Che cosa è la Teoria della Mente Bicamerale? Cosa ha a che fare con la serie Westworld?
Westworld è una serie televisiva prodotta dalla HBO basata sul racconto di “Westworld” di Michael Crichton del 1973 divenuto poi un famosissimo film uscito in Italia con il titolo “Il mondo dei robot“: il tema che rappresenta il “filo rosso” di tutti gli episodi è la possibilità, da parte dell’uomo, di creare una Coscienza Artificiale.
Come tutti i fantastici racconti di Michael Crichton anche Westworld aveva, all’epoca dell’uscita, delle premesse scientifiche molto attuali e visionarie: negli anni ’70 si assisteva all’accesissimo dibattito sull’origine della coscienza e le prime teorie della mente (ToM) venivano timidamente pronunciate da alcuni scienziati.
Una voce fuori dal coro, dopo anni di discussioni che perdurano sino ad oggi, fu quella di Julian Jaynes che, agli inizi degli anni ’80, produsse il suo famoso libro “Il crollo della mente bicamerale e l’origine della coscienza” nel quale riversò, in maniera affascinante ed originalissima, tutto il suo percorso di ricerca e di riflessione sul problema della Coscienza.
Julian Jaynes, che fu uno psicologo sperimentale, in questo libro audace (forse troppo) suggerisce una risposta alla domanda Che cosa è la Coscienza? basata su di un intreccio tra neuroscienze, teoria del linguaggio, antropologia e storia.
Nucleo Centrale del suo libro è appunto la controversa Teoria della Mente Bicamerale, secondo la quale sino all’incirca il 1000 a.C. il genere umano non possedevano ancora una coscienza propriamente detta, come viene definita modernamente, ma le menti degli uomini di allora erano “popolate” da voci interiori, che venivano attribuite agli dei.
Questa teoria potrebbe fornire anche una spiegazione ai misteriosi sintomi della Schizofrenia, la malattia psichiatrica caratterizzata, appunto, dalla presenza di allucinazioni uditive spesso sotto forma di voci. Secondo la spiegazione di Julian Jaynes i sintomi dei pazienti schizofrenici sarebbero un residuo di questo antico modo di funzionare della Mente Umana.
Secondo la teoria che Julian Jaynes presenta nel suo libro, sarebbero molti gli indizi provenienti dall’archeologia e dall’analisi dei libri più antichi più antichi dell’Umanità (come Iliade, Odissea,e, soprattutto, la Bibbia) a sostegno della sua tesi. Tutti questi indizi provenienti dal passato dell’umanità, porterebbero a supporre che l’emisfero destro sia stato, all’alba della razza umana, abitato dalle cosiddette “voci degli dèi”, presenti in tutte le reliìgioni arcaiche delle popolazioni della Terra e che la struttura della cosiddetta “mente bicamerale” spieghi la nostra costante scissione in due entità contrapposte, emisfero destro e sinistro, mente razionale e creativa, l’individuo ed il suo dio.
Che cosa ha a che vedere la serie Westworld con la Teoria della Mente Bicamerale?
Di sicuro non vi fornirò alcun spoiler sulla serie, che vi invito a vedere magari dopo aver letto questo mio articolo, ma ho intenzione di rispondere al meglio a questa domanda, anche facendo riferimento ad alcuni personaggi di Westworld.
In ogni caso non è un mistero che la Teoria delle Mente Bicamerale sia molto attinente con la serie, infatti l’episodio di fine stagione è proprio intitolato “The Bicameral Mind“: Dolores Abernathy, l’androide più antico del parco di Westworld, è spesso raffigurata ad ascoltare e seguire una voce interiore che non è la sua (“vieni a cercarmi”).
L’autocoscienza dei vari androidi, in Westworld così come in Blade Runner, emergerebbe dall’inserimento di tracce mnesiche che, potremmo dire, danno il via all’incoscio e ad una vita intrapsichica più variegata.
Anche in Westworld, come nelle moderne teorie neuroscientifiche, la coscienza e la capacità introspettiva sarebbero da considerarsi un passaggio evolutivo graduale, e secondo la visione di Jaynes riconducibile ai grandi cambiamenti successivi al collasso dell’Età del Bronzo.
In Westworld la più esplicita citazione della Teoria della Mente Bicamerale di Julian Jaynes è rappresentata da un dialogo tra Il Dr. Robert Ford, il geniale fondatore del parco, e Bernard Lowe, il creatore degli androidi del parco: quella che nella serie viene definita la “voce di Arnold” nella mente degli androidi sarebbe comparabile alla “voce di Dio” delle teorie di Jaynes.
Allo stesso modo di come l’umanità arrivò al traguardo di acquisire la capacità di valutare se agire o meno secondo la direzione della propria coscienza, abbandonando la “voce” dentro di sé della parte Destra della Mente Bicamerale, anche gli androidi del parco di Westworld iniziano un progressivo processo di consapevolizzazione rappresentato da una “quasi” dolorosa autoanalisi freudiana.
La domanda che sembrano porsi è: perché facciamo quello per cui siamo programmati? In sintesi emergerebbe una sorta di “questione ontologica” molto simile a quella che l’umanità ha affrontato nel corso dei secoli e che, di fatto, ancora oggi ci attanaglia.
La domanda che in me è sorta durante la visione di Westworld è la seguente: la scienza, la filosofia, la psicoanalisi hanno aiutato l’essere umano autocosciente nel suo problema ontologico di base, ovvero nell’affrontare la sua morte?
Io credo che la nostra Coscienza sia un fantastico optional evolutivo ma che presenti un effetto collaterale enorme, ovvero ci lascia da soli davanti alla consapevolezza della nostra caducità e della nostra fine.
D’altra parte la bicameralità della nostra mente non sarebbe del tutto scomparsa anche perchè, in un certo senso, l’essere umano ne mostra un’affezione profonda: quella che Sigmund Freud direbbe essere tipica per un’istanza paterna assoluta che è la divinità, e la rincuorante possibilità di affidarsi ad essa, seguendone le sue “voci”.
In effetti tutta la storia dell’umanità, sino ai giorni nostri, è percorsa da una fine nostalgia verso il funzionamento bicamerale, che porta l’uomo a rifugiarsi in quella parte della sua mente più affine al metafisico, allo spirituale ed alla possibilità di ricevere un aiuto divino come risposta agli angoscianti quesiti ontologici degli esseri umani: chi siamo? da dove veniamo? dove andremo dopo la morte?
C’è chi afferma che senza la morte, o meglio, senza la consapevolezza della nostra fine, la spiritualità umana sarebbe profondamente diversa e, probabilmente, non avrebbe mai preso la strada delle religioni dogmatiche.
Tutte le nostre istanze psichiche profonde e la nostra capacità di resilienza vacillano di fronte alle domande filosofiche di base dell’ontologia e trasporterebbero gli esseri umani più fragili nelle dimensioni dell’irrazionale, della possessione demoniaca e nella schizofrenia, che a quell’altra “camera” della nostra mente così fortemente si riferiscono.
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Gentile Valerio, ho apprezzato enormemente il suo articolo. Avendo letto il testo di Jaynes qualche mese fa, ritrovarlo in una serie mi ha più che piacevolmente lasciato a bocca aperta.
Una cosa però non mi è chiara; nel dialogo, Bernard sostiene che la teoria sia stata da tempo sorpassata. È un riferimento a qualche fatto reale? O è solo un espediente dialettico della fiction? Nel primo caso, Lei saprebbe indirizzare a qualche fonte?
Grazie mille