Come più volte abbiamo avuto modo di commentare su questo blog, le nuove tecnologie impatteranno in maniera notevole sulla psichiatria (telepsichiatria, realtà aumentata, cloud, intelligenza artificiale). In quest’ottica vorrei segnalare questa novità relativa a nuovi sistemi di controllo dell’aderenza dei pazienti alle terapie prescritte.
Il neurolettico atipico Abilify , ovvero la molecola dell’aripiprazolo, sarà probabilmente il primo psicofarmaco dotato di una tecnologia in grado di monitorare la sua assunzione da parte dei pazienti ai quali sarà prescritto. Si chiamerà Abilify MyCite, e potrebbe arrivare sul mercato USA già entro un’anno.
L’aggiornamento digitale dell’aripiprazolo verrà messo in commercio dalla azienda farmaceutica Otsuka. Già nel 2012, la FDA aveva approvato la ricerca per lo sviluppo della pillola digitale che potrebbe migliorare l’aderenza alle terapie dei pazienti affetti da malattie mentali gravi.
Come funziona l’Abilify MyCite?
La trasformazione digitale della pillola di aripiprazolo, avviene tramite piccoli sensori deglutibili chiamati Ingestible Event Marker Sensors (IEM), che sono accoppiati al farmaco.
L’Abilify MyCite è un vero e proprio sistema composito tra farmaco e tecnologia digitale che include, oltre alla pillola vera e propria, anche un MyCite-Patch, ovvero un cerotto posto sulla parte sinistra dello sterno, e dall’applicazione per smartphone MyCite-App.: quando la pillola di aripiprazolo viene degluttita il rame, il magnesio e il silicio che contiene generano un impulso elettrico a contatto con i succhi gastrici che viene captato dal cerotto, e poi trasmesso via Bluetooth all’applicazione sullo smartphone
L’applicazione trasferisce i dati al web database presente sul sito di Abilify-MyCite, dove i medici, gli infermieri o i caregiver possono controllare la compliance in vari suoi aspetti. Ovviamente il paziente dovrà esprimere il proprio consenso rispetto la condivisione dei suoi dati.
In teoria questa tecnologia potrebbe essere di aiuto non solo ai pazienti affetti da patologie psichiatriche, ma anche da fasce di popolazione a rischio di aderenza come ad esempio gli anziani. Se questa tecnologia potrà effettivamente essere utile è, ovviamente, tutto da dimostrare.
Inoltre saranno da valutare attentamente alcune questioni, sempre molto delicate in psichiatria, relative al consenso alle cure ed alla privacy.
In sintesi il mio parere è che ogni innovazione può essere utile nella lotta alle malattie mentali, ma non dimentichiamo mai il valore che ha la relazione nel lavoro di ogni medico, in particolare dello psichiatra, e scordiamoci di poterla superare tramite la tecnologia.
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