Cultura occidentale: il Pensiero “razionale” contro il Pensiero “irrazionale“?
La cultura occidentale mostra una scissione, un dualismo rispetto ai prodotti della mente umana secondo quelle che sono le dimensioni del pensiero “razionale” contrapposto a quello “irrazionale”.
Il pensiero “razionale” sembra, metaforicamente, splendere come un faro nella notte, spesso considerato sinonimo di “pesiero scientifico”, mentre quello “irrazionale” viene spesso considerato un prodotto di “serie B”, uno scarto evolutivo della nostra mente utile solo agli innamorati, ai musicisti ed ai poeti.
Proviamo intanto a cambiare la dizione da “irrazionale” a “non razionale”. A questo punto partiamo dal presupposto che nella nostra mente, e quindi nel nostro cervello, si possono individuare due principali modalità di funzionamento che potremmo chiamare, appunto, “razionale” e “non razionale”.
Il cervello “razionale” funziona secondo le leggi della logica ed è in grado di eseguire un processo per volta con modalità analitiche. Il cervello “non razionale” mostra un funzionamento completamente diverso, ovvero processa informazioni emotive, propriocettive e sensoriali con modalità sintetiche ed è in grado di gestire decine di processi elaborativi “in parallelo”.
I risultati della “mente non razionale” sono quelli che hanno a che fare con l’intuizione, il prodotto artistico e l’empatia. I prodotti di questo nostra funzione “magica” hanno un valore immenso quando vengono integrati con l’altra metà del nostro cervello che ce ne permette la fruizione integrandoli nella realtà.
Ad esempio il detective Sherlock Holmes non è vero che proceda nelle sue indagini per “deduzione”; egli piuttosto attua dei processi di “abduzione” ovvero un processo mentale legato al cervello “non razionale” che gli permette di aggiungere la dimensione creativa ed intuitiva alla potentissima funzione analitica, che è abilissima nel dimostrare teoremi ma che è spesso insufficente nell’analisi della realtà che è plurisensoriale e semanticamente complessa.
Un altro esempio mirabile di questa forma di pensiero è la cosidetta “rêverie”‘ che è una sorta di stato sognante che può fornire immense interpretazioni della realtà. Ogni artista, ogni scrittore sa di cosa parlo. Vi porteró un esempio paradigmatico. Dieci anni prima del congresso di Norimberga, momento in cui l’antisemitismo nazista diventerà ufficiale, Franz Kafka immaginava che un uomo, dopo una notte di sogni inquieti, si sveglierà trasformato in scarafaggio. Kafka scriveva “La Metamorfosi”.
Poco dopo lo stesso Kafka scriverà “Il processo”: un uomo è condannato a morte senza conoscera neppure l’imputazione. In sintesi Kafka, mediante un processo di rêverie artistica, stava predicendo quello che sarebbe successo da li a pochi anni al popolo ebraico a cui lui apparteneva. Badate bene che Kafka non era un indovino.
Lo scrittore assecondando il funzionamento del suo “cervello non razionale” riesce a raccogliere e a leggere i segnali nascosti di un mondo in cambiamento, dimostrando che non sarà la sola logica e la capacità analitica a salvare l’uomo dalla sua ferocia.
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