Essere buoni genitori implica il raggiungimento, ed il mantenimento, di un delicato equilibrio interiore dei singoli componenti della coppia, del rapporto di coppia stesso e poi di una adeguata relazione della coppia con i figli.
Il significato del termine “genitorialità” è stato, nel corso del XX secolo, in continua evoluzione. Grazie al contributo di discipline molto diverse tra loro (pedagogia, filosofia, neuroscienze, sociologia, antropologia), ha raggiunto una sempre maggiore complessità, divenendo sempre più ramificato nei suoi significati.
Essere genitori, in molte culture del passato ed in alcuni contesti arretrati attuali, viene confuso con la funzione biologica di mettere al mondo dei figli, di nutrirli e di condurli “vivi e vegeti” all’età adulta; in effetti il concetto di genitorialità non può essere neppure minimamente considerato sovrapponibile al concetto di fornire cure e sostentamento a chi ne ha bisogno, figli biologici o adottivi che siano.
La vera Funzione Genitoriale si genera nel momento in cui la coppia dei genitori riesce a fornirsi di uno spazio mentale stabile nel quale sia possibile pensare ad un figlio o ad una figlia in sicurezza, serenità e nel quale, con gradualità, i figli possano sentirsi loro stessi perché autonomi e perché pensati da qualcuno.
Sono spazi interni ed esterni nei quali convergono molti elementi che riguardano le caratteristiche dei singoli genitori, della coppia genitoriale, dell’ambiente nel quale si sviluppa una famiglia e del rapporto che tutti questi elementi hanno con la progenie.
Un punto di vista più psicologicamente orientato vede la genitorialità come una parte fondante della personalità di ogni persona, al di la che si sia concretamente genitori o meno: si tratterebbe di uno spazio interno dinamico che inizia a formarsi nell’infanzia quando a poco a poco interiorizziamo i comportamenti, i messaggi verbali e non-verbali, le aspettative, i desideri, le fantasie (e tutte le eventuali anomalie di queste componenti) dei nostri genitori.
Quindi il primo dato su cui ragionare è che, verosimilmente, la Genitorialità della coppia attuale che si vuol prendere in considerazione, dipende anche da tutte le forme di genitorialità precedenti: avremo infatti un “Genitore Interno” che sarà formato dalle varie interazioni reali e fantasmatiche con tutte le figure adulte significative che si sono occupate di noi nel passato. Ovviamente la Genitorialità non dipenderà solo da questa catena a ritroso, ma saranno anche presenti, e fortemente influenti, le interazioni presenti tra i due genitori e tra i genitori e l’ambiente.
Un modo pratico per avvicinarsi alla complessità di ciò che chiamiamo Genitorialità è quello di analizzare le sue funzioni o meglio i suoi modi di manifestarsi:
(1) Funzione PROTETTIVA: Consiste nel fornire relazioni costanti di accudimento, con particolare riferimento al bisogno del bambino di avere protezione fisica e sicurezza. E’ la tipica funzione biologica ed antropologica del genitore che offre cure e sostentamento adeguati ai bisogni del bambino. La funzione protettiva più di tutte determina il legame di attaccamento. Nel caso degli esseri umani vi sono numerosi studi ed evidenze scientifiche che dimostrano come il fattore propulsore dello sviluppo umano non sia tanto il nutrimento effettivamente ricevuto quanto il veder soddisfatto il proprio bisogno di percepire la solida vicinanza emotiva delle figure genitoriali. Inoltre la funzione protettiva non deve essere considerata come una funzione limitativa e generante angoscie rispetto all’ambiente esterno alla casa, quanto piuttosto una funzione facilitante l’esplorazione del mondo mediante la creazione di una facile uscita e rientro nell’ambiente famigliare, che non generi angosce ne di intrappolamento, ne di espulsione.
(2) Funzione AFFETTIVA: Non consiste semplicemente nella capacità di voler bene e di esprimere in maniera appropriata l’affetto, quanto piuttosto la capacità di entrare in risonanza emotiva con l’altro senza esserne assorbito o inglobato e senza obbligarlo a rispondere con le stesse modalità comportamentali. Il desiderio di vivere emozioni positive con il proprio figlio è la base psicodinamica della funzione affettiva.
(3) Funzione REGOLATIVA: Questa funzione va intesa come la capacità che il bambino possiede, in misura più o meno sviluppata, fin dalla nascita di gestire in maniera appropriata i propri stati emotivi ed organizzare le risposte comportamentali adeguate che ne derivano. I genitori possono fornire nuovi esempi di modalità regolatorie: mediante l’imitazione delle strategie osservate nei genitori il bambino può aumentare o deteriorare le sue capacità auto-regolatorie innate.
(4) Funzione NORMATIVA: E’ una sorta di evoluzione della funzione regolativa, stabilisce una struttura di riferimento che definisce i diritti ed i doveri, i privilegi e le limitazioni di ognuno. Consiste nella capacità di dare dei limiti e di edificare una cornice di riferimento che permetta di vivere dentro una struttura di comportamenti coerenti. Dare regole, infatti, non è sufficiente, bisogna anche motivarle, ossia farne comprendere il senso profondo, e preoccuparsi che tali regole non siano antitetiche tra loro o asservite al volere dei genitori.
(5) Funzione PREDITTIVA: Molto semplicemente questa funzione consiste nella capacità di intuire quale momento evolutivo sta attraversando il proprio figlio e verso quale nuova tappa si sta spostando, in maniera tale da agire comportamenti e atteggiamenti che favoriscano questo passaggio. Una difficoltà a questo livello può comportare una serie di disturbi evolutivi sul piano somatico, cognitivo e motivazionale.
(6) Funzione RAPPRESENTATIVA: Ogni genitore dovrebbe portare dentro un’immagine del proprio figlio che rispecchi ciò che il figlio è realmente. Per funzione rappresentativa si intende la capacità dei genitori di modificare continuamente le proprie rappresentazioni mentali del bambino in base alla sua crescita e all’evolvere delle sue capacità di relazionarsi, facendo concretamente nuove proposte o ponendo attenzione nel modo di relazionarsi con lui/lei.
(7) Funzione SIGNIFICANTE: Secondo il pensiero di Bion la Madre è portatrice di significato ai bisogni, ai gesti ed alle manifestazioni emotive del bambino. Il saperlo fare in maniera appropriata genera nel bambino la sensazione di vivere in un mondo che ha senso. Inoltre il saperlo fare dipende a sua volta dal significato che ha per il genitore la relazione con il suo bambino in quel particolare momento della sua vita e con il significato che lui attribuisce al suo essere genitore.
(8) Funzione FANTASMATICA: Il mondo fantastico dei genitori è altamente influenzante lo sviluppo dei figli. È importante che il bambino sappia che posto occupa nelle fantasie e nei sogni dei suoi genitori. “Nella stanza di ogni bambino ci sono dei fantasmi. Sono i visitatori del passato non ricordato dai genitori; gli ospiti inattesi al battesimo.” cit. Selma Fraiberg
(9) Funzione PROIETTIVA: Questa funzione può essere fatta rientrare nella più ampia funzione fantasmatica ma viene definita a parte per l’importanza che il narcisismo genitoriale ha nelle dinamiche proiettive, infatti ogni genitore proietta sul figlio molto di se stesso. Questa funzione simboleggia il fatto che il nostro figlio/figlia viene amato anche per il fatto che in lui amiamo noi stessi. Quando non c’è questa consapevolezza, i genitori affidano inconsciamente ai figli il compito di correggere il loro passato e di riscattarli con i successi che loro “pretendono” da loro.
(10) Funzione TRIADICA: Rappresenta la capacità dei genitori di avere tra loro un’alleanza cooperativa fatta di sostegno reciproco, è il “gioco di squadra” tra genitori e figli. In altri termini, è il vivere la relazione tra la coppia ed i figli come spazio in cui può non sussistano gelosie, rivalità, o intrusioni.
(11) Funzione DIFFERENZIALE: La genitorialità ha due modi di esprimersi, quella materna (femminile) e quella paterna (maschile), che non si fondono tra loro ma agiscono in armonia nel rispetto delle differenze di ruoli. Non va commesso l’errore di attribuire esclusivamente alla donna la funzione materna e all’uomo la funzione paterna, in quanto tali modalità sono presenti in entrambi i genitori.
(12) Funzione TRANSGENERAZIONALE: E’ una funzione che ha dei legami con la storia della propria famiglia. In pratica il figlio/figlia viene inserito dentro una storia famigliare, una narrazione, che potrà essere sia reale, sia immaginata, ma sempre coerente e generatrice di significato. L’esercizio di questa funzione favorisce il senso delle radici, fatte di legami, trasmissioni e continuità.
Quali sono i Disturbi e le Anomalie della Funzione Genitoriale?
Nella società contemporanea divenire genitori rappresenta probabilmente il principale rito di passaggio all’età adulta.
Ogni genitore dovrebbe ricordare che con la generazione di un figlio assume la responsabilità genitoriale, per la quale dovrebbe aver raggiunto e consolidato una certa stabilità e maturità psicologica, autosufficienza e responsabilità nel guidare la prole in modo positivo, con amore e con rispetto, consapevole che a plasmare la personalità saranno gli esempi e gli stili di relazione agiti nella quotidianità.
D’altra parte la nascita di un figlio e il legame che si viene a generare tra la madre, il padre ed il neonato, inevitabilmente riattiva dinamiche intrapsichiche connesse alle rispettive esperienze infantili.
Ad esempio la nascita di un figlio implica nel mondo interno del padre e della madre una nuova organizzazione psichica che presuppone l’elaborazione della perdita dello loro proprio status di figlio/a. Quando l’elaborazione di questo cambiamento non è avvenuta e uno o ambedue i genitori non sono disposti a rinunciare al loro legame infantile/adolescenziale con le loro figure genitoriali, si evidenzieranno nella relazione con il figlio tracce sintomatiche di questa dipendenza sotto forma di scenari narcisistici e di competizione con i figli, non appena si presenterà l’occasione.
In effetti la prole rappresenta una calamita che attrae tutte le possibili alterazioni psicopatologiche dei singoli genitori o del loro essere coppia.
E’ possibile riassumere alcune caratteristiche tipiche della Genitorialità Patologica sebbene, la maggior parte delle volte, si assista a quadri misti e sfumati l’uno nell’altro. In realtà la lista che ho riassunto di seguito ha il valore di orientamento generale e di spunto per comprendere alcune caratteristiche “chiave” di modalità anormali o addirittura patologiche dell’essere genitori.
Sarà possibile rilevare nei vari modelli che ho raffigurato, una o più alterazioni delle funzioni genitoriali riassunte in precedenza.
Il Genitore Freddo
E’ questa un’alterazione della genitorialità caratterizzata da una disponibilità generale non sufficiente nei confronti dei figli, con uno stile relazionale basato sull’evitamento e sulla distanza emotiva. Sono presenti in questo caso alterazioni sia della (1) Funzione PROTTETTIVA, sia della (2) Funzione AFFETTIVA, e si rilevano strategie di accudimento caratterizzate dal mantenimento di una evidente distanza relazionale.
Questa tipologia genitoriale è portata a disattivare frequentemente il sistema di accudimento classicamente inteso, con comportamenti di evitamento, di sottostima e di svalutazione delle richieste di attaccamento della prole, ponendo attenzione prevalente ai propri bisogni. Genitori di questo tipo tendono a minimizzare o, addirittura, a negare i bisogni di attaccamento dei figli, sottostimando le conseguenze evolutive, con massiccia esclusione dell’aspetto affettivo dell’esperienza genitoriale.
Lo stato mentale di distanziamento opera attraverso tre Meccanismi: (1) idealizzazione dei propri genitori, (2) assenza di memorie rilevanti relative alla propria infanzia, (3) negazione dell’esperienza emotiva dell’attaccamento propria e dei figli.
A livello emotivo questi genitori mostrano una certa impermeabilità affettiva nei confronti dei loro bambini, mettendo in atto comportamenti freddi e distanti, con una più o meno evidente avversione per il contatto fisico che sarà agito sempre in maniera fasulla ed impacciata. Sono inoltre caratterizzati da bassi livelli di sensibilità e sostegno emotivo e risposte poco intense alle manifestazioni di disagio dei figli. A livello disciplinare mostrano la compresenza di stili autoritario e permissivo, poco congruamente alternati.
Tali genitori favoriscono una forma di attaccamento ansioso-evitante, con l’obiettivo inconscio di minimizzare l’espressione dei bisogni di attaccamento dei loro figli, che non sanno gestire.
Da parte loro i bambini hanno imparato precocemente che i loro genitori non sono accessibili e disponibili ad ascoltare le loro necessità, in quanto non apprezzano e non accolgono le loro richieste istintive di vicinanza: questo può comportare il convincimento che cercare il conforto e il sostegno degli altri possa essere un’operazione infruttuosa.
In base a tutte queste esperienze, i figli dei genitori Distanzianti e Svalutanti costruiscono una rappresentazione di loro come vulnerabili, non amati e rifiutati, perchè possono essere fonte di fastidio: questi bambini adottano delle strategie finalizzate a minimizzare l’espressione dei bisogni di attaccamento, imparando quindi a non portare attenzione alle loro angosce, a mascherare il proprio disagio e tentare di controllare l’espressione delle emozioni, evitando di manifestare le loro richieste per non infastidire inutilmente gli altri, come avveniva con i genitori.
Il Genitore Instabile
Questo stile genitoriale è caratterizzato da una disponibilità instabile nei confronti dei figli, con oscillazioni a metà tra l’incertezza ed il controllo. Questa incostanza ed instabilità di fondo si basano su di un’autostima ed un’autoefficacia a loro volta molto instabili.
Il Genitore Incerto e Preoccupato esprime ansia, insicurezza e costante preoccupazione, che generano difficoltà nella capacità di reazione agli imprevisti: ciò avviene in risposta ad un’evidente difficoltà ad identificare e padroneggiare gli stati mentali propri e degli altri, figli inclusi, che comporta difficoltà nel contenere l’angoscia del bambino e ad affrontare le situazioni difficili.
Questo assetto genitoriale compromette la (5) Funzione RAPPRESENTATIVA, (6) la Funzione PREDITTIVA e quella (10) TRIADICA.
Si può immaginare che questi genitori possano riuscire a rispondere, in qualche maniera, ai bisogni dei loro bambini, non venendo meno ai compiti di protezione e cura, ma il loro stile di accudimento non è equilibrato, e nelle rappresentazioni mentali riguardo l’attaccamento sono preoccupati, in quanto appaiono ancora eccessivamente invischiati nelle loro proprie esperienze affettive precoci che non hanno risolto completamente.
La percezione dei figli è quella di esseri dotati di scarsa autonomia, oggetti pericolosi ed alla deriva, che necessitano di controllo costante, per evitare che suscitino in loro emozioni fastidiose o che riattivino un allarme connesso ad esperienze traumatiche del loro passato (ad es. abbandoni o perdita della figura genitoriale).
Una strategia di attaccamento di tipo ansioso-resistente o ambivalente è intimamente connsessa alla convinzione che i figli non sappiano cavarsela da soli e che necessitino di un approccio altamente direttivo che possa suggerire loro una linea di comportamento: incoraggiano la dipendenza e scoraggiano l’esplorazione e l’autonomia.
A questo fine possono anche utilizzare minacce di abbandono come mezzo di controllo sul bambino.
Questo stile genitoriale potrà, alla fine, generare effettivamente nel bambino una forte ambivalenza nell’esplorazione del mondo ed una simmetrica paura ed ansia che lo potrà condurre a sviluppare tratti personologici analoghi a quelli genitoriali.
Il Genitore Spaventato, Inerme e Spaventante
I Genitori Inermi e Spaventanti mettono in atto una modalità di relazione caratterizzata da asserzione di potere, aggressività e scarsa disponibilità: paura, imprevedibilità, ostilità e controllo sono i tratti di personalità prevalenti.
Queste caratteristiche sono connesse all’ostentazione di una grossa difficoltà a vivere i compiti parentali con alterazioni della (1) Funzione PROTETTIVA, (3) Funzione REGOLATIVA, (5) Funzione PREDITTIVA.
Le caratteristiche salienti di queste figure genitoriali abnormi sono: (1) incapaci di creare un contesto che favorisca l’apprendimento, (2) fallimento nel riconoscere e contrattare in maniera efficace e graduale le richieste di indipendenza, (3) utilizzo di strategie relazionali basate sulla competizione, (4) mostrano atteggiamenti altamente intrusivi, coercitivi e seduttivi, (5) esprimono costanti bassi livelli di autostima nell’esercizio della genitorialità, (6) possono fare uso di alcool e/ droghe, (7) hanno subito esperienze traumatiche, di abbandono o di perdita.
Questi genitori sono, quindi, Non risolti perché portano dentro di loro ricordi di eventi traumatici non risolti ed una paura costante in seguito ad esperienze significative di perdita, violenze o abusi che non sono stati elaborati. Appaiono quindi come Spaventati e Spaventanti perché si sentono impotenti, vulnerabili, non protetti e indifesi e, durante la relazione col figlio, possono mettere in atto risposte di paura, collera smarrimento ed estraniazione come conseguenza sia dell’intrusione di idee sia della sensazione di poter perdere il controllo o di essere privi di ricorse e capacità di accudimento.
Questi genitori Inermi, Spaventanti e Non Risolti sono portati a considerare gli errori ed i comportamenti sbagliati dei figli in due modi, a seconda dei quali modificheranno i loro comportamenti: (1) intenzionalità del comportamento del figlio, con conseguente attuazione di strategie più severe, divenendo altamente controllanti, fisicamente coercitivi o violenti, (2) inefficacia del genitore nel ruolo parentale, con conseguente tendenza a rinunciare all’accudimento e alla supervisione.
In conclusione i genitori Inermi, Spaventanti e Non Risolti tendono a dare il via ad una lotta per il potere ed il controllo sulla relazione, attraverso comportamenti che saranno aggressivi, intrusivi e punitivi, alternate alla rinuncia dell’esercizio del ruolo parentale, considerato come inutile, trascurando i bisogni essenziali dei figli, inducendo in loro stati mentali drammatici, disorganizzati e non integrati che condurranno a fallimenti relazionali in età adulta.
Il Genitore con Personalità Narcisistica
Un piccolo capitolo a parte va, secondo me, dedicato alle figure genitoriali di tipo “narcisistico”, che esprimeranno alterazione prevalenti della (9) Funzione PROIETTIVA, ma anche di quasi tutte le altre funzioni genitoriali precedentemente descritte.
Sembra essere noto a tutti che colpevolizzare i figli, insultarli o denigrarli in pubblico o nel contesto del Sistema Famiglia, sono azioni di scarso valoro educativo, che danneggiano l’autostima, rendendo i figli insicuri delle proprie sensazioni. Allo stesso modo la Punizione crea un falso senso di successo disciplinare poiché interrompe momentaneamente il comportamento indesiderato ma, in realtà, innesca comportamenti scorretti da parte dei figli ed escalation future di violenza o di manipolatività reciproca.
Non è sicuramente facile capire dove sta il limite tra un normale sbotto genitoriale, un momento di debolezza o di insicurezza educativa e un comportamento persistente di maltrattamento emotivo. Nell’ambito di un genitore con stile educativo narcisistico è di sicuro assente la revisione del proprio comportamento e l’assenza di riconoscimento dei propri sbagli. Questo implica la presenza di errori educativi del tipo citato in precedenza.
I genitori patologici possiedono la capacità di non rivelare le loro caratteristiche interne ed il loro vero volto quando sono in società, poiché è l’esperienza educativa ad elicitare le loro caratteristiche disfunzionali, al contrario i loro famigliari, figli e anche partner, possono vivere tutti i giorni un trauma sordo e ripetitivo.
Ad esempio la personalità narcisistica, che è spesso un collante di molte personalità genitoriali patologiche, conosce la perversa “arte di non dubitare mai”, e nel contesto educativo esprimerà degli elementi di manipolatorietà che condurranno non solo a negare gli eventi che non valorizzano le proprie tesi personali aprioristiche, ma riuscirà perfino a convincere la prole che questi eventi “scomodi” non si sono mai verificati tanto da spingere gli interlocutori a dubitare delle loro stesse percezioni. Una sorta di Effetto Gaslighting nel quale l’unico guadagno secondario è un rinforzo narcisistico, assolutamente necessario poiché il narcisista è anche una persona molto insicura.
Il genitore con personalità narcisistica ha dei problemi con la gestione delle proprie emozioni derivate da un rapporto con i suoi stessi genitori altamente instabile, ambivalente o “freddo”. Questo non significa che non esprima le proprie emozioni, ma quando ciò avviene sono poco appropriate alle circostanze: per un dettaglio si scatena una sfuriata, oppure è capace di mantenere il broncio a lungo, anche se poi può svanire come se il motivo della disputa non fosse mai esistito.
L’elemento educativo fallimentare è rappresentato dall’Imprevedibilità e dall’Incongruità di ciò che viene espresso. Spesso sono i figli a trovarsi nella posizione di supportare emotivamente la figura genitoriale e non il contrario.
I narcisisti tendono ad avere un’autostima esagerata e la loro debolezza di base è legata al fatto che fondano la loro identità sulle lodi e le approvazioni altrui. Questo deriva dallo scarso spazio mentale che i genitori originari hanno dato loro, costringendoli ad autoattribuirsi capacità e successi per evitare la depressione. Le loro relazioni personali sono quindi superficiali e basate prevalentemente su come le altre persone li vedono, con scarso o assente valore dato alle esperienze degli altri.
Il meccanismo di coping della famiglia dominata da istanze narcisistiche assume le caratteristiche di una identificazione in una sorta di “Team” o di “Lavoro di Squadra” di fatto snob, idealizzato ed inesistente; per evitare una sorta di depressione famigliare secondaria alla scoperta che il gruppo famigliare è, a conti fatti, non superiore ed elitario ma fallimentare, le relazioni con l’esterno saranno scarse, intermittenti, motivando il tutto con una costante denigrazione delle altre famiglie, degli altri individui. Chiunque provi ad avvicinarsi troppo alla famiglia, in particolare nell’adolescenza della prole, verrà vissuto come un sabotatore con cattivi intenti.
L’ansia, la paura di fondo ed il timore di non essere adeguati, tipico dei genitori narcisistici, li condurrà a fornire ai figli un immagine del Mondo esterno come pericoloso e poco gratificante, caratteristiche che, in realtà, esistono all’interno della famiglia.
Diversi sono i sottotipi di Genitori Narcisistici: fusionali (“per i quali i figli sono un loro prolungamento e non possono fare la propria vita”), ma anche bugiardi, infantili (“scimmiottano gli adulti ma sono solo bambini mai cresciuti”), invasivi, fagocitanti, invidiosi, etichettanti (“il figlio è grasso o troppo magro, brutto, incapace”), anaffettivi, rifiutanti, fino ad arrivare agli estremi di essere molestatori, crudeli, sadici, masochisti, violenti, seduttivi, abusanti, patologici.
Poco importa che sia la paura, l’assenza di una solida immagine di se, le scarse attenzioni materne o figure paterne emotivamente fragili o addirittura assenti, il risultato sarà quello di generare figli che avranno scarsa percezione di loro stessi, dei loro desideri, delle loro esigenze o obiettivi, con la costante incapacità di dire “Io Conto”, lasciando che la gente li calpesti perché non riconoscono le loro necessità e non sanno come esternarle.
Cercando, inconsapevolmente, di non essere narcisisti a loro volta alterneranno fasi di sottomissione ad altre di aggressività per improvviso recupero degli elementi narcisistici genitoriali la presenza dei quali al loro interno li angoscia terribilmente.
Il Genitore con Disabilità Fisiche
E’ una caratteristica che può comportare elevato disagio educativo con compromissione della (1) Funzione PROTETTIVA.
Nei casi di Genitori con Disabilità Fisiche di particolare rilevanza sono le difficoltà socio-economiche, di supporto sociale e di conflittualità coniugale che possono essere associate alla situazione di disabilità. Tali elementi conducono ad un sostanziale peggioramento delle cure genitoriali.
I figli tenderanno spesso ad assumere il Ruolo di Caregiver, che se assunto in modo saltuario può rivelarsi positivo, ma se assunto in modo stabile comporta una compromissione del normale sviluppo, un rischio maggiore rispetto agli incidenti domestici e la possibilità di disagio psicologico e lungo termine. E’ quindi necessario che vengano sviluppati servizi in grado di supportare le famiglie con genitori disabili.
Il Genitore con veri e propri Disturbi Mentali
Alcuni Disturbi Mentali possono essere sviluppati in seguito alla gravidanza: Ansia e Tocofobia (reazioni di ansia o di paura per il dolore del parto), Maternity Blues (malinconia post-partum con sintomi depressivi subclinici), Depressione Post-Partum (umore significativamente depresso, difficoltà a prendere decisioni e a prendersi cura), Psicosi Post-Partum (presenza di deliri e allucinazioni). I Fattori di Rischio sono: caratteristiche della personalità, storia precedente di disturbi psichici, disturbo disforico premestruale, prima esperienza di parto, temperamento difficile del bambino, mancanza di supporti sociali e condizioni di avversità sociale.
La malattia mentale dei genitori si riflette in maniera negativa anche sulla capacità di adattarsi all’arrivo del figlio, relazionarsi con lui e fornire cure parentali adeguate. Inoltre tende a ridurre il funzionamento sociale precedente alla gravidanza e può comportare notevole stress e profondi cambiamenti.
Sembra che incidano anche il tipo di disturbo e la sua gravità (ad es. madri anoressiche o bulimiche o genitori psicotici o abusanti), e a seconda del Disturbo Mentale presente, potranno essere compromesse una o più di una delle varie funzioni genitoriali descritte all’inizio del capitolo.
Inoltre i genitori con disturbi psichici possono sopravvalutare le potenzialità dei figli, caricandoli di responsabilità sproporzionate rispetto all’età e cercando di attuare una dannosa Inversione dei Ruoli.
Nel caso di genitori con disturbi mentali i rischi principali sono: condizioni di trascuratezza, abuso o maltrattamento, rischio doppio di sviluppare un disturbo psichico nell’infanzia o nell’adolescenza, sviluppo di caratteristiche mentali collegate a quelle materne (“folié a deux“).
In conclusione la malattia mentale dei genitori, soprattutto se grave, tende ad indurre comportamenti parentali inadeguati, caratterizzati da livelli bassi o discontinui di cura e livelli elevati di controllo e ostilità. Sia i genitori affetti da disturbi psichici che i loro figli sono da considerare un gruppo a rischio e necessitano di un aiuto tempestivo e a lungo termine che ne salvaguardi il rispettivo benessere.
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