Quella che molti chiamano “flora batterica intestinale” in realtà si dovrebbe definire come “Microbiota umano” (il Microbioma è la somma dei DNA dei l’ospite e della flora residente).
La Psicobiotica sarà la discipliba che studierà il rapporto tra Intestino e Cervello.
Infatti molta gente non sa che l’insieme dei microorganismi che dimorano nel tubo digerente umano, in prevalenza nel tratto intestinale ma anche nel sistema gastrico, nell’esofago e nella bocca, rappresentano un fantastico, e per molti versi ancora misterioso, esempio di cooperazione tra differenti tipologie di organismi che apporta un vantaggio ad ognuna di esse.
L’uomo è quindi una specie di “super-organismo“, la cui somma dei vari DNA è il Microbioma, il risultato della combinazione, sia simbiotica, sia commensale, del suo patrimonio genetico e del suo Microbiota, l’insieme dei microorganismi (trilioni di microrganismi localizzati nell’intestino, dal peso di quasi 1,5 kg) localizzati nel tubo digerente e un tempo conosciuti come flora intestinale. I microorganismi che costituiscono il microbiota intestinale svolgono un ruolo fondamentale nella salute umana, particolarmente in età pediatrica, e agiscono come barriera contro i patogeni, ricoprendo un ruolo fondamentale nello sviluppo del sistema immunitario.
Quando l’equilibrio da loro garantito viene perturbato, si innescano molte malattie, compresa l’obesità, gli stati allergici, le malattie infiammatorie intestinali, le alterazioni metaboliche ed alcuni squilibri psichici.
Per meglio spiegare la complessità di funzioni che il microbiota umano possiede bisogna incominciare a spiegare qualche cosa di più dell’ambiente nel quale questo microbiota in prevalenza si sviluppa e dimora, ovvero l’intestino: se si vanno a spianare le varie pieghe, i villi, i microvilli e le cripte che compongono il nostro tratto digerente, la superficie della mucosa intestinale equivale a circa 200 metri quadrati ed in questa enorme superficie dimorano circa 400 specie batteriche (ma forse sono molte di più…), sia anaerobiche (bifidobatteri), localizzate principalmente nel colon, che aerobiche (lattobacilli), concentrate in modo particolare nel tenue.
Quindi il termine flora intestinale non è corretto in quanto si tratta prevalentemente di batteri mentre il termine flora evoca piuttosto il regno vegetale nel quale, nei tempi passati, erano classificati i batteri.
L’intestino umano ospita quindi un enorme quantità di microrganismi, approssimativamente 100 trillioni di batteri, superiori in numero alle cellule di tutto il corpo umano di circa 10 volte, e questi batteri appartengono a più di 1000 specie, il 90% dei quali appartengono ai Firmicutes e i Bacteroidetes.
Ogni persona ha una composizione distinta e altamente variabile di microrganismi intestinali, una sorta di impronta microbica personale, anche se i ricercatori dell’INRA hanno messo in evidenza l’esistenza di un piccolo numero di specie condivise da tutti che costituirebbero il nucleo filogenetico del microbiota intestinale umano. Oltre alle varie colonie batteriche, nel nostro intestino sono presenti miceti, clostridi e virus, che in condizioni di equilibrio non esercitano alcun effetto patogeno ma, anzi, competono con specie più virulente.
Durante la gravidanza l’intestino del feto è perfettamente sterile, ma subito dopo la nascita viene colonizzato da miliardi di batteri. Questi microrganismi si insediano a livello intestinale, entrando dall’esterno attraverso la bocca e l’ano. I primi mesi di vita sono molto importanti per costruire una popolazione batterica florida ed equilibrata.
Il latte materno, infatti, favorisce la proliferazione dei bifidobatteri, un ceppo particolarmente benefico per la salute umana. I tratti digerenti di neonati partoriti con cesareo vengono colonizzati inizialmente da batteri presenti nell’ambiente, non venendo in contatto con quelli della madre, e similmente i neonati non allattati naturalmente saranno maggiormente colonizzati da batteri ambientali piuttosto che di derivazione umana.
La differenza principale tra questi iter è che la stabilizzazione (100 miliardi di batteri per grammo di feci) del microbiota dei neonati naturali avviene dopo un mese e viene composto maggiormente da Bifidobacteria, mentre nelle altre circostanze non si stabilizza per almeno 6 mesi e viene composto prevalentemente da Enterobacteriaceae ed Enterococci.
Esistono profili di microbiota, supportati da modelli matematici, che ci permettono di descrivere quali e quanti sono i batteri “buoni”, quelli “cattivi” e come si distribuiscono le loro abbondanze. Se i loro “pesi”, cioè le rispettive prevalenze, si bilanciano, il microbiota è in una condizione di equilibrio che si chiama “simbiosi”; se il peso si sbilancia verso i cattivi, allora si instaura una situazione di disequilibrio che si chiama” disbiosi”.
Simbiosi e disbiosi sono generalmente associati ad un organismo sano oppure ad un organismo malato, rispettivamente. Dall’interazione tra microbiota, cibo, caratteristiche genetiche dell’ospite si origina il quadro del bioreattore intestino che è la “porta” di ogni individuo verso l’ambiente esterno ora definito “esposoma”.
E’ stato documentato che le persone che soffrono di alcune malattie (ad esempio malattia infiammatoria intestinale, malattia dell’intestino irritabile, allergia) hanno un microbiota differente da quello delle persone sane, sebbene in molti casi sia impossibile dire se il microbiota alterato sia una causa o una conseguenza della malattia. I modelli di un microbiota intestinale associati alla salute sono, comunque, più difficili da definire.
La composizione del microbiota intestinale è altamente variabile anche tra i soggetti sani. I ricercatori hanno scoperto che anche se la composizione varia tra gli individui, composizioni differenti possono avere funzioni simili (ad esempio come i microrganismi degradano certi composti nella dieta o come influenzano il sistema immunitario del corpo).
E’ stato inoltre suggerito che la funzione del microbiota intestinale, piuttosto che la composizione, sia più importante per la salute. I microrganismi presenti nell’intestino giocano un ruolo cruciale per una digestione sana, ma influenzano anche il sistema immunitario. I tessuti immunitari nel tratto gastroenterico costituiscono la frazione più ampia e complessa del sistema immunitario umano.
La mucosa intestinale è una superficie ampia che riveste l’intestino ed è esposta ad antigeni ambientali patogeni (che causano malattia) e non patogeni (sostanze che stimolano il sistema immunitario a produrre anticorpi). Nel lume intestinale, i microrganismi hanno un ruolo fondamentale nello sviluppo di un sistema immunitario forte e bilanciato. Le alterazioni nel microbiota intestinale di un individuo, che possono avvenire ad esempio quando si prendono certi antibiotici, possono aumentare il rischio di infezioni da patogeni opportunisti come il Clostridium difficile.
Di recente, i ricercatori hanno stabilito un legame tra il microbiota intestinale e il peso corporeo. Sebbene molta della ricerca sia ancora agli inizi, gli studi hanno rivelato che le persone obese tendono ad avere una composizione diversa dei batteri intestinali paragonati ad individui magri. Se la composizione alterata del microbiota sia una causa o una conseguenza dell’obesità è al momento sconosciuto. Gli studi mostrano che la composizione del microbiota intestinale si modifica con la perdita di peso e/o con l’aumento di peso; tuttavia, il significato di tali cambiamenti per la salute umana è ancora dibattuto.
Alcuni ricercatori hanno suggerito che il microbiota delle persone obese possa aiutare il corpo ad aumentare la quantità di energia che viene ricavata dall’alimento, suggerendo che certe strutture del microbiota intestinale possono aumentare la probabilità di diventare obesi.
Tuttavia, questa teoria è ancora dibattuta e sono necessari molti studi per scoprire se questa ipotesi sia vera. Molte prove sull’associazione tra la flora intestinale e il rischio di obesità derivano finora da studi animali. I dati dagli studi animali indicano che un ‘microbiota obeso’ (cioè certe composizioni del microbiota ritrovate negli obesi) può portare ad un aumento dell’obesità e a cambiamenti metabolici sfavorevoli quando viene trasferito a topi sterili magri.
Sebbene i modelli animali forniscano prospettive interessanti, non si possono trarre conclusioni dirette su tali associazioni negli umani. Questa area di ricerca è abbastanza nuova e sono necessari ulteriori studi, in particolare nell’uomo, per capire come e fino a che punto la composizione dei microrganismi nell’intestino influenza varie funzioni metaboliche nel corpo.
Quali sono i rapporti che intercorrono tra il microbiota, ovvero il sistema biologico che dimora nel nostro intestino, e la nostra mente?
Ci si potrebbe chiedere che cosa abbia a che fare la salute del nostro intestino, e di quei 37-100 miliardi di batteri che dimorano nelle nostre viscere, con il cervello e con le malattie psichiatriche. La risposta è che ricerche emergenti stanno dimostrando che esiste un legame profondo tra l’intestino e il cervello. Classicamente si pensa che lo stile di vita influisca sul nostro cervello attraverso l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA).
Lo stress cronico, e le alterazioni dell’asse HPA che ne conseguono, insieme ad una vulnerabilità genetica sottostante provocano senz’altro sintomi psichiatrici; sappiamo anche che questi sintomi sono associati con l’elevazione di alcune citochine infiammatorie nel siero.
Che cosa ha a che fare tutto ciò con il nostro intestino? Beh, a quanto pare, molto. Il microbiota intestinale è un componente chiave del nostro sistema immunitario e media numerosi segnali che corrono lungo il nostro asse HPA. Il microbiota ha tre diversi modi di comunicare con il cervello: neuroormonale, tramite il sistema immunitario, ma anche attraverso meccanismi più diretti.
E’ stato scoperto che alcuni dei microrganismi presenti nel nostro intestino rilasciano veri e propri neurotrasmettitori che conducono segnali al cervello attraverso il nervo vago. [1-3] Gli studi sugli animali hanno dimostrato che è possibile modificare il comportamento di un animale da esperimento semplicemente modificando alcune qualità del suo microbiota. Ci sono molti modi per farlo, sia in senso positivo che negativo, usando probiotici, antibiotici, prebiotici (fibre che alimentano il microbiota come lo psyllium), e trapianti fecali.
La Psiconutrizione, e la Psicobiotica in particolare, sono discipline in via di sviluppo e gli studi sugli effetti dei Probiotici (in questo caso si chiameranno Psicobiotici) sulla psiche dell’Uomo sono un’area di particolare interesse
In studi sull’uomo, i probiotici hanno dimostrato di ridurre il pensiero negativo in soggetti umani sani [4] e ridurre l’ansia nei soggetti sottoposti a terapie oncologiche. [5] Un studio dal campione limitato ma molto interessante ha dimostrato che la somministrazione di probiotici ai bambini ha ridotto significativamente lo sviluppo di autismo e ADHD negli anni seguenti. [6] In questo momento alcuni ricercatori stanno lavorando su ceppi di cosiddetti “Psicobiotici” che si potrebbero utilizzare come parte del nostro armamentario psicofarmacologico in futuro per combattere la malattia mentale. Ma allo stato attuale cosa è possibile concretamente agire in senso terapeutico in quest’ambito così innovativo?
Sappiamo che la scarsa qualità del sonno, la cattiva alimentazione, lo stress cronico, e troppo alcool influenzano negativamente il nostro Microbiota. Per cui ponendo attenzione a questi fattori si valuta che si potrebbe avere una trasformazione rilevante del Microbiota intestinale entro poche settimane con risultati rilevabili.
Si ritiene che una alimentazione con cibi “tradizionali”, integrali e poco trasformati, in aggiunta a prebiotici e probiotici potrebbe fornire “armi psichiche” che renderebbero molto più resistenti allo stress e allo sviluppo di alcuni sintomi psicologici. Evitando quindi cibi elaborati e rafforzando le buone abitudini relative al sonno si può fare molto per la nostra psiche anche secondo raccomandazioni assolutamente evidence-based.
Un’altra area di interesse è quella relativa ai potenziali legami che potrebbero esistere tra alterazioni del Microbiota e deviazioni del comportamento sociale. Sta emergendo che l’assenza di un ceppo batterico all’interno del tubo digerente viene correlato, nell’animale da esperimento, ad alterazioni del comportamento in senso disfunzionale (negli animali comparivano segni classici di sociopatia): reintegrando il microorganismo mancante mediante l’alimentazione si sarebbe osservato un ripristino del comportamento adeguato.
Questi dati provengono dalla rivista Cell, dove in un interessante articolo si legge che i roditori da esperimento sono stati sottoposti ad alterazioni alimentari, con relativa alterazione del Microbiota rispetto agli animali nati da madri alimentate con cibi sani. Si è potuto valutare che il Lactobacillus reuteri, il ceppo microbico assente nei roditori “sociopatici”, rilascerebbe ossitocina, un ormone fondamentale nello sviluppo delle abilità sociali.
E’ da sottolineare come recenti studi riportino evidenze a favore di una certa influenza del Microbiota su molte altre funzioni psichiche. In particolare alcune forme d’ansia generalizzata, la cosiddetta sindrome da stanchezza cronica ed alterazioni dell’umore potrebbero essere direttamente correlabili a dismicrobismi intestinali. Alcuni importanti neurotrasmettitori infatti, vale a dire quelle molecole che sono indispensabili al cervello per il suo funzionamento, sono sintetizzati a partire da amminoacidi essenziali derivabili dalla dieta.
Un’alterazione della flora intestinale, la cosiddetta “disbiosi intestinale”, li distrugge prima dell’assorbimento riducendo così la possibilità di essere captati nel cervello e quindi di essere trasformarti in neurotrasmettitori. In questo modo il malfunzionamento intestinale può portare a stati di ansia o depressione, a seconda delle diverse vulnerabilità individuali. Una dieta corretta è quindi fondamentale per mantenere il cervello in condizioni di buone capacità riparative e per evitare che emergano sintomi di questo tipo, in particolare si consiglia di evitare le carni rosse e gli zuccheri e favorire frutta, verdura e grassi buoni come l’olio extra-vergine di oliva.
Inoltre è stato anche studiato un possibile legame fra le infiammazioni croniche dell’intestino e malattie come l’autismo, o la schizofrenia, o problemi di autoimmunità. Per esempio, se un’infiammazione della parete intestinale viene provocata da alcuni alimenti (come il glutine) o da sostanze tossiche, viene modificata l’impermeabilità della parete intestinale e si creano delle fessure attraverso le quali i batteri intestinali, insieme ad altre sostanze presenti nell’intestino, possono finire nel sangue e attivare il sistema immunitario, fino ad arrivare a zone distanti del corpo, come il cervello, scatenando problemi infiammatori.
Anche se queste conoscenze risalgono a tempi ormai remoti – già Ippocrate l’aveva intuito nel 460 a.C. e più di duemila anni fa la medicina cinese ne teneva conto con la cura di patologie- ci vorranno ancora molti anni prima di far sì che le malattie psichiatriche vengano ricondotte a problemi intestinali e quindi curate con farmaci per l’intestino i con diete particolari.
Che cosa fare per migliorare la qualità del nostro microbiota? Eccovi alcuni suggerimenti:
- Ascoltare i consigli che provengono dalla Psiconutrizione: utilizzare i cosiddetti cibi funzionali, ovvero prebiotici (fibre come crusca o, meglio, lo psyllium) e probiotici (i cosiddetti fermenti lattici, scegliendo quelli con un maggior numero di batteri “vivi”). Un prebiotico è un alimento non digeribile che ha effetti benefici sulla salute stimolando selettivamente la crescita o l’attività di uno specifico (o di un numero ristretto) gruppo di batteri del colon. Vengono definiti probiotici (termine che significa: in favore della vita), tutti i ceppi di microrganismi che ingeriti migliorano il bilancio (eubiosi) del microbiota umano, danno benefici e contribuiscono al benessere dell’organismo. I probiotici sono dei microrganismi come batteri o funghi non patogeni e non tossici che contribuiscono all’equilibrio del microbiota umano. L’OMS ha proposto una definizione molto precisa di probiotico: “un probiotico è un microorganismo vivente che, ingerito in quantità sufficiente, produce effetti benefici sulla salute di colui che li assume”.
- Assumere più porzioni al giorno di frutta e cereali
- Valutare adeguate assunzioni di Vit. C , E , beta-carotene
- Assumere Olio di oliva extravergine
- Utilizzare alimenti ricchi in polifenoli (the, caffè, melograno, etc)
Diciamo quindi che in presenza di disbiosi, il trattamento di prima scelta prevede la somministrazione al paziente di probiotici e prebiotici. Affinché si possa parlare di probiotici, e non di semplici fermenti lattici, questi microrganismi devono essere vivi e biochimicamente attivi; resistere all’azione dell’acido gastrico e della bile; aderire all’epitelio intestinale; produrre sostanze antimicrobiche contro i patogeni; conservare la loro vitalità all’interno del tubo digerente.
Molti dei fermenti lattici contenuti nello yogurt non possiedono tali caratteristiche e non sono pertanto in grado di influenzare positivamente la flora batterica intestinale. Il secondo provvedimento consiste nell’assunzione di prebiotici, cioè di sostanze che arrivano indigerite nel colon, dove sono fermentate dalla flora batterica locale. I metaboliti che si vengono a formare forniscono così elementi nutritivi utili per la crescita delle specie batteriche benefiche. I prebiotici sono contenuti, anche se in concentrazione limitata, in vari alimenti come cicoria, carciofo, porri, asparagi, aglio, soia e avena.
Nelle preparazioni farmaceutiche contenenti tali sostanze, vengono invece aggiunti soprattutto i FOS (frutto-oligosaccaridi) e l’inulina, un polimero del fruttosio. Infine, per migliorare la vitalità della nostra flora batterica intestinale, è fondamentale evitare il più possibile ogni fonte di stress e adottare un corretto stile di vita, supportato da un’alimentazione equilibrata.
Un ultimo dato relativo ai pazienti affetti dalla sindrome dell’intestino irritabile: vi è ora un grande corpo di prove che dimostrano che i probiotici possono aiutare non solo il loro intestino irritabile, ma forse anche la loro ansia ed i sintomi depressivi di frequente associati. Quasi ogni mese, nuove ed interessanti studi vengono pubblicati circa le correlazioni tra il Microbiota intestinale e la salute mentale. Se si desidera immergersi più in profondità nell’argomento, consigliamo la lettura dei riferimenti bibliografici riportati nel testo.
Per chi desidera approfondire le attuali conoscenze sui rapporti tra microbioma, “secondo cervello” enterico ed i disturbi psichiatrici come ansia, depressione, schizofrenia ed autismo, consiglio di leggere “Psicobiotica: un nuovo modo di intendere il rapporto tra la mente ed il corpo“. Acquistatelo al miglior prezzo su Amazon.it:
Riferimenti Bibliografici:
- Wang Y, Kasper LH. The role of microbiome in central nervous system disorders. Brain Behav Immun. 2014 May;38:1-12.
- Raison CL, Lowry CA, Rook GA. Inflammation, sanitation, and consternation: loss of contact with coevolved, tolerogenic microorganisms and the pathophysiology and treatment of major depression. Arch Gen Psychiatry. 2010;67:1211-1224. Abstract
- Berk M, Williams LJ, Jacka FN, et al. So depression is an inflammatory disease, but where does the inflammation come from? BMC Medicine. 2013;11:200.
- Steenbergen L, Sellaro R, van Hemert S, Bosch JA, Colzato LS. A randomized controlled trial to test the effect of multispecies probiotics on cognitive reactivity to sad mood. Brain Behav Immun. 2015;48:258-264. Abstract
- Yang H, Zhao X, Tang S, et al. Probiotics reduce psychological stress in patients before laryngeal cancer surgery. Asia Pac J Clin Oncol. 2014 Feb 20. [Epub ahead of print]
- Pärtty A, Kalliomäki M, Wacklin P, Salminen S, Isolauri E. A possible link between early probiotic intervention and the risk of neuropsychiatric disorders later in childhood: a randomized trial. Pediatr Res. 2015;77:823-828. Abstract
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Veramente molto interessante, complimenti! Io sono affetta da fibromialgia primaria e sto tentando di convincere i medici che mi seguono che è meglio avere un atteggiamento più aperto nei confronti di questa patologia, considerata ancora misteriosa…continuerò sicuramente a seguirla, per ora grazie dell illuminazione!
Grazie davvero di leggere il mio blog! Il microbioma umano stà diventando un argomento di studio tra i più affascinanti e fecondi della medicina. A presto!
ottimo