La cultura della psicoanalisi, a partire dal secondo decennio del ‘900, è stata permeata dalla contemporanea presenza di due forze contrapposte attinenti a due diverse visioni della realtà umana, quella “romantica” e quella “classica”.
Questa tensione ha senza dubbio permeato, senza peraltro essere mai direttamente esplicitata, molte discussioni sia in ambito metapsicologico che in ambito di tecnica analitica vera e propria. Senza dubbio la visione psicoanalitica della condizione umana presenta, a mio parere, una zona d’ombra, ovvero quella relativa al problema della visione complessiva dell’Uomo che esula dalle innumerevoli discussioni teoriche e cliniche, spesso ritenute più rilevanti. Ma che ne è di quel mix di metafisica e sistema di valori che è presente nellla visione dell’Analista? Il più delle volte non si ritiene argomento degno di discussione seppur esso colori di svariate sfumature tutte le manifestazioni della psicoanalisi, dalla pratica clinica quotidiana, alle conferenze o nelle pubblicazioni accademiche.
Per parlare di visione classica e di visione romantica della vita in ambito psicoanalitico bisognerà iniziare con la creazione di tipologie ideali di questi concetti, per descrivere operativamente le caratteristiche essenziali di entrambe. Ovviamente i due punti di vista raramente saranno espressi in maniera pura, più spesso combinata, con la prevalenza dell’uno sull’altro. Il senso di questa premessa può essere riassunta dal pensiero di T.E. Hulme nel suo importante lavoro “Romanticismo e Classicismo”:
“In breve allora, questi sono i due punti di vista: uno, che l’uomo è intrinsecamente buono, ma rovinato dalle circostanze; l’altro, che è intrinsecamente limitato, ma reso abbastanza accettabile dalla disciplina e dalla tradizione. Per l’uno, la natura umana è un pozzo inesauribile, mentre per l’altro, come un secchio. Chiamerò romantico il punto di vista che guarda all’uomo come ad un pozzo: chiamerò invece classico quello che guarda all’uomo come ad una creatura molto limitata e predeterminata […]” (1924, p. 117)
Trasportando questo punto di vista in ambito psicoanalitico, potremmo dire che Freud incarna senza dubbio la visione classica, mentre sceglierei H. Kout per rappresentare il più tipico atteggiamento psicoanalitico basato sulla visione romantica. Se la scelta di Freud è scontata ed intuitiva, quella di Kout deriva dallo svilupparsi delle idee di Sandor Ferenczi; il pensiero di Ferenczi fu poi ripreso da Michael Balint, che forse fu anche il primo ad intravvedere una tensione tra una visione classica ed una visione romantica della cura in psicoanalisi.
In campo intellettuale si parla di Weltanschauung quando vogliamo riferirci ai parametri valutativi di una data modalità di vivere e di interpretare la realtà. Di fatto I grandi sistemi filosofici costituirebbero le incarnazioni di queste visioni. Probabilmente è questa la principale ragione per la quale consideriamo degni di studio I filosofi come Platone, Aristotele, Spinoza, Leibniz e Kante, anche se possiamo essere in disaccordo con le loro premesse di base. Al di là delle loro affermazioni sulla natura del Mondo, essi ci indicano una maniera di osservare e di vivere le nostre vite nel mondo. Uno dei pochi altri grandi autori che hanno notato l’importanza fondamentale della Weltanshauung in psicoanalisi è stato Roy Schafer: il suo lavoro “La visione psicoanalitica della Realtà”, del 1970, è un tentativo di definire la psicoanalisi secondo le dimensioni del tragico, del comico, del romantico e dell’ironico. Egli ha mostrato come la psicoanalisi sia primariamente caratterizzata da un enfasi sugli aspetti tragici ed ironici della realtà umana. Riprendendo Schafer. Messer e Winokur ngli anni ‘80 hanno sostenuto che vi sono dei limiti alla possibilità di integrare la psicoanalisi con la teoria comportamentale, proprio perchè le loro visioni della realtà umana sono dissimili ed inconciliabili. In sintesi Messer e Winokur hanno dimostrato che la visione della realtà umana di una data forma di psicoterapia non è meno essenziale ad essa delle perticolari tecniche che utilizza.
La visione classica e quella romantica dell’esistenza possono essere collocate storicamente. Nel secolo XVIII esse furono incarnate dal conflitto tra la vena più razionalista dell’Illuminismo, e la reazione romantica ad esso. Il più fulgido riscontro della visione classica si trova nel pensiero di Kant: l’uomo deve lottare per la sua autonomia, e la vera autonomia coincide con il regno della ragione. L’uomo completamente razionale riesce a sottomettere la sua parte più peculiare e soggettiva alla voce della ragione. Riuscito in tale compito l’uomo può tramutarsi da essere trainato dala sua natura animale a persona pienaente autonoma. Kant, di fatto, è molto sospettoso circa la natura umana quando questa non è governata dalla ragione, in questo senso egli è un razionalista puro.
La visione romantica fu sviluppata da Rousseau e giunse al suo apice nell’opera di Goethe. In questo caso il valore supremo è lo sviluppo dell’individuo e ogni persona è unica con una sua prorpia personale prospettiva sul mondo. L’individuo pienamente sviluppato è caratterizzato da una autentica spontaneità e dalla ricchezza delle sue esperienze soggettive. Possiede degli ideali che forniscono la forza motrice dellìesistenza, e questi ideali sono alimentati dalla consapevolezza che essi esprimono la sua personalità tramite l’individualità.
La Weltanschauung Classica in Sigmund Freud
Il tema della dicotomia tra il principio del Piacere ed il principio di Realtà è cotantemente presente nell’opera di Freud. Potremmo quasi affermare che gran parte del pensiero freudianopotrebbe essere organizzato intorno a questa dicotomia: primario e secondario, Io ed Es, formazione del sintomo e sublimazione, fissazione e rinuncia, nevrosi e psicosi. Il nevrotico è per Freud governato dal principio del piacere, ed è perciò sostanzialmente non cresciuto, non essendo stato in grado di rinunciare ai suoi desideri infantili e, quando non li può sodisfare, cerca dei surrogati di essi nella fantasia, nei sintomi nevrotici e nei tratti caratteriali. Freud prende sempre le parti della ragione, in opposizione a ciò che è istintuale ed infantile, sia nei confronti del disagio del singolo, che nei confronti di tutti I fenomeni culturali. In analisi la persona vorrebbe mettere in atto I propri desideri, ma Freud esige invece che capisca e verbalizzi. Allo stesso modo laddove intere culture vorrebbero perpetuare le illusioni, Freud esorta a raggiungere la maturità e a rinunciare alle confortanti distorsioni della realtà. A me questa espressione del pensiero di Freud ricorda molto Kant.
La Weltanschauung Romantica in Kohut
La più efficace espressione della visione romantica in psicoanalisi è espressa, probabilmente, dagli ultimi lavori di Heinz Kohut. La ragione in Kohut è sostituita pesantemente dagli ideali. In questo senso il più alto sviluppo del sè coesivo consisterebbe in una struttura composta da ideali vissuti come intrinsecamente validi, e dall’ambizione e convinzione dell’individuo nella propria capacità di realizzarli. Nella visione di Kohut l’idealizzazione è un processo fondamentale nello sviluppo del bambino che, se non può idealizzare I suoi genitori, non potrà acquisire un senso di significato della propria vita. L’immahine dei genitori idealizzata costituisce per il bimbo la prima esperienza di qualche cosa per cui valga la pena di lottare. L’etica di Kohut è quindi romantica: la pura razionalità non è sufficiente, e senza entusiasmo e gioia la vita non è degna di essere vissuta. L’ulitmo Kohut giunse alla conclusione che la presenza di scopi idealizzati sia essenziale in ogni stadio della vita, non solo nell’infanzia.
Il tema della contrapposizione tra visione classica e visione romantica in psicoanalisi potrebe essere rivisto con molti più dettagli e attraverso il lavoro di più autori (ad esempio Melanie Klein o Donald Winnicott). Forse è venuto il momento di chiedersi in cosa consistano queste due visioni, potremmo dire quasi stati d’animo, nel lavoro psicoanalitico. In primo luogo credo sia utile giustapporli in modo schematico. Secondo la visione classica, l’uomo è regolato dal principio del piacere, ed evolve verso la maturità instaurando un progressivo predominio del principio di realtà. La nevrosi, nell’ottica freudiana, potrebbe essere vista come una sorta di residua influenza nascosta del principio del piacere. L’atteggiamento dell’analista è rivolto a prendere le parti del principio di realtà. L’etica è senz’altro quella derivata dallo stoicismo stretto: maturità e salute mentale dipendono dalla misura in cui una persona è in grado di riconoscere la realtà per quallo che è, e di essere saggia e razionale in questo atto conoscitivo. Secondo la visione romantica, l’uomo è proteso a divenire un sé coesivo; lo sviluppo tende ad un sé che consiste in un continuo flusso tra ambizioni ed ideali, tra un senso di vitalità e scopi vissuti come intrinsecamente validi. La sofferenza mentale è il risultato di un fallimento dell’ambiente nell’adempiere alla funzione di oggetto-sé, ed I sintomi del paziente costituiscono il disperato tentativo di riempire il vuoto del suo sé impoverito. L’atteggiamento dell’analista verso il paziente è di fiducia piena nella sua umanità, e l’analista prende sempre le parti della gioia e della vitalità. L’etica è perfettamente romantica: maturità e salute mentale consistono nella capacità di mantenere alto l’entusiasmo ed un senso di significato, qualsiasi esso sia.
La Tensione tra due Poli è l’essenza della Vita dell’Uomo
Bisogna quindi risolvere in qualche modo la tensione tra classico e romantico? E’ posibile dimostrare, ai fini del lenimento del disagio dell’Uomo, la superiorità di uno dei due? E’ possibile ottenere una formula che ci indichi quando adottare un dato atteggiamento? Questo tipo di questioni pressupporrebbero che la tensione tra visione classica e romantica possa essere vista come un problema tecnico, risolvibile, di conseguenza, con strumenti tecnici. In realtà potrebbe essere molto utile immaginare la questione come un problema non completamente tecnico ma bensì risolvibile tramite l’accumularsi di più conoscenze sui fattori che curano in psicoterapia. Inoltre è opportuno affrontare questa tensione non solo come terapeuti e teorici della psicoanalisi, ma anche come esseri umani.
L’essenza della tensione tra la posizione classica e quella romantica sta in ultima analisi nella tensione tra l’identificazione con la propria prspettiva ed il distacco da essa. E’ espressione del fatto che come esseri umani abbiamo la capacità di fare l’esperienza di noi stessi dall’interno e di riflettere su noi stessi dall’esterno. Da un lato, siamo in grado di prendere una posizione distanziata ed ironica nei confronti dei nostri valori e delle nosre motivazioni; in ogni momento possiamo porci la domanda: questa cosa ha veramente valore? Oppure possiamo fare una riflessione: è veramente questo quello che voglio, o sto prendendomi in giro? Questo genere di interrogativi esprime la nostra capacità di autoriflessione, che è essenziale alla nostra natura umana, in qualsiasi modo la possiamo concepire. Ciò che ci rende diversi dagli altri animali è la autoconsapevolezza, ovvero la Coscienza dell’Io, la possibilità di assumere una posizione riflessiva nei confronti di noi stessi. Non solo siamo quello che siamo in ogni singolo momento, ma siamo anche auto-riflessivi, e questa divisione ontologica al nostro interno non può essere eliminata; abbiamo sempre la possibilità di metterci in discussione e di assumere una posizione obiettiva nei confronti di noi stessi. Non male, vero?
D’altra parte non possiamo essere in costante stato di auto-riflessione. Una continua auto-interrogazione e debugging del nostro “sistema operativo” psichico, non lascerebbe spazio per altri processi, tra i quali c’è anche il vivere spontaneamente. La riflessione è essenziale per la valutazione critica di chi siamo e di che cosa facciamo, ma non porta mai e poi mai alla creazione automatica di valore e di significato. Valore e Significato sono sempre fondati su desideri di base che non sono di origine razionale. Come esseri umani abbiamo una profonda necessità di prendere seriamente noi stessi, I nostri valori ed I nostri desideri, e di viverli piuttosto che di pensarli. Infatti quest’altra tensione tra punto di vista interno ed esterno, tra pensare e vivere non può essere rislota poichè intrinseca della nostra umanità.
Si potrebbe pensare che uno dei compiti importanti dell’analista potrebbe consistere nel prestare attenzione a questa dialettica tra rifiuto dell’auto-riflessione ed incapacità di vivere con pienezza, autonomamente ed in prima persona. In quest’ottica dinamica la scelta tra atteggiamento classico e quello romantico non deve venire effettuata dal terapeuta una volta per tutte, ma deve dipendere in ogni momento da una valutazione su dove il paziente si trovi rispetto a questa tensione: classico-romantico, interno-esterno, riflettere-vivere.
In conclusione, il fatto è che esistono dei dilemmi reali, cioè delle situazioni nelle quali vi sono valori contrastanti che premono su di noi. Spesso questi valori contrastanti corrispondono da un lato al punto di vista dei nostri bisogni e dei nostri desideri (Romantico), e dall’altro ad un punto di vista più distaccato e obiettivo (Classico). Questi sono I momenti nei quali delle scelte devono essere fatte, e a volte non ci si può nascondere dietro ad una qualche teoria che indichi che cosa è giusto e che cosa non lo sia. Come terapeuti e come uomini le nostre scelte definiranno la persona che siamo, nel bene e nel male, in quel determinato luogo e tempo, e nell’unicità dell’incontro con un altro essere umano.
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