Ho già parlato su questo blog di come le regole del business di questa era digitale ed i social media, in aggiunta ad uno stile di vita accelerato ed innaturale, possano compromettere gravemente il nostro assetto cognitivo ed il nostro benessere mentale andando a danneggiare la nostra capacità di direzionare, focalizzare e mantenere la nostra attenzione.
L’articolo in cui affronto in termini generali le dimensioni socio-culturali di questa nuova entità psicopatologica è il seguente: Essere padroni della propria Mente nell’Era dell’Economia dell’Attenzione. Vi invito a leggerlo come premessa a questa mia riflessione decisamente più articolata ed approfondita in senso psicopatologico.
Che cos’è l’Attenzione e perché é molto importante per il nostro Benessere Mentale
L’Attenzione è una caratteristica davvero affascinante della nostra mente, ed insieme alla memoria ed alla capacità di produrre e comprendere il linguaggio, all’apprendimento, al ragionamento ed ai processi decisionali permettte di utilizzare l’enorme patrimonio cognitivo del nostro cervello.
L’attenzione perchè sia utile ai fini della nostra mente deve avere delle caratteristiche precise, ovvero deve essere focalizzata, mantenuta e selettiva.
Se queste tre caratteristiche si indeboliscono la nostra attenzione diventa eccessivamente “fluida” e si diffonde pericolosamente in maniera da danneggiare molte altre caratteristiche della nostra mente come ad esempio la possibilità di approfondire un ragionamento, la consapevolezza della nostra interiorità e della proprietà delle nostre azioni e dei nostri atti di conoscenza, ovvero la cosiddetta coscienza dell’Io.
L’attenzione può subire un danno primario, ad esempio in seguito al normale processo di invecchiamento, ad un trauma o ad una patologia neurologica degenerativa, oppure subire un danno secondario, generalmente connesso ad una patologia psichiatrica (depressione, ansia, schizofrenia, disturbo bipolare in fasi acute) o ad un suo depauperamento, appunto, per diffusione verso un numero eccessivo di attrattori.
Infatti la nostra coscienza, sebbene sia passibile di controllo consapevole, può essere attratta e deflessa da molti tipi diversi di attrattori. In natura, ad esempio, possiamo trovarne molti, la ricerca di cibo, di un partner sessuale, etc.. Questi e molti altri si possono considserare normali attrattori di attenzione. Già a questo livello risulta facile immaginare che sia difficile portare attenzione verso troppi attrattori “classici”: difficile concentrarci contemporaneamente sulla ricerca del cibo e contemporaneamente ricercare un partner sessuale.
Per queste ragioni la nostra attenzione possiede una caratteristica che, se attivata, la rende molto più efficiente, la cosiddetta selettività dell’attenzione.’
Una metafora che classicamente viene utilizzata per descrivere, ad esempio, l’attenzione selettiva visiva è quella del “fascio di luce” o del “faro” che illumina un pezzo di realtà alla volta, allo stesso modo per concettualizzare l’attenzione selettiva uditiva si utilizza la metafora del “filtro”, che permette il passaggio dei soli stimoli sonori rilevanti, eliminando il rumore di fondo ed altri segnali meno rilevanti.
La selettività della nostra attenzione rispetto ai nostri contenuti interni, ovvero la consapevolezza del nostro mondo interiore sensitivo, mnesico ed affettivo, è cosa molto più complessa e di difficile metaforizzazione ma, lasciatemi dire, di attenzione ne possediamo soltanto una, sia per il mondo esterno che per il mondo interno, e di conseguenza un certo patrimonio di essa andrebbe risparmiata anche per le nostre possibilità introspettive e sensoriali.
Cosa accade quindi nel nostro mondo attuale, dominato da una velocità eccessiva, da richieste di performance elevatissime e dalla presenza del digital che rappresenta una fonte enorme di connessione, di contenuti accattivanti e di opportunità sensoriali? Le conseguenze di tutto ciò sono state una moltiplicazione dei cosiddetti attrattori di attenzione che assorbono e diffondono la nostra attenzione con conseguenze non ancora completamente chiare sul piano psicopatologico.
Questa introduzione voglio terminarla con un affermazione che per me è molto importante e nodale per riuscire a comunicare efficacemente il significato profondo di quello che sto scrivendo: la nostra attenzione è un capitale finito, per nulla illimitato.
Con questa frase intendo dire che la nostra capacità di portare attenzione in maniera efficace ha dei limiti che, per varie ragioni che vi spiegherò in seguito, stiamo raggiungendo con modalità rapide e pericolose per la nostra salute mentale.
Allo stesso modo con cui ci preoccupiamo, o dovremmo preoccuparci, di non sprecare risorse della nostra esistenza che sono limitate (tempo, denaro, salute, relazioni) allo stesso modo dovremmo prenderci cura ogni giorno della nostra capacità di prestare attenzione, perchè senza questa caratteristica delicata e fondante i nostri processi cognitivi, non ci sarà possibile mantenere un buona salute mentale.
Le sorgenti di disagio mentale di questo nuovo secolo non sono più l’ansia o la rimuginazione patologiche, ma il Disturbo da Diffusione Patologica dell’Attenzione (DDPA)
Il concetto di diffusione patologica dell’attenzione, che poi, in termini pratici, si traduce in un sequestro del nostro capitale attentivo, è un fenomeno noto da diverse decine di anni, in sostanza da quando l’Umanità ha iniziato ad utilizzare mezzi e media che hanno potenziato e facilitato la comunicazione.
Si è iniziato a descrivere condizioni mentali patologiche assimilabili al DDPA sin dagli albori dell’era televisiva o della comunicazioni cartacea di massa: sia i libri (all’esordio della stampa inventata da JohannesGutemberg), che le riviste (negli anni ’20 e ’30), che la televisione (dal dopoguerra in avanti) sono sempre state considerati elementi di comunicazione dotati di una doppia faccia, informativi o distraenti, migliorativi o peggiorativi del nostro benessere a seconda dei contenuti veicolati e dell’utilizzo che la gente ne poteva fare.
Ma che cosa è accaduto nel corso degli ultimi 20 anni? Qualche cosa di assolutamente strabiliante e fantascientifico, siamo entrati nel pieno dell’era digitale. Questo è accaduto grazie a tre rivoluzioni avvenute in parallelo, ovvero il web, i social network e gli smartphone.
La rivoluzione digitale, e la conseguente esplosione della New Economy del web, hanno accelerato sul piano comunicativo ogni aspetto della nostra vita; quello che abbiamo potuto anche apprezzare è che l’accelerazione e l’iperconnessione degli esseri umani tra loro ha comportato anche una accelerazione di molti altri aspetti della nostra vita come il lavoro, il consumismo, i nostri affetti ed il modo con cui ricerchiamo il piacere.
A tal proposito vi invito a leggere un’altro mio articolo, molto pertinente, dal titolo Il mercato della Dopamina.
La mente degli esseri umani degli anni 2000 si trova ad essere immersa in un ambiente digitale iperstimolante, in un contesto di connessione costante e totale ed in contesti lavorativi e relazionali che richiedono elevate velocità, precisione estrema e bassa tolleranza per l’errore.
In questo contesto è facile immaginare che il nostro personale capitale di attenzione venga rapidamente diffuso e condiviso su diversi task, verso i quali non riusciamo più a compiere un processo di selezione e di gerarchizzazione, per cui ogni fonte che assorbe la nostra attenzione ci sembra rilevante e degna di essere considerata.
Una notifica di facebook, di whatsup, un compito lavorativo, una scadenza, un banner pubblicitario sul web, la chiamata di un call center, le richieste di un figlio, un offerta imperdibile su Amazon, le lamentele di un amico che ci chiama al telefono, la speranza di una moglie di essere considerata, tutti questi attrattori di attenzione ci prosciugano e ci rendono superficiali.
Superficialità, è questa una delle conseguenza di una diffusione costante della nostra attenzione, sequestrata da mille attrattori digitali, reali ed intrapsichici, che a fatica ce la restituiscono.
Andando avanti in questo ragionamento possiamo affermare che la diffusione patologica della nostra attenzione nel mondo digitale ed in quello reale iper-accelerato, favoriscono la costante presenza di ansia e rimuginazione. Perchè questo?
L’ansia e la rimuginazione, intese in senso classico, rappresentano processi psicopatologici di tipo implosivo, ovvero che spesso affondano le loro radici in una sorta di deflessione dell’osservazione verso il nostro interno a scapito del dato di realtà e della realtà esterna; spesso rappresentano dei veri e propri bias interpretativi dei dati in nostro possesso. Ansia e rimuginazione sono emersi e si sono diffusi tra le persone come entità psicopatologiche nel corso di tutto il ‘900.
Allo stato attuale ansia e rimuginazione sono ancora molto presenti tra le persone nel mondo occidentale iper-accelerato e digitalizzato, ma non più come entità patologiche ma come segni e sintomi del Disturbo da Diffusione Patologica dell’Attenzione. Inoltre queste forme di ansia e di rimuginazione assumono una valenza esplosiva, ovvero diretta completamente verso l’esterno.
Nel momento in cui il nostro capitale di attenzione è completamente depauperato la nostra mente subisce una sorta di Effetto “colapasta”, ovvero la dispersione dell’attenzione rende la nostra mente simile ad un “colapasta” che non trattiene le informazioni per il tempo sufficiente alla loro elaborazione e questo ci impedisce di soffermarci sulle memorie e sui dati sensoriali, generando sensazioni di incertezza, allarme e disagio scarsamente definibili.
Questa diminuzione del nostro benessere mentale è connessa alla sottile sensazione di non riuscire a focalizzare la nostra attenzione e, di conseguenza, a diventare poco efficaci nella risoluzione dei nostri problemi e dei nostri dilemmi, pratici ed esistenziali.
Incapacità a soffermarci, è questa un’altra conseguenza della diffusione patologica dell’attenzione.
Superficialità ed incapacità a soffermarci sulle cose possono avere molte conseguenze negative sulle nostre vite. Forse la più importante conseguenza può essere quella di una diminuzione netta della nostra capacità di affrontare e di risolvere i problemi che la vita ci presenta. Questo può comportare, come vi accennavo prima, sintomi di ansia e di rimuginazione oppure, su un altro versante (quello che Sigmund Freud definirebbe “negatorio” e “grandioso”), ci possono rendere dei veri procrastinatori o, ancora, ci possono condurre ad una allegra ed irresponsabile negazione della presenza di problemi. “Tutto va bene Madama la Marchesa” come recitava la famosa canzone…
Quali potrebbero essere, quindi, le conseguenze Cliniche ed esistenziali del DDPA? Di seguito riporto una tabella riassuntiva dei più probabili sintomi e segni che potrebbero caratterizzare un disturbo costante della capacità di portare attenzione secondaria ad una costante diffusione (depauperizzazione) dell’attenzione stessa:
- Ansia e Rimuginazione
- Attacchi di Panico
- Disturbi da desiderio sessuale, anorgasmia
- Difficoltà relazionali
- Difficoltà di apprendere nuovi task
- Anedonia e Alessitimia
Questo cluster di sintomi e segni di psicopatologia, che personalmente correlo fortemente al Disturbo da Diffusione Patologica dell’Attenzione, è in aumento tra la popolazione? Quanto sta influendo la rivoluzione digitale sul nostro benessere mentale? Cosa possiamo fare per provare ad uscire da questa adolescenza tecnologica che stiamo vivendo negli ultimi anni?
Non credo che sia sbagliato definire adolescenza tecnologica quest’era in cui abbiamo possibilità stupende e molto potenti che rischiamo di usare in maniera pericolosa ed inconsapevole.
La domanda che mi faccio, e che faccio ai miei colleghi, è la seguente: il disturbo da diffusione patologica dell’attenzione (DDPA) può essere davvero considerata una nuova entità psicopatologica e in che misura potrà influenzare le nostre esistenze?
Per poter provare sentimenti autentici, vivere le nostre passioni e scrivere il nostro futuro abbiamo bisogno di riuscire a soffermarci sulle cose, di focalizzare i nostri pensieri e le nostre azioni, in poche parole abbiamo bisogno di poter disporre della nostra attenzione. Se questa qualità della nostra cognizione ci viene sottratta, proprio perché diluita e diffusa in plurime direzioni, rischiamo di perdere il motivo per cui la vita vale la pena di essere vissuta: la nostra possibilità di autodeterminarci e di essere liberi.
Bibliografia:
- Il concetto di “Cognizione” su Wikipedia
- Il concetto di “Attenzione” su Wikipedia
- Schou Andreassen C, Griffiths MD, Kuss DJ, et al. The relationship between addictive use of social media and video games and symptoms of psychiatric disorders: A large-scale cross-sectional study. Psychol Addict Behav. 2016;30:252-262.
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- Lin LY, Cherng RJ, Chen YJ, Chen YJ, Yang HM. Effects of television exposure on developmental skills among young children. Infant Behav Dev. 2015 Feb;38:20-6. doi: 10.1016/j.infbeh.2014.12.005. Epub 2014 Dec 25.
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