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Valerio Rosso

Psichiatria, Salute Mentale e Neuroscienze

Il Neurodiritto, ovvero è sensato applicare le scoperte neuroscientifiche in Tribunale?

06/04/2016 da Valerio Rosso 3 commenti

Ecco un nuovo interessante neologismo, Neurodiritto.

Se è senz’altro vero che le neuroscienze stanno mettendo in subbuglio molti ambiti culturali credo che il neurodiritto possa essere da intendere ancora, abbondantemente, come un work in progress. Molto interessante al riguardo è cercare su wikipedia italiana la voce “neurodiritto”.

Detto ciò, ha smosso discretamente l’interesse pubblico il memorandum dal titolo “Le capacità giuridiche alla luce delle neuroscienze” nel quale un gruppo di esperti tra giuristi, neuroscienziati, psicologi avrebbero accettato la sfida della prova neuroscientifica in ambito processuale penale, ai fini dell’attribuzione di responsabilità, ovvero quella di: a) identificare i circuiti cerebrali necessari alla formazione della consapevolezza e delle intenzioni; b) dimostrare se e in che misura i circuiti cerebrali dell’imputato fossero difettosi al momento di pianificare l’azione e di controllare un impulso; c) valutare quanto l’eventuale deficit possa aver influito sul compimento dell’azione illecita. Tra i firmatari e i promotori ci sono l’avvocato Guglielmo Gulotta, docente di psicologia giuridica all’Università di Torino, e lo psichiatra Pietro Pietrini, ordinario di biochimica clinica e biologia molecolare e Direttore presso la Scuola IMT Alti Studi di Lucca. In effetti la cronaca nera di questi ultimi mesi ci tiene occupati con processi giudiziari che invogliano la persona media ad approfondire il razionale della cosiddetta “capacità di intendere e di volere”: dal massacro di Luca Varani, all’omicidio della professoressa Rosboch, dal processo a Massimo Bossetti per la morte della piccola Yara Gambirasio ai continui cambiamenti di versione dinanzi ai magistrati di Veronica Panarello, in carcere per l’omicidio del figlio Loris Stival; abbiamo poi Freddy Sorgato, sua sorella Debora e la tabaccaia Manuela Cacco, oppure i diabolici fidanzati Giosuè Ruotolo e Rosaria Patrone. Di recente si parla di una nuova presunta infermiera killer che avrebbe ucciso 13 pazienti. Dagli Stati Uniti è subito arrivata anche la arguta analogia secondo la quale, immaginando questi individui come una arma, sarebbe corretto ipotizzare che la genetica carica il fucile, la psicologia mira e l’ambiente tira il grilletto. In ogni caso le conseguenze di questo pensiero quali saranno? Passeremo dalla Giustizia alla Psicogiustizia? Dalla Polizia alla Psicopolizia? E gli psichiatri che ruolo avranno?

deco

Proviamo a cambiare scenario e tipo di crimine. Immaginiamo un corriere della ‘ndrangheta che sta consegnando una partita di cocaina dopo un lungo viaggio in automobile da Genova a Milano. A Milano viene raggiunto dalle Forze dell’Ordine e, dopo un lungo inseguimento, spara ed uccide un agente. In questo caso specifico sarei curioso di sapere quali conoscenze neuroscientifiche verranno applicate e se avremo mai un Giudice o un PM che chiederà una perizia Psichiatrica (o forse subito una risonanza magnetica nucleare?) per valutare la genetica della persona. D’altra parte un reato è un reato, no? O ci sono reati più simpatici di altri alle neuroscienze? Voglio dire: all’infermiera killer faremo analisi genetiche, NMR o SPECT, tests neuropsicologici e tutto l’arsenale neuroscientifico disponibile mentre al corriere della ‘ndrangheta, cresciuto in ambienti difficili e con famigliarità evidente per gesti delittuosi, no?

Il punto è che, in ambito peritale, non viene mai chiesto quello che mi pare sostengano l’Avvocato Gullotta o lo psichiatra Pietro Pietrini, ovvero una analisi genetica, un indagine personologica o altre valutazioni neurscientifiche, nel “mondo reale” viene semplicemente chiesto se la persona imputata ha una patologia psichiatrica grave tale da compromettere la capacità di intendere e di volere. E direi che il tutto è già abbastanza complesso per noi poveri psichiatri. Questo per la semplice ragione che le nostre conoscenze in ambito neuroscientifico, sebbene molto vaste, hanno un impatto pari a zero nella loro applicazione nel mondo reale. Quello che intendo è che il Neurodiritto è una disciplina troppo giovane per essere applicata concretamente nelle aule di tribunale. Sarebbe come se la NASA volesse concretamente pianificare un viaggio spaziale utilizzando la teoria dei Wormhole. Forse in futuro sarà possibile, ma per ora è fantascienza. Inoltre una volta stabilito che la persona non sarebbe “cattiva” ma “malata” che si fa? Chi ha gli strumenti per attuare la cura? La psichiatria? La psicologia? Mha!…

deco

Filosoficamente parlando posso condividere l’ipotesi che certi delitti o comportamenti criminali possano essere sostenuti da tratti di personalità o assetti psicologici anomali ma credo che scorporare concretamente la capacità di intendere e di volere dalle gravi malattie mentali per condurla in territori nei quali le nostre conoscenze sono solo parziali potrebbe essere un grave errore. Anche perchè, parlando seriamente, le nostre conoscenze delle basi neurofisiologiche che sostengono i nostri comportamenti sono forse ancora più indietro di quelle dei fisici che studiano i wormholes.

Inoltre, se avessimo tutto questo sapere neuroscientifico a disposizione perchè perdere tempo nella valutazione processuale di autori di reato e non applicarlo subito nello studio della prevenzione dei reati stessi?

In ogni caso credo che multinazionali criminali, associazioni mafiose o gruppi terrorostici non vedano l’ora di avere legali e psichiatri che identifichino deficit genetici o danni di aree neuronali che permettano di valutare come molti criminali siano, in realtà, solo dei poveri malati. Quindi una volta che i Neurogiudici stabiliranno che i neuroterroristi o i neuromafiosi, valutati dai neuroscienziati, sono solo dei malati sarà un piacere per tutti noi poveri ignoranti psichiatri dei Centri di Salute Mentale italiani inviarli presso la Scuola IMT Alti Studi di Lucca dal Prof. Pietro Pietrini per gli adeguati trattamenti. 🙂

 

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CEO a valeriorosso.com
Mi chiamo Valerio Rosso e sono un medico, psichiatra e psicoterapeuta ad orientamento psicoanalitico. Da anni divulgo i principali temi della Salute Mentale, delle Neuroscienze e della Medicina Digitale come blogger e come YouTuber. Alcune persone mi conoscono anche come musicista (cercatemi su Spotify, iTunes e YouTube Music).
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Interazioni del lettore

Commenti

  1. marco dice

    30/07/2016 alle 5:18 pm

    E’ probabile che gran parte dei reati siano frutto di un disagio psichico. Per i restanti e’ la legge, basata sulle convinzioni e sulle convenienze del gruppo dominante, a designarli tali.

    Rispondi
  2. Floriana Canepa dice

    24/09/2016 alle 5:44 pm

    …ma allora non ci saranno più i buoni ed i cattivi? non mi piace un mondo nel quale le persone malvagie la possono passare liscia…

    Rispondi

Trackback

  1. La Criminologia è una Scienza? - AnnaMariaPacilli.it ha detto:
    06/08/2016 alle 8:48 pm

    […] un crimine, senza che sia dia al termine una accezione negativa. La criminologia fa parte delle scienze criminali , che hanno tutte come oggetto del loro studio il crimine. Quali sono le scienze criminali? Il […]

    Rispondi

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