L’espressione “Post-Verità”, divenuta ormai una parola a se stante, ha subito un trend di crescita esponenziale nel suo utilizzo nel corso degli ultimi anni.
Questo termine definisce una situazione nella quale il parere di un gruppo di persone viene fortemente condizionato da elementi emotivi e suggestivi mentre l’oggettività dei fatti è messa in secondo piano.
Un concetto analogo a quello di Post-Verità è stato, negli anni ’90, quello di Reality Distortion Field applicato nell’ambito delle scienze di marketing.
Il voler presumere che un fatto vero, evidente e verificabile possa avere, a livello mediatico, un valore superiore ad una bugia facile e rassicurante, e un errore che, ormai, nessuno può più permettersi di fare. E questo non vale solo in questa nuova fase del dibattito politico dove la ricerca del vero è stata definitivamente abbandonata. La Post-Verità sta iniziando la sua rapida contaminazione in aree del sapere umano ben più preoccupanti: medicina, sociologia, scienza e, addirittura, filosofia.
L’Era della Post-Verità è una gentile concessione linguistica a quella che molti, forse più pragmaticamente, preferiscono definire l’Era delle Stronzate.
Sta di fatto che è sotto gli occhi di molti come i fatti oggettivi siano sempre meno influenti, nel formare l’opinione di grandi e piccoli gruppi sociali, rispetto all’utilizzo di elementi emozionali, alle credenze personali o ancora alla ridondante ripetizione online di opinioni soggettive tutt’altro che verificabili.
Il termine è diventato comune nel corso del 2016 in relazione ad alcuni eventi politici e sociali di rilievo: il referendum sulla Brexit in UK, la vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali negli USA, il Referendum Costituzionale italiano del 4 dicembre, la crescente preoccupazione per le Fake News sul web. Ci sono poi, in relazione a grandi avvenimenti, numerosi esempi di artisti della Post-Verità, come i provocatori di professione, opinionisti, alcuni giornalisti, sostenitori di partiti politici, ed altre persone che hanno trovato lavoro nel campo della produzione di contenuti Post-Verità.
Secondo l’autorevole Oxford Dictionary, che ha eletto il termine Post-Verità “parola dell’anno” nel 2016, questo termine fu usato per la prima volta nel 1992, in un articolo scritto sulla rivista The Nation dal drammaturgo serbo-americano Steve Tesich, nel quale si affermava che, rispetto alla copertura mediatica successiva alle rivelazioni dello scandalo Watergate, quelle più attenuate offerte sullo scandalo Iran-Contra e sulle prime fasi della Guerra del Golfo rappresentavano la dimostrazione di come “noi, come popolo libero, abbiamo liberamente scelto di voler vivere in una specie di mondo post-verità”.
Non si tratta, quindi, di semplici bugie, anche se naturalmente le bugie abbondano. Il concetto di “Post-verità” è, appunto, più vicino a quello filosofico di “stronzata” ovvero alla perdita di ogni tipo di interesse per la ricerca del vero. Questo ha un significato ben più profondo, a mio parere.
Infatti, solo perché un contenuto sia definibile come una “stronzata” (ehm… meglio Fake News…) non è detto che non sia stato accuratamente pensato, ben cesellato e rifinito a dovere. Al contrario, ciò che rende alcuni “Artisti della Stronzata” così abili è proprio la loro incredibile capacità di impostare il discorso al confine di ciò che è giudicato accettabile dai più, espandendolo ogni tanto oltre il confine tramite uno stile comunicativo funambolico: quando parliamo di “Stronzate” non dobbiamo dimenticarci che non c’è solo l’aspetto contenutistico, ma abbiamo anche un registro espressivo e diverse modalità comunicative molto persuasive.
Va anche detto che per molti potrebbe avere dei risvolti antidemocratici l’avere coniato il termine “post-verità”, il cui utilizzo potrebbe preparare il terreno ad un giro di vite sulla libertà di espressione. Una sorta di paradosso nel paradosso. E’ senz’altro vero che circa otto anni fa si sprecavano gli articoli su quanto fosse fantastico e contemporaneo Obama proprio perché usava i social network per la sua campagna elettorale. Oggi invece abbiamo capovolto il concetto perché ha vinto Donald Trump. Forse anche il termine Post-Verità è, per certi versi, troppo ingenuo, senza dubbio troppo generico.
Non sarà che il termine Post-Verità diventerà semplicemente un modo elegante e persuasivo per definire “la balla dell’altro”, mentre la nostra, di balla, per reazione tenderà ad acquisire nuova dignità e maggiore valore?
La Post-Verità è sempre stata presente, ad esempio, nel linguaggio degli affari, così come nelle prediche domenicali dei parroci di provincia o nelle ramanzine di mia Nonna. Solo che in questi ambiti tutti, intimamente, conoscono il gioco. Questa intima consapevolezza rende il gioco, tutto sommato, onesto.
Quando invece la Post-Verità (o la produzione di stronzate, che dir si voglia…) viene applicata in ambito medico o scientifico la gente non sa che, spesso e sempre di più, anche in questi ambiti si rischia di diffondere la logica del “intanto è tutto un gioco”.
Studi clinici su nuovi farmaci, statistiche, informazioni sulle condizioni climatiche del pianeta, nuove cure, pseudoscienza e chi più ne ha più ne metta, stanno diventando contaminate da contenuti Post-Verità.
Il rendersi conto di questo è, di per se, disastroso sul piano della nostra personale stabilità psichica, dato che si rischia di perdere fiducia in quelle istanze, di per loro fortemente paterne, che regolano la nostra sensazione di sicurezza e di solidità, proprio perché avamposti ultimi della ricerca del vero.
Se la medicina, la scienza e la filosofia rischiano diventare un terreno non più sacro ed inviolabile, allora siamo davvero rovinati: noi esseri umani sappiamo benissimo, come dei bambini cresciuti, quali sono i veri ambiti sacri, le terre di confine dove davvero si esercita l’eroismo degli esseri umani. Non sono certo la politica, la religione o le prediche delle Nonne. Sappiamo che la ricerca della Verità è sempre stata relegata nei silenziosi ambiti della scienza, della filosofia e della medicina. Oggi come ieri.
Come fare a difendersi? Forse per trovare le energie utili a studiare strategie adeguate dovremmo passare ancora un pochino di tempo a convincerci per davvero che la diffusione della Post-Verità ha un potenziale davvero deleterio per noi esseri umani.
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[…] una specie di inconsapevole perdita di interesse per il vero, una inconscia attitudine alla post-verità. Ovviamente la lista non è completa, per avere un’idea di tutti i Cognitive Bias che […]