La nostra memoria è in se sopravvalutata, e le sue performance effettive sono di basso livello se paragonate alla qualità sensoriale a cui siamo abituati (vista, udito, tatto).
Prendiamo, ad esempio, la nostra memoria visiva: se richiamate alla mente l’immagine della vostra automobile e ne valutate la qualità, vi renderete conto che è molto bassa. Ho riportato nella foto di questo post quella che è, più o meno, l’immagine che riesco a richiamare io ed il risultato non è neppure lontanamente paragonabile alla visione in “tempo reale”.
Le restanti “memorie”, sensoriali, concettuali, non sono qualitativamente diverse dato che la nostra funzione mnesica si configura come un percorso dinamico di ricostruzione e connessione di rappresentazioni, piuttosto che come un semplice “immagazzinamento” di dati in uno spazio mentale statico. La fedeltà al modello originale non è necessaria, anzi sarebbe un elemento limitante ad un uso creativo delle tracce mnesiche.
D’altra parte l’uomo sembra necessitare di riproduzioni fedeli di ciò che è destinato a perdere, infatti siamo circondati di memoria, la produciamo, e, di ritorno, la subiamo in tutti gli aspetti della nostra esistenza (musei, storia, fotografie, filmati, audio, monumenti).
In ultima analisi non accettiamo l’evidenza che la nostra memoria non serve a ricordare ma a rielaborare.
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Mi chiamo Valerio Rosso e sono un medico, psichiatra e psicoterapeuta ad orientamento psicoanalitico. Da anni divulgo i principali temi della Salute Mentale, delle Neuroscienze e della Medicina Digitale come blogger e come YouTuber. Alcune persone mi conoscono anche come musicista (cercatemi su Spotify, iTunes e YouTube Music).
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