La valutazione e la cura dei sintomi depressivi nell’anziano è problematica delicata e complessa.
La popolazione anziana (indivicui con età>65) è in rapida crescita e il riscontro, da parte del medico, di sintomi depressivi non è un’eventualità infrequente. Parlo di “sintomi” e non di depressione poichè nella persona anziana la diagnosi di depressione mostra delle problematiche precipue. Anche se Norberto Bobbio, alle soglie dei 90 anni, affermava “chi loda la vecchiaia non l’ha mai vista in faccia”, è anche vero che siamo lontani dall’assolutezza dell’affermazione di Cicerone “Senectus ipsa morbus est”, (“la vecchiaia è di per sé una malattia”) poiché l’età della decadenza fisica si è spostata decisamente in avanti. Personalmente rimango dell’idea che la vecchiaia giunga nel momento che la motricità si modifica in peggio; potrebbe sembrare una affermazione grossolana ma, profondamente, non lo è. In ogni caso, nell’assessment psichico di un anziano, è di fondamentale importanza valutare con attenzione i sintomi che sono spiegabili come una reazione emotiva a vissuti di perdita (invalidità anche lievi, patologie croniche, compromissione della sessualità, solitudine, perdita di funzioni sociali, assenza di passioni e di interessi), da quelli di tipo “essenziale”, ovvero emersi in maniera inspiegabile. Questa distinzione, particolarmente importante nell’anziano, permette di separare sintomi depressivi da vissuti di tristezza.
Ad ogni età, infatti, bisogna tener bene in conto il fatto che una terapia antidepressiva farmacologica non comporterà mai un miglioramento del vissuto della tristezza che è connessa ad una reazione comprensibile: se mia madre muore potrò prendere tutti gli antidepressivi del mondo ma non starò meglio dato che è dimostrato che i cosiddetti “disturbi dell’adattamento con umore depresso” non rispondono ai farmaci. Quindi nella terza età è molto probabile che in molte condizioni di disagio psichico sia possibile diagnosticare più tristezza che depressione. Ovviamente il fatto che non prescriveremo dei farmaci non significa che non bisognerà prendersi cura della persona. Potrà essere necessario tentare interventi di supporto, sia sul piano psicologico che socio-ambientale. La senescenza, infatti, rappresenta il periodo dell’esistenza in cui più frequentemente il soggetto si trova a far fronte a continue e spesso simultanee perdite e, di recente, bisogna valutare attentamente l’influenza della crisi economica in questa fascia di età particolarmente fragile.
Nel momento che si sospetta la presenza di un quadro sintomatologico che porta a sospettare un disturbo depressivo vero e proprio sarà necessario inviare la persona o da un geriatra con competenze psichiatriche, o da uno psichiatra con competenze geriatriche. Anche perchè purtroppo non si può non affrontare il tema del suicidio nell’età anziana, che è strettamente legato alla depressione. In effetti il tasso di questo drammatico evento cresce in modo preoccupante soprattutto negli uomini anziani che superano gli 85 anni e, oltre ad essere depressi, vivono da soli e sono portatori di patologie organiche invalidanti. Infine il paziente anziano può esprimere un certo grado di deterioramento cognitivo, legato ad involuzione cerebrale parafisiologica e disturbi vascolari. Sarà quindi possibile osservare situazioni più sfumate, fino a situazioni francamente orientate verso un deterioramento patologico delle funzioni di memoria e concentrazione, e anche per questo motivo è importante valutare il profilo farmacodinamico di un eventuale farmaco antidepressivo prescritto in modo che non influisca ulteriormente sulle capacità cognitive già compromesse.
Quali sono i farmaci antidepressivi più indicati nell’età avanzata? Molti studi di efficaci e di sicurezza indicano gli SSRI ed il buproprione come farmaci di prima scelta; vengono esclusi i triciclici per le eccessive collateralità ed il possibile peggioramento del deficit cognitivo. Grande attenzione anche all’uso delle benzodiazepine, spesso inutili e dannose nella persona anziana. Il dosaggio indicativo verrà stabilito, solitamente, dimezzando quello indicato per il soggetto giovane (sarà sempre possibile aumentarlo in seguito). La recente introduzione della vortioxetina (Brintellix™) ha aperto possibili prospettive di terapia della depressione nell’anziano poichà il profilo farmacodinamico della molecola è particolarmente favorevole a questa fascia di età (ipotizzate minime collateralità e, addirittura, benefici sui sintomi della sfera cognitiva, ancora da dimostrare con certezza).
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