, è dotata di un elemento di “sacralità” e di una quota di importanza oggettiva per l’umanità che ha imposto una maggiore prudenza.
In medicina non è opportuno osare troppo perché il rischio di sbagliare o di alterare equilibri precostituiti può generare molti danni e conseguenze nefaste sulla popolazione, senz’altro molto difficili da prevedere e da gestire; inoltre, ci sono complesse questioni etiche da non sottovalutare (5).
Tra l’altro, la Medicina in generale, e la Psichiatria in particolare, devono affrontare problemi di maggiore complessità (6) rispetto ad altre attività umane che necessitano di un maggiore affinamento delle tecnologie di base prima di poterle applicare in sicurezza.
I medicI non sono stati e, lasciatemi dire, non avrebbero potuto mai essere degli Early Adopter della trasformazione digitale (2)(4)(5).
Ci sono anche alcuni aspetti ideologici tipici della Medicina e della Salute Pubblica che hanno indubbiamente rallentato la loro profonda trasformazione digitale: la mancanza intrinseca di propensione al cambiamento, la mancanza di lungimiranza, i timori ingiustificati degli operatori sanitari di perdere il loro primato, la sfiducia generica verso il nuovo (2)(7).
Per concludere questa introduzione, è essenziale anche sottolineare che, ad oggi, sono ancora poche le figure professionali che hanno le adeguate competenze trasversali legate alla psichiatria ed alle tecnologie digitali, per favorire e governare questo cambiamento, ovvero competenze informatiche, competenze di comunicazione digitale, analisi dei dati, conoscenza delle infrastrutture tecnologiche e specifiche conoscenze etiche e giuridiche (2).
Ma dopo queste doverose premesse iniziali vorrei arrivare al punto: in che modo le tecnologie digitali hanno cambiato, stanno cambiando e cambieranno la psichiatria?
Per rispondere a questa domanda è opportuno raffigurare la trasformazione digitale della psichiatria in tre diversi spazi temporali, ovvero passato, presente e futuro, relativi a tre diverse fasi di cambiamento: ciò che poteva già accadere (ma non è ancora accaduto), ciò che potrebbe accadere oggi (ma stenta a prendere piede) e ciò che (senz’altro) accadrà in futuro.
Secondo questa prospettiva vorrei raggruppare in questo modo i campi specifici della psichiatria digitale (2):
- Comunicazione digitale, Telepsichiatria, Realtà virtuale e aumentata, Raccolta dati (EHR, “electronic health record”), appartengono senza dubbio al passato (anche se non sono mai state declinate concretamente nella pratica clinica).
- Ora potrebbe essere il tempo dell’Intelligenza Artificiale, dei Big Data, della Fenotipizzazione Digitale, della Terapia Digitale e della Blockchain.
- Domani potremmo vedere l’aggregazione di tutti questi campi della psichiatria digitale in una vera e propria pratica clinica guidata dai dati chiamata “Psichiatria Aumentata”.
Il passato della Psichiatria Digitale: una sfida non ancora raccolta
Tra gli anni ’90 e i primi anni 2000 è stato raggiunto un tale sviluppo tecnologico che avrebbe potuto consentire alcuni importanti cambiamenti per la psichiatria, mi riferisco a questo:
- la possibilità di comunicare digitalmente attraverso il web, per attuare la formazione del personale, la prevenzione primaria, la lotta allo stigma e la psicoeducazione (2)(8).
- realizzare interventi di diagnosi e terapia a distanza (9).
- organizzare i dati clinici in formato elettronico (la cosiddetta “EHR”, o cartella clinica elettronica) (10), per importanti fini di ricerca e di pianificazione.
Cominciamo ad affrontare il fondamentale tema della cosiddetta “Comunicazione sanitaria digitale”: possiamo tranquillamente affermare che la comunicazione digitale nel campo della sanità è stata una delle principali innovazioni che la medicina non ha sviluppato in passato e che neppure oggi riesce ancora a padroneggiare.
Al confine del nuovo millennio, l’inizio della trasformazione digitale avrebbe potuto cambiare completamente gli aspetti comunicativi della sanità, ma tutto questo per molti anni è passato completamente inosservato ai medici, anche ai più lungimiranti (11).
Ci sono voluti molti, troppi anni perché tutti noi lo comprendessimo veramente, e ancora oggi rappresenta, purtroppo, un vero e proprio potenziale non espresso.
Infatti, le opportunità del web, dei blog, dei social media e di tutto il web 2.0 mostrano enormi possibilità nei campi della formazione a distanza, della prevenzione primaria, della lotta allo stigma, della psicoeducazione e, in generale, della divulgazione scientifica della salute (12).
Come mai questa opportunità non è mai stata sfruttata adeguatamente? Perché la medicina, e la psichiatria in particolare, hanno trascurato la grande opportunità di parlare alle persone in modo molto efficiente attraverso il digitale?
Prima di tutto, penso sia giusto menzionare una notevole resistenza di fondo da parte di tutte le professioni sanitarie al cambiamento, in relazione a una paura strisciante di perdere il primato e il controllo su un’area della scienza che era ed è fortemente legata ai grandi interessi economici e all’influenza sulla popolazione.
Ricorda le prime reazioni dei medici alla possibilità che le persone si dedicassero alla loro salute e si informassero sulle terapie e sulle malattie tramite google o wikipedia? (13)
È chiaro che, per molti anni, gli operatori sanitari non hanno mai considerato il web un’opzione così utile, interessante o rivoluzionaria per mantenere i contatti con pazienti, colleghi e autorità pubbliche.
Senza contare che, durante la formazione universitaria e specialistica, ai medici non viene mai insegnato a comunicare efficacemente, sia in termini generali che sul web, in termini divulgativi verso il grande pubblico ed i pazienti; questa mancanza personalmente risulta piuttosto preoccupante in un mondo digitale dove gran parte della prevenzione primaria potrebbe essere attuata su canali social e su siti web, utilizzando uno storytelling moderno ed efficace.
Internet e il web hanno generato in molti settori del sapere umano, in particolare nella medicina, la sensazione di scoperchiare un vaso di pandora ricolmo di conoscenze complesse e “segrete” che sono diventate improvvisamente accessibili a tutti.
Noi medici sappiamo bene, e ormai l’abbiamo accettato, che tutti i nostri pazienti, quando lasciano i nostri ospedali, prima ancora di raggiungere la loro abitazione, hanno già consultato google per approfondire le loro conoscenze sulla diagnosi che abbiamo fatto loro o sulle terapie che abbiamo prescritto.
Questo comportamento è stato a lungo percepito come una potenziale fonte di danno, un problema, addirittura un oltraggio alla classe medica, mentre solo recentemente ci siamo resi conto che rappresenta un’enorme opportunità comunicativa per raggiungere le persone al momento giusto, proprio quando hanno bisogno di conferme e rassicurazioni.
Mentre gran parte della classe medica criticava e si opponeva, fantasticando di poter arginare la trasformazione digitale della comunicazione, altri tipi di “professionisti” (venditori, marketer, truffatori, antipsichiatri, ecc.) hanno presidiato le alte posizioni di Google e YouTube, favorendo incomprensioni, notizie false, stigmatizzazione e manipolazione dell’informazione sanitaria (14).
In qualche modo i medici e soprattutto gli psichiatri, che dovrebbero essere dei veri tecnici della comunicazione, si sono recentemente svegliati da un torpore narcisistico e negativo che li aveva portati a pensare di poter controllare l’evoluzione delle cose, invece di dedicarsi all’approfondimento ed allo studio di questo cambiamento di paradigma della comunicazione, cercando di capire come cavalcare questa trasformazione digitale in modo creativo ed efficace.
Come potete facilmente immaginare, “governare la trasformazione digitale invece di opporvisi e, quindi, di subirla” sarà il leitmotiv di questo articolo.
Gli psichiatri hanno perso la grande opportunità di imparare ad utilizzare lo strumento della comunicazione digitale sanitaria, molti anni fa, ma forse sono ancora in tempo per rimediare rapidamente a questa mancanza.
Rimanendo nel passato della psichitaria digitale, che ne è stato dell’opportunità della telemedicina nell’ambito della salute mentale?
All’inizio dello sviluppo del moderno concetto di sviluppo digitale della medicina (fine anni ’90 e inizio 2000) pochissimi medici compresero l’opportunità di raggiungere i loro pazienti in contesti innovativi e maggiormente sostenibili (16).
Per molti medici dell’epoca lavorare a distanza su di un paziente rappresentava un limite (ed una grave violazione di setting) piuttosto che un’opportunità (16).
Anche in questo caso questa forte ambivalenza assumeva la forma di un’impostazione ideologica spesso rigida e inflessibile (“con la webcam non è una visita”, “il rapporto medico-paziente è distorto”) e per nulla basate su evidenze scientifiche.
Al contrario la pratica della telemedicina, con pochi limiti e grandi vantaggi, avrebbe potuto, e può a maggior ragione tutt’oggi, diffondere l’aiuto psicologico e psichiatrico in aree svantaggiate, a persone che non possono raggiungere i grandi ospedali, aumentando l’efficienza degli interventi.
Non dimentichiamo che, tra tutte le specialità mediche, la psichiatria avrebbe probabilmente potuto beneficiare fin dall’inizio della telemedicina, ma pochissimi psichiatri del Servizio sanitario nazionale hanno cercato di utilizzarla.
È incredibile dover constatare che la vera spinta al cambiamento ed alla diffusione della telemedicina sia stata provocata dall’epidemia di COVID-19 all’inizio del 2020 (16).
Questo evento catastrofico, che ha comportato l’obbligo del distanziamento sociale e del lavoro a distanza ha improvvisamente abbassato tutte le resistenze alla telemedicina del personale medico-sanitario, permettendo di avviare un percorso non più lento e lineareprogressivo, ma molto più veloce ed esponenziale, di sviluppo e sperimentazione di piattaforme di telemedicina (17).
Rimanendo ancora su quello che chiamiamo il passato della psichiatria digitale, un’importante riflessione riguarda l’utilizzo della Cartella Clinica Elettronica in psichiatria (“Electronic Health Record” di solito chiamato “EHR”), che in realtà potrebbe rappresentare un ponte tra passato, presente e futuro, nell’ambito delle varie applicazioni della psichiatria digitale: blockchain, big data, intelligenza artificiale e psichiatria aumentata (18)(19).
L’EHR potrebbe essere una delle principali fonti di big data clinici per il presente e per il futuro e, nonostante sia uno strumento utilizzato quotidianamente solo da qualche anno, non è ancora orientato ai processi clinici integrati ed alla raccolta strutturata di dati e, quindi, non sfruttato appieno in tutte le sue potenzialità, anche se avrebbe dovuto suscitare molto interesse in chi lavora nel settore sanitario fin dagli anni Novanta.
Purtroppo, nello sviluppo delle cartelle cliniche elettroniche, medici e psichiatri non sono stati presi in sufficiente considerazione, creando strumenti non perfettamente adeguati alle esigenze cliniche e di ricerca; questo ha portato allo sviluppo di strumenti che non sono poi così utili nella pratica quotidiana, ed il loro enorme potenziale come fonte di dati non può ancora contribuire a migliorare il lavoro degli operatori sanitari e dei ricercatori.
Una cartella clinica elettronica, tutti dovrebbero saperlo, non significa affatto “scrivere su un computer invece che su carta”, ma molto di più.
Infatti si tratta di raccogliere dati, organizzarli e renderli prontamente disponibili ai medici, segnalando anomalie, suggerendo interpretazioni, aiutando l’interpretazione delle osservazioni cliniche e consentire il trasferimento di informazioni tra gli operatori sanitari nell’interesse della cura olistica e multidisciplinare di un dato paziente, usare la tecnologia della blockchain per garantire validità, privacy e sicurezza.
In breve, anche l’EHR, dopo molti anni, non ha ancora espresso tutte le sue grandi potenzialità (2).
Alla fine di questo capitolo sulle possibilità non ancora espresse della psichiatria digitale del passato, vorrei parlare di quello che per molti è il “mistero” della Realtà Virtuale e della Realtà Aumentata (“VR” e “AR”).
È un vero e proprio mistero perché per oltre 40 anni i ricercatori hanno combinato la scienza psicologica clinica con le migliori tecnologie di Realtà Virtuale immersiva per valutare, comprendere e trattare i problemi di salute mentale, ma non sono stati ancora ottenuti risultati pratici ed utilizzabili nella pratica clinica quotidiana.
Forse perché le tecnologie per offrire una buona esperienza al paziente non sono ancora perfette e le visiere sono ancora costose.
O forse perché la Realtà Virtuale è ancora un “gadget” o “un giocattolo” nella mentalità della maggior parte degli psichiatri, e chi lavora sul campo semplicemente non si fida (2)(29)(30).
Resta il fatto che una grossa mole di studi clinici di qualità sostengono fortemente l’utilizzo della VR e della AR in psichiatria per il trattamento delle fobie specifiche, della fobia sociale, per il social skill training e per una moltitudine di altre condizioni psicopatologiche (31).
Il presente della psichiatria digitale: sembra il futuro ma non lo è ….
Intelligenza artificiale e Big Data, Terapie Digitali, Digital Phenotyping e Blockchain sono il presente, ma purtroppo, le opportunità del “qui e ora”, sicuramente disponibili, appaiono ancora futuristiche a molti psichiatri ed operatori sanitari (2).
Questo è un punto particolarmente dolente. Manca la sensazione di urgenza. Mentre l’interesse per nuove soluzioni diagnostiche e terapeutiche è sempre stato alto, la ricerca di innovazione tecnologica nella comunicazione sanitaria e tra sanitari è sempre sembrata un problema secondario, differibile, a scapito delle nuove possibilità di diagnosi e cura per i pazienti che soffrono di una malattia mentale (2).
Anche perchè è sempre più evidente che, inaspettatamente, è proprio la psichiatria ad essere la specialità medica che trarrà il massimo beneficio dall’adozione di queste nuove tecnologie.
Cominciamo quindi con i due grandi temi della psichiatria digitale contemporanea: l’intelligenza artificiale e i grandi dati (20).
Negli ultimi dieci anni, gli investimenti economici nella medicina digitale sono aumentati in modo esponenziale proprio in questi due campi specifici delle neuroscienze, e si stima che il valore del mercato delle nuove tecnologie (AI e Big Data) applicate in campo medico-farmaceutico abbia un valore di circa 100 miliardi di dollari (21) (22).
Allo stesso modo, c’è stata una forte espansione nella produzione di articoli scientifici che trattano argomenti legati all’uso delle tecnologie digitali nelle neuroscienze (23), in particolare AI e Big Data.
Quali sono, quindi, le applicazioni più interessanti dell’intelligenza artificiale e dei Big Data in psichiatria?
Alcune di esse saranno rivolte alla gestione e all’interpretazione delle informazioni cliniche:
- Automazione di studi clinici e meta-analisi
- Ricerca e studio di nuove molecole candidate ad essere nuovi farmaci
- Produzione autonoma di studi clinici retrospettivi
- Studio dei social network come fonte di dati anamnestici (“Web Scraping”) (2)
Inoltre, l’intelligenza artificiale e i grandi dati miglioreranno la capacità degli psichiatri di fare previsioni sui loro pazienti:
- Predire comportamenti pericolosi o autolesionistici
- Per valutare il rischio di suicidio, studiare gli inizi psicotici
- Analizzare le fluttuazioni dell’umore (2)
Infine, il nuovissimo campo di studio dei biomarcatori digitali e della fenotipizzazione digitale (“Digital Phenotyping”) deriva direttamente dall’uso dell’intelligenza artificiale e dei Big Data nello studio del comportamento e nella comunicazione umane al fine di estrapolare modelli che possano essere utilizzati per confermare la diagnosi o implementare previsioni di efficacia di vari interventi terapeutici digitali e psicofarmacologici (24).
Quest’applicazione della psichiatria digitale riveste un ruolo di particolare importanza per via del fatto che la psichiatria ha sempre sofferto di una mancanza di dati oggettivi e di misure oggettive dei fenomeni clinici, in un contesto di sostanziale assenza di esami ematochimici, genetici e strumentali significativi e dirimenti.
La possibilità di ottenere Digital Biomarkers in relazione alle varie psicopatologie presenta anche un profilo di sostenibilità economica particolarmente favorevole, in ragione delle tecnologie che potrebbero produrli.
Infatti gli smartphone, sorprendentemente, sembrano essere particolarmente adatti alla raccolta di dati utili alla fenotipizzazione digitale, data la loro grande diffusione e potenza di calcolo, ma anche in relazione al modo in cui gli utenti sono ingaggiati con questi dispositivi ed alla quantità di dati che possono essere raccolti dagli stessi (25).
Gli smartphone sono, in realtà, periferiche intime, sensibili e rappresentano vere e proprie “sonde psichiche”: i dati degli smartphone possono essere utilizzati, tra l’altro, per studiare le abitudini comportamentali, le interazioni sociali, la mobilità fisica, l’attività motoria, i modelli psicomotori, la produzione del linguaggio e l’analisi del linguaggio (25).
Passiamo, infine, alle Terapie Digitali, spesso abbreviate con l’acronimo “DTx” (26).
Le terapie digitali sono probabilmente una delle applicazioni più interessanti e rivoluzionarie della psichiatria digitale nel contesto clinico quotidiano.
Stiamo parlando di uno strumento software che potrà affiancare il medico e lo psicoterapeuta in una prospettiva di trattamento multimodale del paziente (27), con o senza farmaci.
Con il termine Terapia Digitale (“DTx”) si intende un software, sotto forma di app o web app, che mira a modificare il comportamento disfunzionale di un dato paziente attraverso la digitalizzazione, e la riduzione algoritmica, di interventi terapeutici derivati dalla terapia cognitivo-comportamentale (CBT), dal Colloquio Motivazionale, la Psicoeducazione e la modifica dei comportamenti e degli stili di vita dannosi (27).
Ciò che differenzia una Terapia Digitale da una semplice app di eHealth (ovvero quelle che si trovano sui vari Google Playstore o sull’Apple Store) è il fatto che la sua efficacia è studiata attraverso studi clinici randomizzati (“RCT”) allo stesso modo degli studi clinici attuati sui farmaci; inoltre un DTx non è liberamente scaricabile da un app store ma deve essere prescritto da un medico in associazione o meno con un farmaco (27).
Il Futuro della Psichiatria è la “Psichiatria Aumentata”
Il futuro non è prevedibile, lo sappiamo.
Nessuno, all’inizio del XX secolo, aveva previsto, per esempio, internet, il web e quasi nessuna delle trasformazioni digitali della nostra Società.
Ad esempio negli anni ’60 si immaginava un 2020 dominato da mezzi volanti personali per muoversi nel Mondo con rapidità, al contrario la realtà è che tutti noi stiamo affezionandoci al viaggiare senza muoverci tramite il web ed esperienze utenti immersive e virtuali, quali quelle che tutti abbiamo imparato ad utilizzare anche durante la pandemia COVID-19.
Quindi in queste ultime considerazioni mi limiterò a immaginare un futuro non molto lontano, diciamo che penserò a come potrebbe essere lavorare come psichiatra in un Dipartimento di Salute Mentale italiano alla fine di questi prossimi anni ’20 (2)(27); dico questo in ragione del fatto che, probabilmente, ci vorranno altri 5 o 6 anni di inerzia al cambiamento prima che tutte queste innovazioni digitali prendano piede nella pratica clinica quotidiana della psichiatria (2)(27).
A quel punto ciò che si può immaginare non sarà la sostituzione dello psichiatra, o di altri operatori della salute mentale, con una macchina, ma piuttosto possiamo pensare ad una stretta integrazione tra le nuove tecnologie e gli esseri umani (29).
Con il termine “Psichiatria Aumentata” si intende un intervento di diagnosi e terapia governato dall’essere umano, ma costruito a partire da molteplici fonti digitali di informazione e di analisi automatica della realtà clinica e delle migliori evidenze disponibili, che guideranno le scelte del medico e dell’equipe di lavoro (2)(27).
Immaginate questo scenario futuro: avete una cartella clinica che, mentre la compilate, suggerisce automaticamente i migliori articoli scientifici a sostegno o contro il vostro ragionamento clinico, può confermare la vostra ipotesi diagnostica utilizzando l’analisi del linguaggio e del comportamento del paziente, permette un pensiero medico cooperativo con colleghi sparsi per il pianeta e suggerisce la migliore terapia basata sull’evidenza.
Suona piuttosto bene, vero?
Allo stesso modo un medico potrà seguire in tempo reale i cambiamenti emotivi di un paziente attraverso l’analisi ritmica e prosodica della sua comunicazione e della sua mobilità, attraverso periferiche indossabili, ottenendo marcatori precoci di risposta ad una data terapia farmacologica.
Oppure essere avvisato all’inizio del turno di lavoro, attraverso un sistema di raccolta dati multicanale e “Smart” localizzato sul cloud, quali potrebbero essere, in quel dato giorno, i pazienti più a rischio di suicidio o di autolesionismo.
Come si può immaginare, le possibilità sono infinite e la loro utilità è legata alla preparazione specifica del sanitario in ambito tecnologico ed alla qualità degli strumenti che permetteranno all’operatore ed all’equipe di lavoro di sfruttare queste informazioni e questi suggerimenti digitali.
Conclusioni
Spero sia chiaro, a questo punto, quanto sia importante per noi psichiatri iniziare subito a guidare la trasformazione digitale delle neuroscienze piuttosto che subire, a breve termine, i suoi cambiamenti attuati, come già accaduto in passato, da altre figure professionali (ingegneri o tecnici) che detengono il primato del superspecialismo tecnologico (2)(27).
Un esempio paradigmatico di questa preoccupazione è, ancora una volta, l’esempio della cartella clinica elettronica (EHR): all’inizio nessuno ne ha parlato in ospedali e cliniche, in molti la ritenevano superflua o inutile e poi, all’improvviso, è arrivata e ci ritroviamo ad utilizzarla ogni giorno.
Parlando di questo presente, quanti di voi pensano che le nostre cartelle cliniche elettroniche, ormai ampiamente adottate in ogni ambito del Sistema Sanitario Nazionale, siano strumenti ottimizzati per la nostra pratica clinica? Chi di voi sa chi le ha progettate e secondo quali criteri? Soddisfano le necessità di una sanità in rete? Possiedono il potenziale di raccogliere dati a scopo di ricerca? Sono strumenti scalabili?
Probabilmente la risposta a tutte queste domande è “no”…..
Ebbene questo esempio è, a mio avviso, da tenere bene a mente: qualcosa di così importante e fondamentale come l’Electronic Health Record (EHR), in Italia come in molte altre parti del Mondo, possiede un valore prevalentemente amministrativo e non è stato progettato in modo collaborativo con gli operatori sanitari che lo utilizzano ogni giorno e, di fatto, non riflette le loro esigenze (2)(27).
Tutto questo per ribadire ancora una volta che le cose cambiano rapidamente in questo mondo dominato dal digitale e cambieranno con modalità disruptive anche in medicina nei prossimi anni ’20, ed i medici devono assolutamente collaborare alla loro progettazione.
“Governare il cambiamento piuttosto che subirlo” dovrà essere lo slogan che tutti gli operatori sanitari, medici, infermieri psicologi ed altri, dovranno tenere bene a mente.
Infine vale la pena ricordare anche che la diffusione trasversale delle tecnologie e del web permetterà anche un ulteriore cambiamento di paradigma nella sanità dove, sempre più, il paziente diventerà parte attiva e collaboratore del medico nello studio e nel miglioramento delle cure (il cosiddetto “paziente esperto”).
Sono molte le industrie del farmaco e le startup innovative in ambito sanitario che stanno utilizzando i pazienti esperti come acceleratori di conoscenza e portatori di una quota maggiore di etica nei loro progetti, sia che si tratti di farmaci tradizionali che di tecnologie per la medicina e la salute.
Quindi la parola chiave per il presente e per il futuro è “rete”, che significa macchine, intelligenze artificiali, medici e pazienti, che collaborano come una squadra con l’unico fine di migliorare il benessere dell’umanità.
È ormai evidente che negli attuali anni ’20 di questo primo secolo del nuovo millennio la psichiatria, e la medicina nel suo complesso, saranno rovesciate dal mondo digitale, offrendo a noi e ai nostri pazienti un enorme potenziale per la ricerca, la diagnosi e la cura, un vero e proprio salto di qualità.
La grande onda digitale sta arrivando velocemente anche in psichiatria e la domanda che pongo a me stesso e a tutti i miei colleghi è: vogliamo cavalcare quest’onda?
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