Come psichiatra sono molto preoccupato del disturbo dell’attenzione provocato dalle caratteristiche socio-ambientali di quest’era tecnologica e digitale che, lentamente ma inesorabilmente, sta danneggiando il nostro potenziale cognitivo. Ho scritto più di un articolo al riguardo e prodotto alcuni video che vi invito a rivedere se siete interessati ad approfondire l’argomento:
- Il Disturbo da Diffusione Patologica dell’Attenzione (DDPA) [articolo sul blog]
- Il Disturbo da Diffusione Patologica dell’Attenzione (video su youtube)
- La travolgente era della distrazione di massa(video su youtube)
Quello di cui vorrei parlarvi oggi è un’argomento intimamente connesso alla patologia dell’attenzione che ci sta colpendo tutti (chi più chi meno), in particolare vi vorrei illustrare le conseguenze psichiche di una costante esposizione al cosiddetto intrattenimento passivo.
L’espressione “intrattenimento passivo” si riferisce tutti quei contenuti, prevalentemente video e multimediali in genere, che non richiedono alcun tipo di interazione o di azione da parte nostra mentre vengono fruiti, conducendo chi li consuma ad un furto dell’attenzione quasi completo.
Classici esempi di intrattenimento passivo sono le serie su netflix, prime o i canali televisivi a pagamento, i social media (facebook, instagram) con le modalità di fruizione dei contenuti “a scorrimento” infinito, molte pubblicazioni editoriali nel campo del fashion, del gossip, una grossa parte dei libri di narrativa “leggera”, la TV commerciale (si, esiste ancora!) etc etc.
Il coinvolgimento ipnotico di questi contenuti è, in poche parole, connesso al fatto che appartengono tutti a forme di narrazione ben consolidata nel corso dei secoli, appartengono a stereotipi fatti per essere seguiti da tutti con semplicità, ed in più con la caratteristica di essere concatenati usando le strategie delle soap opera, ovvero introducendo il bisogno anomalo di proseguire, episodio dopo episodio, in una sorta di dipendenza.
Fino a qui, tutto sommato, non ci sarebbe nulla di nuovo rispetto a quanto è già accaduto negli anni ’80, il punto cruciale è la pervasività dei media che li veicolano, l’eccessiva produzione di questi contenuti ed il fatto che ovunque ed in ogni momento tali contenuti diventano fruibili.
Tutto questo fa la differenza con il passato.
La possibilità di essere esposti a contenuti di intrattenimento passivo è aumentata in maniera esponenziale (pc, tv, smartphone, cinema, schermi sparsi ovunque…) ed inoltre la produzione costante e quantitativamente eccessiva di queste narrazioni stereotipate e solo in apparenza di qualità, ci pone tutti a rischio di abusarne e di subirne un influsso molto negativo sul piano del nostro capitale cognitivo, dell’efficenza della nostra mente.
Come più volte ho ricordato in altri articoli, noi esseri umani abbiamo da una parte un potenziale cognitivo molto elevato che può essere investito per plasmare un esistenza serena ed appagante, ma dall’altra siamo dotati di alcune risorse limitate come il tempo e la nostra capacità di disporre di attenzione verso le cose realmente importanti.
Le moderne forme di intrattenimento passivo inducono una perdita diretta e molto corposa sia di tempo che di capacità di attenzione, ponendo a rischio la nostra possibilità di “fare delle cose” oltre che “vedere delle cose“.
Per fare un esempio pratico, sappiamo tutti che per secoli e secoli gli esseri umani hanno utilizzato l’alcool o alcune droghe con estrema disinvoltura anche grazie al fatto che era opinione diffusa che certe sostanze potessero essere per lo più “buone” o, quantomeno, non così pericolose; addirittura tra la gente giravano opinioni plausibili legate al fatto che alcool e droghe potessero non solo non essere pericolose ma, addirittura, fare bene. Con il passare degli anni si è poi visto che, in alcune condizioni molto specifiche e sotto controllo, alcune droghe effettivamente potevano avere la funzione di farmaci mentre altre, come l’alcool, sappiamo ormai con certezza che non hanno alcun effetto benefico ma fanno sempre e comunque male.
Bene io credo che con in quest’era del digital e delle nuove tecnologie ci troviamo in una situazione piuttosto simile. L’essere umano è in una sorta di adolescenza tecnologica, molto poco consapevole di quali effetti, buoni o cattivi, ci si possa aspettare dall’esposizione ai nuovi media digitali. La verità è che nessuno li ha ancora studiati con metodo e costanza tale da poter esprimere un opinione definitiva e precisa.
Sta di fatto che alcuni dati preliminari che possediamo ci devono spingere ad una certa cautela ed attenzione, per poter garantire un futuro di salute alla nostra mente, oggetto potente e prezioso ma anche molto delicato.
Guardare vs Fare: l’involuzione dell’intrattenimento
Recentemente ho letto il bellissimo “Bowling Alone” di Robert D. Putnam, nel quale viene studiata la drammatica inversione nelle famiglie negli USA del desiderio di impegnarsi in attività orientate alla comunità ed alla relazione con gli altri, che si é verificate nella metà degli anni ’60 con l’avvento della TV. Alle considerazioni di Putnam ho appaiato gli studi di Robert Kubey e Mihaly Csikszentmihalyi i quali hanno trovato prove che la TV crea dipendenza, nel vero senso biologico della parola “dipendenza”.
Ecco il grafico che mostra il passaggio illustrato da Putnam:
Non è difficile immaginare un parallelismo esponenziale tra la rivoluzione del media televisivo e l’esplosione socio-culturale del web e del digital dei giorni nostri.
Dagli anni ’60 ad oggi, infatti, si è assistito ad una trasformazione dell’intrattenimento, un involuzione la vorrei definire, dal “fare cose” al “guardare cose” in un costante processo di passivizzazione e di ritiro dalla relazione con gli altri.
È forse superfluo ricordare come la velocità e l’impatto sociale della recente rivoluzione digitale sia di proporzioni assolutamente superiori rispetto agli anni di introduzione del media televisivo.
Sono qui per dirte a me stesso e a voi che siamo tutti pesantemente condizionati dall’attuale intrattenimento passivo, sia che si parli di serie su netflix, di facebook o di libri “spazzatura”, ogni volta che ci troviamo a fruire di contenuti che ci portano a pensare senza sforzo, ogni volta che ci balena alla mente che la gratificazione immediata è il miglior tipo di esperienza ludica che possiamo avere. In realtà, queste cose sono vane, fugaci e non ci migliorano.
Non sto dicendo, ovviamente, che il divertimento sia cattivo. Ma da sempre all’uomo piace essere intrattenuto in una maniera che lo possa migliorare, ampliando gli orizzonti ed arricchendolo. Tutto questo sta scomparendo.
Vi consiglio caldamente di leggere il bellissimo “Bowling Alone” di Robert D. Putnam, proprio per guardare da una prospettiva diversa l’attuale processo di trasformazione della nostra Società del Guardare. Acquistatelo al miglior prezzo su Amazon.it:
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