Ho già scritto una breve riflessione sull’impulsività (“Elogio dell’impulsività“) connotata fortemente dal paradosso e dall’ironia. Una sorta di gioco per poter parlare delle dimensioni dell’iper-controllo, della finzione e della presentazione fasulla di noi stessi agli altri. Ma che cos’è, in realtà, l’impulsività?
Definizione di Impulsività
L’impulsività può essere definita in vari modi. Tra questi, a mio parere, il più efficace è: “l’incapacità a resistere ad una spinta o tentazione che risulti nociva verso se stessi od altri”. L’impulsività è un aspetto del comportamento difficilmente misurabile in maniera oggettiva che si manifesta con varie alterazioni del comportamento, ovvero impazienza, disattenzione, sottostima dei possibili danni conseguenti ad una azione, facile esposizione al rischio, ricerca di sensazioni “forti” ed in generale di intense sensazioni di piacere, nonchè spiccata estroversione ed espansività relazionale.
L’esperienza soggettiva che si consegue al soddisfacimento di un impulso può includere anche un aumentato senso di attivazione o tensione, prima di cedere all’impulso, seguita da gratificazione o calo della tensione nel momento in cui l’atto è compiuto. Una sorta di acme di piacere connotato da caratteristiche assimilabili a quelle dell’esperienza sessuale.
In senso psicodinamico l’impulsività tende ad esprimersi in personalità iper-emotive, quando la sfera istintuale prende il sopravvento sulla volontà, ovvero quando l’Es, il grande serbatoio della libido, risulta dominare il Super-Io.
In generale non deve essere data per scontata l’associazione tra impulsività e aggressività: un esempio può essere quello del gioco d’azzardo patologico che fa parte dei comportamenti impulsivi senza, per questo, generare aggressività; sul versante opposto, un omicidio premeditato, ovvero un gesto fortemente aggressivo, non prevede in alcun modo un discontrollo degli impulsi.
In generale tutti i disturbi del controllo degli impulsi hanno un impatto non indifferente sulla società, implicano dei costi sociali e sono associati ad una notevole morbilità e mortalità, un ridotto funzionamento della persona (lavorativo, famigliare), comportano incidenti, suicidi, aggressioni e crimini.
Tutti questi comportamenti impulsivi di natura patologica implicano un’incapacità nel resistere ad una spinta verso un atto potenzialmente autodistruttivo, un impennata dell’ansia prima di commettere il gesto ed un allentamento della tensione dopo aver ceduto all’impulso.
Allo stesso modo dell’ansia e della depressione, che possono essere viste come sia come sintomo che come patologia a sè stanti, anche l’impulsività può essere vista sotto entrambe le forme.
Le basi neurobiologiche dell’impulsività non sono ancora totalmente comprese.
Alcune anomalie del tessuto nervoso dei lobi frontali sono state associate a difficoltà nel rimandare od inibire certe azioni impulsive, ed incapacità a calcolare le probabilità del rischio negativo o l’esito di un determinato comportamento.
In effetti l’impulsività fa parte della sintomatologia di base di diverse sindromi del lobo frontale e l’ipofunzione di questo distretto cerebrale è riscontrabile in soggetti impulsivi.
Antonio Rosa Damasio, il famoso neuroscienziato, ha ipotizzato che una determinata condizione emotiva o una variazione emotiva, che accompagna la risposta ad uno stimolo, possa influenzare il processo cognitivo messo in atto nel prendere una decisione; è infatti noto che i pazienti con danni nella parte ventromediale dei lobi frontali non rispondono a stimoli carichi emotivamente, indicando chiaramente che quest’area del cervello è implicata nel processo decisionale.
I ricercatori che stanno studiando il gioco d’azzardo patologico, suggeriscono che i giocatori con lesione della corteccia frontale ventromediale sono insensibili alle conseguenze future, sia positive che negative, e sono guidati esclusivamente da vantaggi immediati.
A queste aree va aggiunta anche l’amigdala poichè è evidente che lesioni a questo livello comportino una disarmonia nella modulazione dei comportamenti aggressivi ed impulsivi con compromissione della capacità decisionale e di modellazione delle conseguenze future delle proprie azioni.
Questa cosiddetta “miopia per il futuro” rappresenta un forte limite per la corretta gestione della propria capacità decisionale.
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