William James (1842-1910), il padre fondatore della moderna psicologia, affermò che noi tutti conosciamo il significato della parola Coscienza fino a quando qualcuno non ci chieda di definirla.
Il Termine Coscienza è usato in generale in ambito neuroscientifico per riferirsi alla consapevolezza individuale dei propri pensieri, incluse sensazioni, sentimenti e memorie.
William James nacque nel 1842 da una famiglia benestante ed influente di New York, e durante la sua infanzia ed adolescenza viaggiò molto in Europa e negli Stati Uniti studiando in molti contesti culturali diversi.
James mostrò precoci abilità artistiche ed iniziò anche una carriera come pittore, ma il suo interesse per la scienza lo condusse ad iscriversi all’Università di Harvard.
Nel 1964 iniziò la Scuola di Medicina dell’Università di Harvard e, benché a fatica a causa di malattie fisiche e depressione, si laureò nel 1869. Nonostante fosse medico William James non esercitò mai la professione. Nel 1973 James divenne professore di Filosofia e Psicologia alla Harvard University.
William James diede vita al primo corso di Psicologia Sperimentale negli USA, gettando le basi per fornire dignità di scientificità alla materia psicologica. James andò in pensione nel 1907, morendo in pace e serenità nella sua casa del New Hampshire nel 1910.
Noi solitamente diamo per scontato la nostra coscienza, ovvero il nostro essere consapevoli della proprietà dei nostri atti conoscitivi, anche se ci sono delle situazioni durante le quali ci rendiamo conto che essa può non essere così lucida come quando dobbiamo portare avanti dei compiti mentre siamo stanchi.
Inoltre se si prova a focalizzare la nostra attenzione sul fluire della nostra Coscienza, si diventa rapidamente consapevoli del fatto che i nostri stati interni, i pensieri e le emozioni sono in costante modificazione, ovvero la Coscienza non è rappresentata da uno “stato” ma da un continuo “divenire”.
Mentre state leggendo questo articolo, ad esempio, voi potreste divenire improvvisamente consapevoli di ricordi legati ad eventi del passato che potrebbero distrarvi dalla lettura; allo stesso modo possono presentarsi progetti o preoccupazioni per il futuro.
Provare a concentrarsi sul flusso della nostra Coscienza ci porta a realizzare come mutevoli siano i nostri stati interni (pensieri ed emozioni) e di come essi siano molto bene isolati gli uni dagli altri anche se noi li percepiamo come fusi tra loro e facenti parte di un intero.
Lo psicologo americano William James fu il primo a comparare queste esperienze psichiche legate alla nostra autocoscienza, o coscienza dell’Io, ad un flusso costante di contenuti psichici. Lui affermò:
Quelle del fiume o del ruscello sono le metafore che più naturalmente possono descrivere la nostra Coscienza e riferendoci ad essa siamo obbligati a parlare di “Flusso di Pensieri” o di “Flusso di Coscienza“.
La descrizione di James del Flusso di Coscienza è una metafora diventata rapidamente famosa, non solo in psicologia ma anche nell’arte e nella letteratura, proprio perché fornisce un’immagine nella quale tutti gli esseri umani riescono ad identificarsi.
Lo stesso James ammise che è in ogni caso molto difficile provare a definire davvero la Coscienza: quando si parla di Coscienza dell’Io si è portati ad usare metafore, espressioni tautologiche o ad esprimersi per similitudini, ed il compito filosofico di definire realmente la Coscienza è uno tra i più ardui.
Questo difficile compito filosofico e scientifico ha una lunga storia che risale all’Antica Grecia dove la mente umana ebbe grossa attenzione filosofica ma non si utilizzò mai il termine “coscienza”, in particolare con Platone si affrontò il problema della distinzione tra Mente e Corpo e con Aristotele il fatto che Mente e Corpo, sebbene anche per lui concetti separati, fossero indivisibili.
Le Prime Definizioni di Coscienza
René Descartes (1596-1650), nella metà del XVII secolo, fu uno dei primi pensatori che tentò di descrivere la Coscienza, proponendo che essa risiedesse in un dominio immateriale che egli definì “il reame del pensiero”. In ogni caso il primo pensatore che coniò una definizione di Coscienza simile a quella moderna, ovvero di area di flusso continuo di percezioni, fu John Locke.
William James si ispirò sia alle teorie di Locke, sia a quelle del filosofo tedesco del XVII secolo, Immanuel Kant. Kant venne colpito dalla modalità con le quali le nostre percezioni interne ed esterne si riuniscono in un’unica esperienza psichica cosciente. Kant chiamò questa sua intuizione “Unità della Coscienza”, un concetto molto importante che ha ispirato non solo James ma anche molti pensatori del ‘900.
James fu il primo psicologo ad intuire che la Coscienza non è una “cosa”, uno stato, ma un Processo che ci permette di riflettere sul passato, il presente ed il Futuro, per pianificare ed adattarci alle circostanze, in poche parole di rimanere vivi con strategie molto diverse da altre specie animali.
D’altra parte James trovò difficile immaginare una Coscienza Unificata, e la paragonò ad una fila di 12 uomini che pensano una frase dividendosi le singole parole: I-CAN-ONLY-THINHK-OF-ONE-WORD-BUT-NOT-THE-WHOLE-SENTENCE
Se la Coscienza è un flusso di singoli pensieri, in questo caso una serie di parole, James faticò a spiegarsi come la Coscienza poteva dare un senso di Unitarietà al concetto espresso dalla frase. James concluse che il modo più sensato con il quel la Coscienza potesse dare unitarietà ad una sequenza di singoli pensieri potesse essere quello di poter riunire più concetti in un singolo impulso del flusso di coscienza. Quindi ogni concetto che entra nel nostro campo di consapevolezza può essere combinato in termini semantici in un singolo impulso del flusso di Coscienza.
James intuì anche che è possibile apprezzare dei momenti di riposo nel flusso di coscienza, dove interrompiamo il flusso di impulsi per far emergere momenti contemplativi definiti “Parti Sostanziali” in contrapposizione ai momenti di flusso, chiamati “Parti Transitive”.
James dedicò anche molta attenzione alla natura intima e personale della Coscienza, stabilendo che non esistono pensieri indipendenti da chi li ha pensati, esistono solo i tuoi, i miei, i suoi pensieri.
Avendo stabilito quindi che i pensieri non possono essere scissi dall’Io, William James affermò che il punto di partenza del percorso di ricerca della psicologia doveva essere lo studio dell’Io, il cosiddetto “Io Empirico” che venne da lui scomposto in Io Materiale, Io Spirituale ed Io Sociale.
Evoluzioni del pensiero di WIlliam James
La Teoria delle Emozioni: Nei primi stadi della sua ricerca sulla Coscienza, James capì che le emozioni giocano un grosso ruolo nella sua definizione, per cui iniziò a costruire, insieme a Carl Lange, una teoria su come gli stati emozionali possano essere correlati alle nostre azioni ed ai nostri comportamenti.
La Teoria delle Emozioni di James-Lange stabilisce che le emozioni emergano dalle percezioni della Mente Cosciente relative ai nostri stati interiori. L’esempio che faceva James era quello di vedere un orso e di conseguenza scappare; in realtà la sensazione di paura non emergerebbe in relazione alla vista dell’animale, bensì in relazione al gesto automatico della fuga, ovvero dallo scappare via.
Il Pragmatismo: In relazione alle Teorie di William James relative alla Coscienza si sono sviluppate delle prospettive di studio relative alle modalità con le quali noi stabiliamo quali siano le cose vere e quelle false. Lui affermò che “la verità emerge dai fatti, ma i fatti di per loro NON sono la verità, essi semplicemente esistono e sono rilevabili. La verità è la funzione del credere nei fatti”.
Il periodo seguente alla morte di WIlliam James vide la nascita e l’ascesa del Comportamentismo che non lasciò troppo spazio ad ulteriori studi sulla Coscienza. Un’importante eccezione fu rappresentata dal movimento della Gestalt Theory di origine tedesca.
Il movimento della Gestalt enfatizzava il concetto che il cervello opera in una maniera olistica, lavorando sull’esperienza cosciente nella sua interezza piuttosto che separare l’esperienza psichica in singoli eventi. Il famoso esempio è quello dell’osservazione di un quadro: il nostro cervello non tende a scomporre il gesto percettivo in linee, punti, cerchi e varie linee curve, bensì favorisce una percezione di insieme che permette di apprezzare il gesto artistico e l’anima profonda di un opera.
E’ della Gestalt Theory la famosa espressione: “L’intero è più grande della somma delle parti“.
Dal 1980 in avanti i neuroscienziati, psicologi, neurologi e psichiatri, hanno ripreso ad interessarsi fortemente al campo di studio della Coscienza, valutando sia gli stati Coscienti fisiologici che quelli alterati da patologie o da sostanze. Gli utilizzi di tecnologie avanzate per lo studio del funzionamento del cervello hanno incredibilmente accelerato il processo di localizzazione dei meccanismi di funzionamento organici della Coscienza all’interno del Cervello.
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