La depressione è un disturbo psichiatrico che colpisce circa 300 milioni di persone al mondo, e una delle correnti di studio più promettenti della psicobiotica è quella che indaga il rapporto fra depressione e disbiosi intestinale.
A questo proposito il gruppo di ricerca guidato da Gal Winter, nell’ormai famoso articolo “Gut microbiome and depression: what we know and what we need to know” ha prodotto una revisione di letteratura molto approfondita pubblicata su Reviews in the Neurosciences nella quale espongono molti risultati in risposta a due questioni fondamentali:
- quali sono le alterazioni dei ceppi batterici intestinali coinvolte nella genesi della depressione?
- quali modifiche del microbioma possono generare un’alterazione dell’umore in senso depressivo?
Ma oltre a queste questioni teoriche “di base” sono in molti ad aspettarsi dei risvolti pratici, applicabili concretamente in clinica, dalla psicobiotica.
In questo senso sono sempre più robuste le prove a favore della tesi che l’integrazione di probiotici (definibili come psicobiotici) nella dieta possa favorire la guarigione da disturbi depressivi e di ansia, sebbene più studi randomizzati in doppio cieco siano necessari a sostegno di questa rivoluzionaria ipotesi.
In ogni caso sembra ancora aperta la domanda fondamentale: è la depressione a causare la disbiosi intestinale oppure è l’alterazione del microbioma a favorire lo sviluppo di patologie di tipo affettivo, depressione inclusa?
Secondo una review degli studi disponibili al riguardo, entrambe le ipotesi sembrerebbero valide e verificate, e questo risulta poco credibile.
A titolo di esempio vi riporto uno studio tra i più interessanti che ho potuto leggere.
I ricercatori della McMaster University in Canada, guidati dal Dr. Pinto-Sanchez, dal Dr. Hall GB e dal Dr. Ghajar, hanno pubblicato un studio randomizzato controllato, in doppio cieco, contro placebo, nel quale sono stati indagati gli effetti dei probiotici sull’ansia e la depressione in un gruppo di pazienti con sindrome dell’intestino irritabile (IBS).
Sono stati assegnati in modo casuale 41 soggetti adulti con IBS in comorbidità con un disturbo depressivo, spesso in comorbidità con ansia, da lieve a moderata, che hanno assunto quotidianamente il farmaco probiotico Bifidobacterium longum (NCC3001) oppure un placebo, e questo gruppo è stato studiato per 6 settimane.
Alla sesta settimana, i pazienti che hanno ricevuto il probiotico hanno avuto una riduzione nei punteggi della depressione di quasi il doppio rispetto all’altro gruppo, mentre non è stato riscontrato alcun effetto sull’ansia o sui sintomi di IBS.
I pazienti del gruppo che hanno ricevuto il probiotico, inoltre, hanno avuto aumenti statisticamente significativi nei punteggi relativi alla qualità della vita e una oggettiva diminuzione delle risposte funzionali a livello encefalico, misurate con la fMRI (“risonanza magnetica funzionale”) rispetto a stimoli emozionali negativi nelle diverse regioni del cervello coinvolte, comprese l’amigdala e le aree frontolimbiche; tutto ciò non è stato riscontrato nei pazienti che hanno ricevuto il placebo.
Il Bifidobacterium longum è efficace nel lungo periodo? A questa domanda ha risposto un’ulteriore follow up a 10 settimane che ha confermato che i punteggi della depressione hanno mantenuto un trend di miglioramento nei pazienti trattati con probiotici rispetto al placebo, a conferma dell’efficacia sul lungo periodo di questo intervento.
Gli autori hanno concluso che il probiotico Bifidobacterium longum ridurrebbe i sintomi depressivi ed aumenterebbe la qualità della vita nei pazienti con IBS e che questa riduzione sembra essere associata ad una riduzione oggettiva della reattività cerebrale a livello limbico e frontolimbico.
Molti altri studi confermano, in maniera diretta od indiretta, l’ipotesi che il trattamento con probiotici possa migliorare i sintomi depressivi.
Sebbene non siano presenti prove che confermino come alcuni probiotici possano essere una vera propria terapia della depressione, sembrerebbe ragionevole ipotizzare di iniziare ad utilizzare nel mondo reale questi ceppi batterici, per valutare quali risultati clinici si possano ottenere con una terapia co-adiuvante basata sugli psicobiotici.
Per chi desidera approfondire le attuali conoscenze sui rapporti tra microbioma, “secondo cervello” enterico ed i disturbi psichiatrici come ansia, depressione, schizofrenia ed autismo, consiglio di leggere “Psicobiotica: un nuovo modo di intendere il rapporto tra la mente ed il corpo“. Acquistatelo al miglior prezzo su Amazon.it:
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