Gli esseri umani sono incredibilmente intelligenti e creativi nel generare nuove teorie e punti di vista innovativi sul mondo intorno a loro, mentre sembrano decisamente meno efficienti quando devono applicarle concretamente e provare a sfruttare il potenziale delle loro teorie nella pratica.
Prendiamo il metodo scientifico, ad esempio. Un idea geniale che ha rivoluzionato il destino dell’umanità ma non sempre calata al meglio nella realtà. In particolar modo in medicina.
A cosa mi riferisco? Interessi economici, ideologie, elementi emotivi, politica, sono molte le dimensioni umane che hanno impedito una declinazione efficace del metodo scientifico nella nostra società, oggi come ieri.
A questo punto spero che si inizi ad intravvedere il perché di questa premessa: probabilmente, tra tutte le branche della medicina, la psichiatria è quella che più si presta a veder deformato e, alle volte, annullato un reale e fruttuoso approccio scientifico, nella ricerca e nella clinica.
E tutti gli elementi di distorsione che ho elencato prima collaborano attivamente in questo triste primato di scarsa scientificità.
A poco servono gli appelli di tutti gli psichiatri che evocano a gran voce il “metodo scientifico” e la “medicina basata sulle evidenze“, dal momento che tutti noi specialisti, in cuor nostro, sappiamo che il problema non è il metodo scientifico che filosoficamente è una struttura di pensiero molto potente, il problema è la sua applicazione nel mondo reale.
È li sta l’inghippo. In psichiatria più che altrove, a mio parere.
La psichiatria presenta alcune caratteristiche che potrebbero allontanarla dalla possibilità di applicare agevolmente il metodo scientifico:
- Una fortissima dimensione emotiva che permea, quasi per definizione, la relazione medico paziente
- La tendenza a strumentalizzare alcune diagnosi spesso in risposta ad interessi economici delle multinazionali del farmaco
- L’assenza di una diagnostica e di dati clinici oggettivi
- La forte propensione ad affidarsi a preconcetti etici, religiosi o di metodo (ad es. psicoanalisi vs psichiatria biologica)
In che maniera l’intelligenza artificiale potrebbe essere d’aiuto o, addirittura, fondamentale per favorire l’applicazione di un metodo clinico scientifico e basato sulle evidenze rispetto a tutti questi elementi di bias?
Strumenti di intelligenza artificiale e software diagnostici potrebbero presto diventare essenziali per gli psichiatri, così come lo sono stati per la medicina il fonendoscopio, gli esami di laboratorio sino ad arrivare alla moderna diagnostica per immagini. L’Intelligenza Artificiale se scomposta ed analizzata in maniera adeguata e senza preconcetti, cambierà presto la psichiatria, forse più che il resto della medicina. Non sono molti gli psichiatri che esprimono un opinione simile, per ora, ma è solo questione di tempo, a mio parere.
Ovviamente ogni cambiamento in medicina suscita resistenze ed impostazioni ideologiche ostative, ma poi, se è davvero utile, viene accettato. Anche a costo di far perdere alcune posizioni dominanti dei medici: medicina basata sulle evidenze vs intuizione, diagnostica per immagini vs occhio clinico, fonendoscopio vs orecchio posto sul torace.
Vale la pena ricordare che i due approcci di utilizzo dell’Intelligenza Artificiale attualmente in fase di sperimentazione in molte branche della medicina sono sia l’elaborazione del linguaggio naturale e sia il cosiddetto machine learning e il deep learning, che sono due forme diverse di apprendimento automatico in tempo reale basandosi su database di esperienze cliniche generate da operatori umani. Entrambe queste applicazioni, oltre a modificare l’attività dei medici, potrebbero migliorarne in maniera notevole le prestazioni poiché verrebbero ad essere strumenti che potrebbero integrare le decisioni terapeutiche dell’operatore sanitario umano.
Tramite l’elaborazione del linguaggio naturale si potrà fare in modo che i sistemi di intelligenza artificiale possano comprendere ed interpretare il linguaggio e la scrittura umana, consentendo alle macchine di esaminare migliaia di cartelle cliniche elettroniche, di assistere al “lavoro sul campo” dei medici e, di conseguenza, di apprendere tutte le variabili cliniche in gioco per poi restituire una sorta di “distillato” della medicina basata sulle evidenze incrociata con l’esperienza di migliaia e migliaia di valutazioni cliniche attuate da personale specialistico.
L’apprendimento automatico in tempo reale, che prevede l’uso di sistemi informatici che osservino e “assimilino” il lavoro degli psichiatri sul loro posto di lavoro, permetterà di estrarre le metodiche di diagnosi, le procedure di intervento e le prescrizioni terapeutiche più efficaci sulla base di dimensioni oggettive che permetteranno di perfezionare sempre i più i “consigli” e le linee guida che l’intelligenza artificiale proporrà agli umani.
Un sistema informatico potrà fornire quegli elementi logici ed asettici, estranei agli interessi economici, alle ideologie e alle scelte politiche che identificheranno i veri risultati basati sulle evidenze?
In questo scenario che suona ancora fantascientifico ma che, di fatto, non lo è, uno dei maggiori ostacoli sarà la prospettiva ideologica, comprensibilmente ancora molto diffusa, di valorizzare sempre e comunque l’intuizione del medico a discapito di soluzioni basate meramente su dati. Ma questa impostazione di principio sarà sicuramente destinata a cambiare quando, inevitabilmente, si inizieranno ad intravvedere i risultati sul piano pratico, lasciando agli esseri umani lo studio di teorie generali, che è proprio il lavoro che sanno fare meglio.
Infatti quello che a molti sta sfuggendo, per varie ragioni, è che l’intelligenza artificiale non servirà a produrre nuove teorie ma ad applicarle in maniera efficace nel mondo reale. È questo il punto.
Lasciate che vi faccia ancora un esempio, forse un pochino ardito ma, a mio parere, utile.
Per continuare sul tema esposto all’inizio, tutti noi sappiamo cosa significa applicare il metodo scientifico in medicina: si crea un modello di una data condizione biologica di patologia, per definizione transitoria, che prima o poi dovrà essere distrutta per lasciar posto ad una nuova migliore e più precisa.
È scontato che la ricerca si potrà definire tanto più efficace quanto prima distruggerà il modello precedente per far posto ad uno migliore, giusto? Ma quale ricercatore umano sarà ansioso realmente di vedere il lavoro portato avanti nel corso degli anni di essere distrutto da quello del suo successore? Quale clinico, dopo aver fondato il suo sistema di valutazione su tale modello sarà pronto a cambiare prospettiva velocemente?
La dimensione emotiva e, lasciatemi dire, l’adesività della libido umana si presta poco a cambi rapidi ed efficienti verso l’evoluzione. Per qualche strana ragione intrapsichica la tendenza dell’essere umano è di difendere la sua posizione attuale, anche a discapito del fatto che sia controproducente.
Sappiamo tutti che questo è un meccanismo generale degli esseri umani. Quante persone lasciano il proprio amore, conflittuale e distruttivo, per uno migliore più sano e rasserenante? Oppure, analogamente, quante persone sono pronte a sacrificare un cattivo figlio per uno migliore, se se ne presentasse l’occasione? Sono tutti quesiti e scelte che risentono di bias umani, per fortuna o purtroppo.
Certo, queste sono estremizzazioni, ma ben indicano qual’è l’atteggiamento generale dell’uomo verso il cambiamento e l’evoluzione al netto delle sue caratteristiche narcisistiche e libidiche.
L’Umanità ha prodotto un idea geniale, il metodo scientifico, non ci sono dubbi, ma non sarà forse il caso che per sfruttarla a dovere dovrà farsi aiutare da un’intelligenza artificiale alla quale insegnare come non far deturpare questa “meravigliosa creatura dell’intelletto” da tutte quelle dimensioni emotive, di avidità, ideologiche e politiche che ne intaccano pesantemente il suo potenziale?
Ma questo è come siamo fatti noi esseri umani, meravigliosamente stridenti e sorprendenti: epistemologia e cuore, rabbia e pietà, lo sguardo verso l’orizzonte infinito e molto poco senso pratico.
Un consiglio finale: se volete leggere uno dei migliori libri divulgativi sull’Intelligenza Artificiale ed i suoi impatti sulla nostra Società, medicina, psichiatria e psicologia, allora vi consiglio “Vita 3.0” di Max Tegmark. Potete acquistarlo al miglior prezzo su Amazon.it:This work is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International License.
Salve dottore,condivido pienamente il suo articolo e mi auspico che l’I.A. sia di supporto agli interventi
sia diagnostici che terapeutici in psichiatria.Mi arrabbio quando sento famosi luminari ai congressi ammettere che il farmaco ideale non esiste e perciò si provano nuove molecole sui pazienti alla faccia della target therapy!Inoltre penso che la psichiatria abbia beneficiato meno di altre branche dei progressi fatti in campo medico:neuroimaging ,biomarkers,sequenziamento genico .Con l’IA i progressi sarebbero esponenziali.