L’ossessione dell’Industria del Farmaco nel sintetizzare nuove molecole è legata, sostanzialmente, alla periodica perdita del brevetto: quando un farmaco diventa Equivalente (e quindi costa poco), improvvisamente non interessa più a nessuno.
La perdita del brevetto per un farmaco significa che nessuno è più interessato a studiarne le proprietà terapeutiche ed i potenziali clinici.
Questo, curiosamente, non riguarda solo le ricerche condotte dall’azienda che aveva immesso quel dato farmaco sul mercato. Questo è comprensibile, dato che se un’azienda non può più fare profitto su di una molecola che senso ha studiarla? Un pochino triste ma il mercato farmaceutico è fatto così.
La cosa che colpisce di più è che, secondo una mia impressione piuttosto netta, perde di interesse anche per il mondo della ricerca in generale, sia quella fatta a fini di lucro, sia quella che (dovrebbe) essere fatta solo nell’interesse del benessere collettivo, come quella Universitaria.
Inoltre la ricerca fatta solo sulla spinta di interessi di mercato comporta un utilizzo improprio dei farmaci, ovvero si fanno pressioni per prescrizioni a tappeto e non sulla base dell’efficacia in relazione a studi basati sull’evidenza. Un esempio pratico è quello relativo al mercato dei nuovi antidepressivi che, dopo l’entusiasmo accademico e clinico durato per tutti gli anni ’90 e buona parte di inizio 2000, mostra da circa un decennio una netta inversione di tendenza:
Cosa significano questi dati? Forse che la Depressione Maggiore è in netto calo tra la popolazione mondiale? Direi proprio di no, visto che le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità dicono proprio l’opposto. Una possibile interpretazione è che la spinta del mercato abbia generato trials clinici non tanto orientati allo studio dei potenziali clinici reali dei vari farmaci, ma solo per spingere le vendite delle nuove molecole.
L’Industria del Farmaco da un lato ci fornisce nuove armi per combattere i Disturbi Psichiatrici, ma dall’altro gli studi clinici, più o meno esplicitamente sponsorizzati o “spinti” in ambito editoriale, che ne derivano potrebbero essere inficiati da vari bias per cui, passato l’entusiasmo economico iniziale bisognerebbe attuarne di nuovi più seri e basati sull’evidenza scientifica. Ma chi avrà interesse per studiare vecchie molecole? Le Università di Stato? A me pare di no, dove non c’è più business anche gli interessi accademici sembrano tristemente scemare…
La prossima nuova “Pillola Magica” in Psichiatria potrebbe essere un vecchio farmaco?
D’altra parte i clinici che lavorano sul campo sanno bene che le vecchie molecole hanno spesso potenziali conosciuti solo a livello aneddotico o di esperienza personale (quanti di noi psichiatri, nonostante ci siano sul mercato tanti nuovi antipsicotici atipici usano ancora il buon vecchio Aloperidolo? Credo in tanti…). Vorrei farvi due esempi a mio parere piuttosto esplicativi, quello della Ketamina e quello della Prazosina.
La Ketamina è un vecchio farmaco al momento utilizzato nell’ambito dell’anestesiologia e dell’emergenza/urgenza per la sedazione (oltre ad essere una delle nuove droghe d’abuso sul mercato nero). Questa molecola in realtà sembrerebbe essere dotata di una spiccata efficacia antidepressiva che si esplicherebbe con una latenza molto bassa. In sintesi potrebbe essere un nuovo antidepressivo più efficace, più rapido e meno costoso di quelli attualmente in commercio. D’altra parte non ci sono ancora adeguati ed estesi trials clinici che ne dovrebbero confermare le proprietà terapeutiche ed accertare la sicurezza sul lungo periodo.
Vi garantisco che, se solo la Ketamina fosse una molecola sotto brevetto appena sintetizzata da un’industria, avremmo avuto tutte le conferme cliniche del caso e sarebbe già in commercio. Sono abbastanza sicuro di questo.
Il succo del discorso è che se un farmaco costa poco, è irrilevante il fatto che possa avere ancora grossi potenziali terapeutici, alcuni magari sconosciuti, nessuno se ne occuperà più; tutti rivolgeranno l’attenzione solo verso molecole nuove.
Secondo esempio. Quanti Psichiatri conoscono il possibile utilizzo della Prazosina in ambito clinico? Pochi credo. Questa molecola si è rivelata, per lo più a livello di numerosi case reports, essere molto efficace nel trattamento di alcuni sintomi invalidanti del Disturbo Post-Traumatico da Stress, in particolare i flashbacks e gli incubi notturni. D’altra parte, essendo in commercio come antiipertensivo a basso prezzo, non sono nuovamente disponibili adeguati trials clinici che ne possano garantire efficacia e sicurezza documentate.
La domanda che mi pongo è: quanti farmaci potenzialmente utili, e a poco prezzo, ci sono attualmente in commercio che necessiterebbero di adeguati studi clinici per poter essere utilizzati come trattamenti efficaci e sicuri in Psichiatria?
Se le Università sembrano continuare ad orientare la ricerca la dove ci sono fondi privati, non potrebbe essere il momento di iniziare, anche in ambito di Sanità Pubblica (leggi ASL e ASO), a sviluppare trials clinici seri e basati sull’evidenza scientifica?
In maniera preoccupante il trend attuale sembrerebbe essere addirittura quello di togliere dal mercato farmaci economici ed efficaci, vedi ad esempio il caso del Trilafon Enantato, con l’obbligo implicito di sostituirli con farmaci più nuovi, più costosi e, probabilmente, dotati della stessa efficacia.
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