Avete mai sentito questa espressione: “Sindrome Cinese“? Se non siete nati intorno agli anni ’70 è probabile di no…
L’espressione “Sindrome Cinese” fa riferimento ad una teoria, mai verificata nella pratica, la quale presuppone che in caso di un incidente ad una centrale elettrica nucleare, durante il quale avvenga la fusione del nocciolo del reattore, niente riuscirebbe a fermarlo, fonderebbe fino alla base della centrale e oltre, perforando la crosta terrestre, scendendo «in teoria fino alla Cina».
Nel 1979 a Three Mile Island negli Usa, la fusione totale del nocciolo venne evitata all’ultimo momento (si fuse soltanto il 25 per cento). A Cernobyl, nel 1986, non si arrivò mai alla fusione del nocciolo, ma ci fu un’esplosione da cui fuoriuscì una parte del combustibile radioattivo.
E cosa accadde a Fukushima? Le gabbie di contenimento dei reattori della centrale nucleare giapponese pare che resistettero al terremoto. Al contrario, nel caso il nucleo dovesse fondersi, i reattori diventerebbero delle scatole piene di una massa informe di metallo fortemente radioattivo, inavvicinabile e intrattabile. Il rischio più grave, in una ipotetica ma più probabile realtà, fu che questa massa iniziasse a discendere nel terreno incontrando, inevitabilmente, dell’acqua (la centrale di Fukushima era vicinissima al mare, e, in ogni caso, delle falde acquifere sono ovunque…) generando un’esplosione che avrebbe proiettato nell’atmosfera gas e materiali altamente radioattivi.
Nessun autentico rischio di “Sindrome Cinese” quindi, ma un terribile disastro in ogni caso…
Lo scenario speculativo della Sindrome Cinese ispirò nel 1979 un famoso film dell’epoca chiamato appunto “La Sindrome Cinese” (The China Syndrome) di James Bridges, con Jane Fonda, Jack Lemmon, Micheal Douglas, Scott Brady e Wilfrod Brimley. Meno di due settimane dopo la prima proiezione, il 28 marzo 1979, alle 4 del mattino circa, presso la centrale nucleare di Three Mile Island, vicino a Middletown, Contea di Dauphin, Pennsylvania, ebbe inizio l’incidente del reattore numero 2: fusione parziale del nocciolo. Un film tutto sommato mediocre divenne un successo di pubblico.
Ma lo scenario della sindrome cinese, rappresenta una reale possibilità o è solamente un’eventualità fantascientifica di tipo paranoicale?
Ok, diciamo che in qualche maniera sia possibile che il nocciolo di un reattore possa raggiunga, in una ipotetica situazione di emergenza, temperature cosí elevate da liquefare i metri di cemento armato che lo separano dal sottosuolo ed inizia a sprofondare. Una volta raggiunto il mantello al di sotto della crosta terrestre, le altrettanto elevatissime temperature (intorno ai 3000 °C) disintegrerebbero il nocciolo radioattivo dissolvendolo con la materia fusa già presente e la radioattività del nocciolo del reattore si mescolerebbe a quella già presente ben prima che venga raggiunto il nucleo terrestre, figuriamoci quindi riuscire a superarlo anche alla luce del fatto che la forza di gravità tende ad attrarre le cose verso il centro della Terra per interrompersi li.
Quindi l’eventualità della sindrome cinese è solo un esercizio di fantasia derivante da istanze paranoiche connesse alle prime ore dell’esperienza nucleare, tipiche degli anni ’70; questa potrebbe essere considerata anche una delle prime fake news basate sugli aspetti più emotivi dell’epoca ovvero i timori di distruzione connessi all’energia nucleare, ai conflitti nucleari ed alla guerra fredda. Non stupisce l’utilizzo fatto a posteriori dai media negli Stati Uniti, a quel tempo, di questa visione paranoica del nucleare, in linea con il mantenimento del controllo sociale basato sulla paura.
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