L’Eccesso di Opzioni: una malattia del ‘900
Nella nostra Società è ormai divenuto un problema il cosidetto “Eccesso di Opzioni”, e tutti noi ci chiediamo: Più possibilità di scelta significa sempre poter essere più felici?
Mi è venuto in mente uno studio che avevo letto diversi anni fa, all’inizio degli anni 2000, che riguardava un curioso esperimento realizzato dai ricercatori del Dipartimento di Scienze del Comportamento(il famoso “Behavioral research lab“) della Columbia University, NY. Queste persone allestirono un banchetto che proponeva la degustazione di marmellate, in sei diversi gusti, con sei diverse confezioni. Verificarono che il 40% degli acquirenti si fermava ad assaggiarle, e di questi il 30% ne acquistava almeno un vasetto.
Dopo una settimana ripeterono l’esperimento proponendo 24 gusti diversi con altrettanti packaging diversi. L’ampia scelta attirava ben il 60% delle persone che passavano davanti a questo banchetto ma soltanto il 3% di chi aveva assaggiato dal più ricco ventaglio di proposte finiva poi per concludere un acquisto.
Questo studio ha dato vita al noto concetto ben descritto dallo psicologo americano Barry Schwartz nel suo libro “The Paradox of Choice“. Il paradosso della scelta è, in sintesi, il seguente: siamo attirati dall’abbondanza, senza capire che l’eccesso di opzioni di fatto non ci appartiene, ovvero è una condizione antropologicamente non “naturale”, per cui il nostro cervello è mandato in tilt e prende decisioni con più difficoltà. Il test delle marmellate è stato ripetuto molte volte, con modalità differenti ed altri tipi di prodotti.
Ad esempio la multinazionale Procter & Gamble dopo aver ridotto la varietà di shampoo di uno dei suoi brand da 26 a 15 ha potuto valutare un incremento netto delle vendite del 10%. In sintesi potremmo dire che l’eccesso di opzioni, anzichè renderci liberi ci tirannizza, ed il livello di soddisfazione che segue la decisione crolla, rendendoci dubbiosi ed insicuri, perchè più sono gli elementi che abbiamo dovuto scartare, maggiore è il dubbio che l’opzione migliore possa nascondersi tra di loro.
Questo perchè, in ogni ambito della nostra vita ed in maniera spesso inconsapevole, la modalità principale con cui attribuiamo valore alle cose è il confronto. Dal carrello della spesa alle scelte esistenziali il passo è davvero breve. Quello attuale è un un mondo in cui la libertà di movimento “fisico” tra città e paesi, il poter entrare in contatto che “mondi” e realtà diverse e lontane, poter essere “virtualmente” ovunque, ci mette in condizione di allargare a dismisura le scelte lavorative, le persone con cui poter avere una relazione, le passioni da coltivare, i luoghi in cui “fare casa”.
Questa situazione, a mio avviso, ci stà ponendo il problema di rimanere per troppo tempo nel “limbo delle opzioni”, senza di fatto scegliere. Inoltre può favorire un atteggiamento della vita adolescenziale in cui, intimamente, sappiamo che il permanere in questo limbo rimanda in avanti costantemente la responsabilità di definire una strada precisa da percorrere.
Ecco perchè i movimenti culturali ed i “concepts” che si ispirano alla filosofia del “less is more” ci attirano sempre.
Less is More?
Paradigmatico è la vicenda della Apple: negli anni ’90, all’apice della proposta commerciale variegata ed atomizzata di computers con miliardi di varianti e modelli e brands, ha quasi rischiato di chiudere per poi rinascere nei primi anni del 2000 quando ci si è reso conto che le “macchine” in generale ci erano utili per un numero ben preciso di cose “semplici”.
Ripartire da esigenze “di base”, seppur ricontestualizzate nel periodo attuale, è un messaggio molto forte che riusciamo a sentire nonostante lo strascico della recente precedente era che invece ci suggeriva che poter avere 1.000.000 di scelte ci avrebbe reso liberi, mentre i poveracci avrebbero dovuto attingere da 3 o 4 possibilità, sia che si trattasse di amici, automobili, fidanzate, telefoni o yoghurt.
Estremizzando, e con un certo gusto per il paradosso, il sopracitato psicologo Barry Schwartz afferma che “Il segreto della felicità è avere basse aspettative“, e non mi pare che ciò significhi doversi accontentare, bensì partire dal fatto che la libertà di scelta a cui associamo la nostra ricerca della felicità, potrebbe non essere la soluzione ideale ma una trappola esistenziale.
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