È realmente presente aggressività e violenza nei disturbi dell’umore? Con che frequenza e come si manifestano?
Ho già scritto un altro articolo riguardante la violenza e l’aggressività in psichiatria ma questo è specifico per i disturbi affettivi.
Nell’immaginario comune e anche tra i professionisti sanitari, i comportamenti aggressivi e violenti sono più spesso associati a disturbi psichiatrici come la schizofrenia, la psicosi, alle demenze, ai disturbi da uso di sostanze e ad alcuni disturbi di personalità come il borderline o l’antisociale.
È importante sottolineare come la relazione tra disturbi affettivi ed aggressività è stata considerata in letteratura in misura meno sistematica.
Aggressività e violenza nei disturbi dell’umore mostrano, rispetto a quelli presenti nelle psicosi, sicuramente minore frequenza e gravità, e risultano più frequentemente “vissuti” ed “immaginati” che agiti concretamente.
Certamente tutti i disturbi dello spettro affettivo mostrano, in qualche misura e con modalità spesso differenti, il rischio di portare il paziente a manifestare rabbia, aggressività, violenza o anche istanze omicide.
Inoltre i disturbi dell’umore in fase depressiva, più di ogni altra patologia psichiatrica, sono caratterizzati da comportamenti aggressivi auto-diretti, spesso fatali per il paziente che li mette in atto.
Aspetti Generali
L’identificazione di una dimensione aggressività-violenza contribuisce in misura rilevante alla distinzione dei molteplici quadri clinici dello spettro affettivo.
Ad esempio gli “stati misti” e la cosiddetta “depressione agitata” sono manifestazioni cliniche dello spettro dell’umore nettamente distinguibili rispetto ad altre anche per la più frequente presenza di aggressività-violenza.
Allo stesso modo la differenza all’interno del continuum maniacale tra “mania franca” e “mania psicotica” è anche giustificata dalla presenza in quest’ultima forma di comportamenti marcatamente aggressivi e spesso anche violenti.
Possono essere distinte, sia nei quadri depressivi che in quelli maniacali, delle manifestazioni con la manifestazione prevalente di ostilità, irritabilità e collera (i cosiddetti “Anger Attack“), di agitazione ed irrequietezza, comuni in diverse condizioni cliniche anche di tipo non affettivo.
Allo stesso modo vediamo anche il manifestarsi di impulsività ovvero dell’incapacità di valutare le conseguenze dei propri atti aggressivi o meno, in particolar modo nella mania.
In ambito clinico spesso il termine “aggressività” viene confuso, sostituito o reso intercambiabile con quello di “agitazione” e tra i criteri diagnostici della mania o dello stato misto non lo ritroviamo in alcun sistema diagnostico, DSM-5 incluso.
Invece in uno studio di molti anni fa di Alan F. Shatzberg veniva argomentato che risulta una chiara distinzione clinica e psicopatologica tra agitazione e aggressività nelle varie fasi affettive.
L’aggressività sembra essere una dimensione psicopatologica ben definita ed indipendente dei disturbi affettivi.
Epidemiologia dell’Aggressività nei Disturbi dell’Umore
Diversi studi clinici che utilizzano l’analisi fattoriale dei sintomi dei pazienti con disturbi dell’umore, hanno chiaramente documentato la presenza di un fattore Aggressività/Ostilità nei disturbi affettivi, depressivi in particolare; tale fattore sembra essere, però, presente in tutte le forme cliniche dei disturbi dell’umore e con maggior frequenza negli stati misti.
Altri dati provenienti dagli studi di Goodwin e Jamison degli anni ’90, utilizzando le medie pesate di 14 studi che riportano prevalenze percentuali dei diversi sintomi dei disturbi dell’umore, forniscono approssimative, ma comunque indicative, informazioni sulla prevalenza di diversi sintomi aggressivi e violenti.
Per quanto riguarda la mania il sintomo “irritabilità” è presente nell’87% e quello “comportamenti violenti” nel 49% dei pazienti.
Negli stati misti i sintomi irritabilità e iperattività raggiungono il 100%, l’ostilità il 79% ed i comportamenti suicidiari il 43%.
Significativo il dato che l’irritabilità sia riportata con una prevalenza molto elevata del 76% anche in pazienti depressi e con una percentuale simile a quella evidenziata per il sintomo ideazione suicidiaria (82%).
La letteratura successiva alla review di Goodwin del 1990 conferma la diretta correlazione tra prevalenza di comportamenti aggressivi e violenti e alcune forme cliniche (psicotica, mista).
In un raffronto tra le polarità dei disturbi dell’umore, i pazienti manifestano sicuramente una maggiore aggressività in fase maniacale rispetto alla fase depressiva.
Inoltre, secondo uno studio condotto negli USA su pazienti ricoverati in strutture private, che presumibilmente escludono pazienti particolarmente gravi e non consenzienti al ricovero, non sono riportate differenze di prevalenze di sintomi di aggressività e violenza tra pazienti bipolari in fase maniacale e schizofrenici.
Infine, nelle prime 24 ore di ricovero, secondo Binder e Mc Niel, i comportamenti aggressivi nella mania risulterebbero d’intensità anche superiore a quelli nella schizofrenia.
La polarità depressiva dei disturbi dello spettro dell’umore è caratterìzzata da una minore espressione di aggressività eterodiretta ed è meno netta la correlazione tra aggressività e gravità del quadro clinico, come nella mania.
Conclusioni
I comportamenti aggressivi-violenti, contrariamente a quanto generalmente ritenuto, hanno una notevole rilevanza clinica nei disturbi dell’umore.
Essi raccolgono una serie di sintomi di differente gravità che spaziano dall’irritabilità/ostilità fino alla violenza agita su se stessi o su altri; una particolare connotazione clinica sembra avere l’impulsività che condiziona i comportamenti più gravi sia nella mania che nella depressione.
L’impulsività nei disturbi dell’umore ha delle caratteristiche specifiche e non sembra essere hi una correlazione lineare con i comportamenti auto-aggressivi dal momento che l’atto suicidiario nelle forme cliniche più gravi (disturbo bipolare e depressione melanconica) è di solito più elaborato, organizzato e determinato rispetto ai quadri depressivi meno gravi.
Le strategie terapeutiche da porre in essere per il trattamento dell’aggressività-violenza sono molteplici e differenziate in rapporto alla gravità dei sintomi, alla fase del disturbo ed alla direzionalità del comportamento aggressivo.
Il confine tra aggressività auto- ed eterodiretta è talvolta sottile e ciò può spiegare gravi ma rare manifestazioni bidirezionali (omicidio-suicidio .
Anche se mancano studi ed indicazioni precise per il trattamento dell’aggressività eterodiretta in fase maniacale, si può ritenere, per siinilitudine con quanto è largamente documentato per il trattamento di altre gravi patologie psichiatriche, che i f armaci antipsicotici possono risultare efficaci sul comportamento aggressivo e sulla violenza.
La prima scelta deve essere quella degli antipsicotici soprattutto in fase acuta. Contrariamente alla diffusa ed ubiquitaria tendenza di’ utilizzare gli stabilizzatori dell’umore, le evidenze specifiche per un loro impiego nel trattamento dell’aggressività sono limitate e non conclusive.
U trattamento farmacologico dell’aggressività-violenza autodiretta, non essendo mai stata documentata un’efficacia diretta antismcidiaria di nessuna classe di f armaci, è indirizzato verso im uso largamente prevalente degli stabilizzatori dell’umore, sali di litio come prima scelta, per un’azione sulla patologia dell’umore nella sua globalità e solo indirettamente sull’aggressività.
Da considerare con grande attenzione, in ragione deUe drammatiche conseguenze della loro mancata istituzione, tutte quelle strategie operative diagnostiche, di controllo e di contenimento di tutti i comportamenti aggressivi, indipendentemente dalla loro direzionalità.
Depressione e mania sembrano essere caratterizzate da una comune e diffusa dimensione aggressiva e solo la differente prevalenza di una delle direzionalità (auto- od eterodiretta) sembra essere un elemento di distinzione.
Rivisitando le storie cliniche dei pazienti con disturbi dell’umore ed analizzando le drammatiche sequenze di eventi, fasi, ricadute e ricorrenze che le caratterizzano, si è colpiti dalla presenza ubiquitaria e pervasiva di forze distruttive che il paziente sembra rivolgere in ogni direzione.
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Buonasera la seguo da tempo. e la ringrazio per le informazioni che dà.Vorrei sapere se un bipolare deve prendere per tutta la vita antipsicotici in particolare abilify e stabilizzatori dell’umore oppure come per gli ansiolitici e gli antidepressivi si possono sospendere dopo una stabilizzazione .La ringrazio