La “fixing reaction”, ovvero l’istinto a mettere a posto le cose…
Il cosiddetto riflesso a correggere, dall’inglese fixing reaction, è una caratteristica molto frequentemente presente in chi esercita professioni d’aiuto. Questa caratteristica, che è poi una predisposizione verso l’alleviare le sofferenze degli altri, rappresenta per certi versi un dono anche se spesso comporta il manifestarsi di atteggiamenti che conducono ad abusare di uno stile eccessivamente direttivo che può risultare controproducente.
La voglia, o per meglio dire la disposizione naturale a “mettere a posto le cose” è una caratteristica di molte persone apprezzate e stimate. Nonostante ciò alcune caratteristiche presenti in coloro i quali mostrano di possedere questo “dono” possono condurre ad uno stile eccessivamente direttivo e brusco.
Capite cosa intendo dire? I professionisti dell’aiuto che presentano un elevato livello di riflesso a correggere sono portati a spingere, ad indirizzare le persone con modalità eccessivamente assertive verso la strada che loro hanno identificato come essere “quella giusta”. Queste modalità di operare sul cambiamento delle persone, in generale, comportano frequenti fallimenti.
Chi possiede, per naturale disposizione, questa grossa voglia di aiutare il prossimo secondo il proprio punto di vista, che spesso è pure giusto e condivisibile, può non rendersi conto che metterà in atto delle strategie di aiuto spesso fallimentari poiché troppo basate sul concetto “so quello che devi fare e ti dico come farlo“.
Questo genere di stile eccessivamente direttivo, nella persona che lo riceve, suscita spesso significati connessi all’obbedienza ed alla scarsa attenzione verso il proprio libero arbitrio, ovvero susciterà molto facilmente delle resistenze.
Eccovi un esempio di colloquio caratterizzato da uno stile eccessivamente direttivo, tratto dal film con Alberto Sordi “Dove vai in vacanza?” nel quale un arrogante e saccente figlio, studente di medicina, mostra di aver completamente assimilato uno stile di relazione con il paziente tipico di una certa classe medica:
Conseguenze del Riflesso a correggere sulla pratica professionale
Come si vede bene dal frammento del film che vi ho proposto, il cosiddetto riflesso a correggere viene alimentato dall’idea che sia necessario convincere, persuadere o addirittura manipolare le persone a fare le cose giuste per il loro bene.
Nella mente di alcune persone, senza dubbio mosse da buoni propositi, vi è l’idea che sia sufficiente fare le domande giuste, dare le informazioni adeguate rispetto ad un problema per far si che una persona prenda consapevolezza di un dato problema e che riesca a percorrere la strada del cambiamento.
Purtroppo non è minimamente cosí.
Le persone che subiscono l’atteggiamento di chi possiede il Riflesso a Correggere tendenzialmente non cambiano, ma addirittura sperimentano sentimenti negativi (rabbia, disagio, impotenza) che favoriscono il mantenimento del comportamento disfunzionale.
Quindi il riflesso a cambiare è presente in quelle persone che avrebbero l’energia e la motivazione ad aiutare gli altri, però sembra essere assolutamente necessario modificare lo stile di approccio con le persone per far si che tutta questa energia positiva non abbia delle conseguenze disatrose e frustranti sia per l’operatore che per il cliente/paziente. Il colloquio motivazionale, a mio parere, sembra possedere le caratteristiche vincenti per rendere questi operatori efficaci solo in potenza, in efficaci a tutti gli effetti.
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