Che cosa succede al nostro cervello (e quindi alla nostra mente) quando siamo in coma? O quando siamo sotto anestesia? Oppure quando siamo alla fine della nostra vita?
Non dimentichiamoci che la nostra psiche, cosí come il tessuto nervoso che la genera, rimane in qualche modo attiva e funzionante sino all’ultimo secondo prima della nostra effettiva morte, di conseguenza ha sempre senso prendersi cura del benessere mentale di chi si trova in stati di coscienza diversi dal normale stato di veglia.
Allo stesso modo in cui molti studiosi si dedicano allo studio del sonno, ovvero della più comune e fisiologica condizione di coscienza diversa dalla veglia, pochi neuroscienziati portano attenzione a un area di studio “di confine” molto complessa ed affascinante, ovvero come avere cura del benessere mentale di chi si trova in uno stato di coscienza cosiddetto “attenuato” (dal normale sonno sino allo stato di premorte).
Le domande in questo ambito, poste sia da famigliari che da medici, sono spesso simili:
- Come ci si prende cura di una persona in coma, in anestesia o in condizione di pre morte?
- Come comunicare con una persona in stato di coscienza attenuata?
- Ci sono delle terapie farmacologiche adatte a rendere queste esperienze limite della nostra esistenza terrena più accettabili o addirittura a farcele esperire in serenità?
- Come fare a quantificare la sofferenza di chi si trova in queste fasi della vita?
- Come rendersi conto di un miglioramento della sofferenza eventuale di chi non riesce a comunicare in condizione di vigilanza?
Anche se medici e ricercatori spesso non si dedicano in maniera approfondita a rispondere a domande di questo genere, basta trovarsi a stare vicino ad una persona amata che sta vivendo un esperienza di coma, anestesia o pre morte per rendersi conto dell’estrema importanza di trovare risposte adeguate ed interventi concreti per il bene di questo genere di pazienti.
Ora il punto è che, mentre il sonno ha suscitato sempre grosso interesse nei medici, alcuni stati di coscienza come il coma, le fasi di pre-morte e l’anestesia sono state studiate prevalentemente sul profilo organico/biologico ma molto poco nelle dimensioni mentali e psichiche profonde. Questa mancanza di interesse è in parte giustificata dalla difficoltà di analizzare in maniera oggettiva gli stati mentali di queste persone, per un’altra parte non si può non riconoscere le forti emozioni di disagio e di angoscia connesse a questo genere di indagini negli stessi ricercatori.
Purtroppo molte delle conoscenze che abbiamo in questo delicato ed affascinante ambito della nostra esistenza che, prima o poi, riguarda da vicino ogni essere umano, sono da ricondurre ad esperienze aneddotiche, case reports od osservazioni estemporanee spesso colorite da sfumature mitologiche o fantastiche più che da scientificità.
Come ci si prende cura di una persona in coma, in anestesia o in condizione di pre morte?
Sul piano pratico, molti studi, danno indicazioni piuttosto nette: il mantenimento di una relazione verbale, sebbene in apparenza a senso unico, è sempre indicata alla luce che nessuno ha ancora potuto dimostrare la sua inutilità o eventuali controindicazioni. In parole povere rivolgerci con modalità calme e scorrevoli alla persona che si trova in uno stato di coscienza attenuato di qualche genere può migliorare il suo stato psichico interno come alcuni studi di elettrofisiologia e di altro genere dimostrano (1)(2)(3).
Di conseguenza la presenza attiva di un famigliare o di una persona di riferimento che instaura una relazione verbale, tattile o mista, può essere di beneficio nel paziente comatoso, terminale o anche banalmente in anestesia; in particolare non solo per le angosce che precedono questa condizione, ma anche durante lo stato di coscienza alterato come dimostrano molti indicatori bio-psico-neuromotori (4).
Anche le comuni pratiche di cura dell’igiene potrebbero essere un momento di cura per la mente del paziente se vengono condotte da famigliari, da amici, dal coniuge o dai figli, sempre che vi sia una disposizione d’animo consapevole e matura.
Infine non sembra assolutamente opportuno considerare la persona in condizione di coscienza attenuata o alterata come insensibile o non in grado di comprendere i segnali verbali e non verbali intorno a lei. In ragione di questo fatto andrebbe mantenuto un comportamento “come se” la persona fosse in stato di normale veglia; questa indicazione deriva sia da elementi aneddotici sia da considerazioni cliniche oggettive ed indagini a posteriori (5)(6)(7)(8).
Farmacoterapia delle condizioni di Coscienza Attenuate
Questo è un campo della medicina assolutamente ancora da esplorare. Ovvero si hanno benefici in termini di qualità dell’esperienza vissuta in stato di coscienza alterata, in particolare in quella attenuata (coma, pre morte e anestesia) se vengono usati farmaci (non solo “psico”) adeguati mirati a migliorare le dimensioni emotive e le variabili del vissuto psichico?
Ad esempio si sta valutando con sempre maggiore accuratezza che durante l’anestesia generale in ambito chirurgico, il paziente si può giovare di una contemporanea terapia antidolorifica nonostante vi sia una sedazio e assolutamente profonda.
Questo è motivato dal fatto che il cervello, inclusa la sensoristica nocicettiva periferica, non è spento ma solo attenutao nel suo livello di attivazione e, di conseguenza, gli stimoli dolorosi potrebbero essere rilevanti, angoscianti e assolutamente non piacevoli per chi si trova in questa condizione. In questo caso non stiamo parlando di terapia psicofarmacologica ma solo di terapia antidolorifica (9)(10)(11).
Nel caso del coma, sono segnalate da moltissimi studi esperienze di sgno e di allucinazione da parte dei pazienti. La domanda è: possiamo manipolare farmacologicamente (o anche in altra maniera ovviamente…) le esperienze percettive e le elaborazioni latenti in queste persone che hanno uno stato di coscienza cosí alterato, diverso, fluttuante ma ancora assolutamente rilevante? Lo stesso discorso si può affrontare per le persone che sono in fase di pre-morte per gravi patologie terminali. Si possono ritrovare diversi articoli che riportano utilizzi di diversi farmaci o sostanze stupefacenti: antidepressivi, LSD, cannabinoidi, neurolettici, oppioidi, psylocibina ed altro ancora.
D’altra parte le ricerche “serie” al riguardo sembrano ancora troppo poche.
Las ciatemi dire che non è un problema secondario della medicina quello di accompagnare in maniera serena e priva di sofferenza chi si trova in fase termninale, oppure di permettere di sperimentare delle buone esperienze percettive interne per chi si trova in coma, o ancora di favorire una buona esperienza generale e comfortevole per chi deve essere sottoposto ad una anestesia.
Il punto è che pochi ricercatori e pochi centri di ricerca prendono sul serio queste delicati momenti della vita nei quali la nostra mente è in balia di stati di coscienza diversi, spesso attenuati ma tutt’altro che inesistenti o poco rilevanti.
Bibliografia:
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