Il Colloquio Motivazionale, per essere assimilato nel migliore dei modi, richiede diverse abilità e consapevolezze che vanno ben al di la delle tecniche sulle quali ci si focalizza durante il suo insegnamento: si tratta, in realtà, di riuscire ad avvicinarsi il più possibile a quello che Rollnick e Miller chiamano lo spirito fondante del colloquio motivazionale. Di cosa si tratta? Di quali consapevolezze stiamo parlando in questa parte così importante della formazione?
Prima di leggere questo articolo, nel caso ne abbiate bisogno, vi consiglio di leggere il mio articolo introduttivo sul colloquio motivazionale.
Sono ormai diversi anni che i due “creatori” del colloquio motivazionale insistono sul concetto di spirito fondante e su quella che potremmo definire la prospettiva di fondo con la quale si pratica questa forma di conversazione sul cambiamento.
In estrema sintesi imparare le tecniche del colloquio motivazionale non deve corrispondere ad una loro applicazione magica o manipolativa su di un cliente che viene indotto a fare una specie di “scelta saggia”, in una sorta di battaglia dove superare in astuzia una persona che alza le sue resistenze rispetto al cambiamento.
In quest’ottica di giusta predisposizione all’assimilazione delle tecniche, sarà indispensabile, come prima cosa, avvicinarsi ai quattro elementi chiave dello spirito del colloquio motivazionale:
(1) La Collaborazione
Ogni volta che si opera su di un cliente con il colloquio motivazionale è indispensabile sgomberare il campo dall’ipotesi che vi sia un “maestro”, un “esperto” che agisca su di un alunno o su di un destinatario passivo di ipotetici buoni insegnamenti. In quest’ottica, ogni seduta va intesa come l’incontro tra due esperti: l’operatore come esperto della tecnica ed il cliente come massimo esperto di se stesso. Solo una collaborazione attiva condurrà a buoni risultati, tenendo sempre in mente la metafora proposta da Miller e Rollnick: il colloquio motivazionale non è un confronto od una battaglia, è una danza.
(2) L’Accettazione
Profondamente connesso allo spirito del primo principio, la collaborazione, vi è il sentimento di profonda accettazione del cliente in tutta la sua interezza secondo i principi di Carl Rogers (assoluto valore della persona, accurata empatia, valorizzazione dell’autonomia e sostegno). Ovviamente accettare una persona non significa approvare le sue azioni, anzi l’approvazione o meno non è rilevante ai fini di attuare dei validi colloquio sul cambiamento.
(3) La Propensione all’Aiuto
Anche in questo caso è importante sottolineare che l’atteggiamento della propensione all’aiuto non è connesso a vissuti emotivi di simpatia, affinità o identificazione. Neppure il soffrire insieme è un sentimento affine a questo stato d’animo di propensione. Come descrivono Miller e Rollnick, la propensione all’aiuto è la semplice scelta di impegnarsi a ricercare e a favorire il benessere degli altri, in maniera tale che la fiducia che si riscuote sia realmente meritata.
(4) L’Evocazione
Il colloquio motivazionale si differenzia dalle altre forme di aiuto per il fatto che esso non pretende di inserire concetti o rivelare verità nascoste al cliente. Quello che si tenta di fare è invece un costante tentativo di evocazione di proprie personali buone ragioni che possano spingere il cliente al cambiamento. La premessa è che le persone posseggano già al loro interno tutte le risorse necessarie per percorrere la strada del cambiamento ed il ruolo dell’operatore è quello di saperle evocare. Non si tratta quindi di saper dare buone lezioni, ovvero di installare delle verità nella testa del cliente; il punto è quello di affidarsi al significato etimologico del termine “educare” ovvero tirare fuori, far emergere ciò che si suppone che il cliente possegga già.
Per concludere si può solo sottolineare come questi pre-principi che devono predisporre ad una buona assimilazione del colloquio motivazionale, siano affini alla tradizione di lunga durata delle cure centrate sulla persona, come il counseling centrato sul cliente (Rogers, 1965) oppure la medicina centrata sul paziente (Laine e Davidoff, 1996). In definitiva il fulcro dell’intervento tipico del colloquio motivazionale consiste nel porre al centro dell’intervento il punto di vista del cliente.
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