Ho già scritto in passato un breve articolo nel quale riassumo i principi fondamentali del colloquio motivazionale, un argomento a me molto caro. Se desiderate potete leggerlo qui.
Nel mio percorso formativo, durante gli studi universitari e dopo, ho avuto la fortuna di essere formato e supervisionato in molte occasioni dal Prof. Gian Paolo Guelfi, la persona che ha introdotto in Italia il colloquio motivazionale. Alla passione ed alla competenza di Gian Paolo devo il grande entusiasmo, anzi di più, l’innamoramento che ho avuto nel corso degli anni per il colloquio motivazionale.
In questo articolo vorrei parlare di come il cambiamento rappresenti il vero oggetto di interesse di chi si dedica allo studio ed alla pratica del colloquio motivazionale.
E tu? Sei pronto a cambiare?
Il Cambiamento: il vero oggetto d’attenzione di chi pratica il Colloquio Motivazionale
Vorrei partire da un prospettiva molto chiara: il linguaggio, oltre a permettere di attuare scambi di informazioni, sembra avere, anche e soprattutto, la meravigliosa e misteriosa funzione di cambiare, motivare ed influenzare il comportamento degli altri.
In questo senso il colloquio motivazionale porta particolare attenzione nello studio di quelle che sono le caratteristiche che permettono di rendere efficace una conversazione che ha l’obiettivo di favorire il cambiamento di una persona, in particolare nel contesto di quelle che si definiscono “professioni d’aiuto” (medico, infermiere, educatore, etc.).
Il colloquio motivazionale, sebbene sia nato nel contesto di situazioni professionali nelle quali è presente un comportamento dannoso e disfunzionale sul quale si concentra l’attenzione, può esprimere a pieno la sua efficacia ogni qual volta si realizza un incontro tra due persone impegnate in una conversazione finalizzata ad un cambiamento per uno dei due soggetti coinvolti. É il cambiamento il vero oggetto d’attenzione di chi pratica questo stile di colloquio.
In questa attitudine relazionale, la libertà rappresenta un valore assoluto (quanto meno nelle premesse emotive), che include anche il riconoscimento ed il rispetto della scelta di non cambiare.
In quest’ottica, la caratteristica dell’aiuto che un dato operatore fornirà ad un’altra persona sarà quella di “guidare” e di “accompagnare” mentre l’altro esplorerà le sue proprie buone ragioni che lo spingono verso il cambiamento.
L’Ambivalenza rappresenta il vero freno al cambiamento?
Ogni volta che un essere umano tenta di cambiare o è in qualche maniera incuriosito dalla possibilità di farlo si deve confrontare con il fenomeno dell’ambivalenza. L’ambivalenza è quella funzione della nostra mente che identifica il punto di equilibrio di forze opposte e che ci porta a bloccarci mentre valutiamo sia le ragioni a favore che quelle contro il nostro possibile cambiamento.
In realtà l’ambivalenza è anche il segnale che una persona è sulla strada di un possibile cambiamento… In effetti ci sono persone che potrebbero aver bisogno di attuare un cambiamento ma non possiedono delle buone ragioni per farlo e, in questo caso, l’ambivalenza sarebbe un vero e proprio passaggio evolutivo.
In realtà, al di la del suo essere “buona” o “cattiva”, l’ambivalenza rappresenta il punto dove molto spesso ci si blocca mentre percorriamo la strada verso il cambiamento.
Ho scritto in passato un articolo riguardante il metodo che propongo ai miei pazienti per smettere di fumare che si basa largamente sui principi del colloquio motivazionale: chi fuma conosce molto bene il concetto di ambivalenza, poiché non credo che esista un solo fumatore sulla terra che, nel suo intimo, non sia fratturato da un sentimento a metà tra desiderio e paura di smettere.
Quando una persona vive la sua personale ambivalenza rispetto al cambiamento pronuncia due tipi diversi di affermazioni, spesso mischiate tra loro in maniera caotica. Abbiamo da una parte Affermazioni Orientate al Cambiamento (un tempo chiamate anche Affermazioni Auto-Motivanti) e dall’altra Affermazioni Orientate al mantenimento dello Status Quo (traduzione dell’espressione inglese Sustain Talk).
Una persona in fase di marcata ambivalenza rispetto ad un cambiamento sarà spontaneamente portata a colloquiare miscelando questi due tipi di affermazioni, questo perché l’ambivalenza sembra essere un posto misteriosamente attraente per le persone che devono cambiare. D’altra parte è anche una condizione particolarmente scomoda in cui rimanere.
Quali sono, in sintesi, i rapporti tra colloquio motivazionale e cambiamento?
Si sente spesso affermare che il colloquio motivazionale è, prima di tutto, una conversazione sul cambiamento e che il suo primario obiettivo sia quello di rinforzare la motivazione e l’impegno di una persona a trovare delle sue proprie buone ragioni per cambiare.
Chi pratica il colloquio motivazionale e lo conosce a fondo sostengono che le conversazioni volte al cambiamento non vanno vissute come una lotta che viene vinta nel momento in cui esso si realizza. Una conversazione volta a sostenere il cambiamento di una persona andrebbe vissuta non come una lotta ma come una danza volta ad evocare la propria personale motivazione a cambiare.
Un tempo si credeva che le persone necessitavano di essere educate per cambiare, e che la motivazione andava loro instillata dall’esterno; in realtà il cambiamento di una persona avviene ogni qualvolta si riesce ad evocare qualche cosa che, nella stragrande maggioranza dei casi, è già presente.
In questo senso il colloquio motivazionale non è efficace nel fornire alle persone una motivazione che non hanno già e non deve essere considerato un modo per manipolare le persone, spingendole verso un cambiamento più o meno opportuno. Questo è molto importante che sia chiaro per chi si avvicina a questa tecnica di conversazione.
Il colloquio motivazionale è piuttosto una collaborazione tra chi fornisce e chi riceve aiuto che tenderà sempre a valorizzare ed a rispettare l’autonomia degli individui, con l’obbligatorio preambolo di comprendere il sistema di valori e la cornice di riferimento di chi si desidera aiutare sulla strada del cambiamento.
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