Introduzione
L’intelligenza artificiale (IA) è stata definita da Alan Turing, padre fondatore dell’IA, come “la scienza che si dedica alla creazione di macchine intelligenti, in particolare programmi intelligenti per computer”. Nell’ambito specifico delle discipline biomediche e della salute pubblica l’intelligenza artificiale si prefigge di utilizzare algoritmi e software specifico per approssimare i processi cognitivi utilizzati dai clinici umani nell’analisi di dati medici complessi.
Le prime ipotesi di applicabilità dell’intelligenza artificiale in medicina ed in salute pubblica vennero sviluppate nei primi anni ’70 quando il campo generale dello sviluppo di questo genere di sistemi informatici aveva circa 15 anni di vita (come ho già raccontato in un precedente articolo, il termine “intelligenza artificiale” venne coniato nella famosa conferenza al Dartmouth College nel 1956). Prima che dell’applicabilità in medicina, i ricercatori alla fine degli anni ’60 si resero conto che sistemi informatici come il famoso Dendral potevano essere utilizzati con grandi risultati nelle scienze biologiche, come fece il gruppo di Edward Feigenbaum (informatico), Carl Djerassi (chimico), Joshua Lederberg (genetista) e Bruce Buchanan (filosofo della scienza) dimostrarono la capacità dei sistemi informatici di rappresentare e utilizzare conoscenze specialistiche in forma simbolica e di poter eseguire compiti “intelligenti” su di esse.
Durante tutti gli anni ’70 ci fu un interesse esplosivo per le applicazioni biomediche dell’intelligenza artificiale, catalizzato in parte dalla creazione della SUMEX-AIM Computing Resource presso la Stanford University, e da una struttura gemella presso la Rutgers University, che fecero utilizzo anche della nascente rete ARPANET per rendere i risultati delle elaborazioni disponibili alla comunità scientifica nazionale (ed eventualmente internazionale) interessata all’applicazione di metodiche di intelligenza artificiale ai problemi della biologia e della medicina.
Fu tale il successo di questa prima ondata di studi che, nel 1978, la rivista leader nel settore (Artificial Intelligence, Elsevier, Amsterdam) dedicò un numero speciale [1] esclusivamente ai lavori di ricerca di coloro che si dedicavano all’integrazione dell’intelligenza artificiale in bio-medicina e salute pubblica. Nel corso dei decenni successivi, la comunità ha continuato a crescere e, con la costituzione dell’Associazione americana per l’intelligenza artificiale nel 1980, venne creato un sottogruppo speciale sulle applicazioni mediche (AAAI-M) [2].
Le prime tre Ere dell’Intelligenza Artificiale in Medicina
L’attenzione dei gruppi di lavoro che hanno studiato, nel corso degli ultimi 40 anni, le applicazioni della IA in medicina si sono dedicati a diverse “ondate” di interesse.
La prima era dell’IA in medicina è stata la “Era della diagnosi“. Il primo aspetto del ragionamento medico che catturò l’immaginazione dei ricercatori di IA fu il processo di raccolta dei dati clinici, la creazione di basi di conoscenza a cui i sistemi informatici potevano attingere e l’applicazione delle regole di inferenza per fare la diagnosi di una malattia. Questa era si è appoggiata all’immagine tipica del medico come investigatore, che determina quale malattia sta causando i sintomi del paziente.
La seconda era dell’IA in medicina è stata quella che viene chiamata “Era della cura e gestione delle malattie croniche“. Questa era ha affrontato una serie di problemi ben distinti da quelli affrontati nel periodo precedente; durante una malattia cronica e nel follow-up di un paziente ci sono molti momenti poco stimolanti che possono essere automatizzati per sollevare il personale da gesti ripetitivi e noiosi.
Infine, siamo oggi sulla soglia della cosiddetta “Era della Medicina Molecolare” e della “Medicina di Precisione“, che sta ancora una volta andando a sollevare questioni che sono diverse da quelle che occupano i ricercatori durante i primi due: riuscire a raccogliere e ad elaborare una mole enorme di dati clinici, biochimici e strumentali per creare una diagnosi ed una terapia personalizzata, diversa per ogni paziente.
L’era della diagnosi ha dato una svolta e creato eccitazione sull’IA, nel mentre che le strategie di inferenza esistenti sono state testate nel campo di applicazione della medicina nel mondo reale. L’attuale era delle malattie croniche e dell’assistenza gestita ha cambiato il focus dei nostri sforzi, inducendo a riflessioni più approfondite su prospettive e limiti dell’IA. L’imminente Era della Medicina Molecolare e di Precisione contiene sfide che possono tenere impegnati i tecnici e gli scienziati dell’informazione applicata alle discipline biomediche per decenni.
Il futuro prossimo venturo potrebbe raccogliere nuovamente queste tre sfide, estremizzando l’utilizzo di queste tre prospettive per cambiare profondamente il lavoro del personale medico e paramedico, rendendolo addirittura sostituibile da sistemi informatici più precisi, instancabili e con margini di evoluzione impensabili in termini di fragilità umana.
Intelligenza Artificiale e Diagnosi in medicina
È stato ampiamente dimostrato che l’IA è efficace nella diagnosi accurata di varie condizioni mediche, in alcuni casi ha ottenuto migliori risultati rispetto alla controparte umana. Ad esempio, in oftalmologia, un algoritmo di classificazione basato sull’IA è stato utilizzato per schermare le fotografie del fondo ottenute da pazienti diabetici e identificare, con elevata affidabilità (sensibilità e specificità del 94% e del 98%), quei casi che devono essere riferiti a retinopatia diabetica [3].
Sempre in ambito oculistico, un altro studio, i ricercatori hanno dimostrato che un agente di IA, utilizzando deep learning e reti neurali, ha accuratamente diagnosticato e fornito le decisioni terapeutiche migliori per la cataratta congenita in uno studio clinico multi-ospedaliero, eseguendo altrettanto bene come singoli oftalmologi [4].
In dermatologia, in relazione al cancro della pelle, i ricercatori hanno addestrato una rete neurale nel pattern recognition utilizzando un set di dati provenienti da 129450 immagini cliniche e testato le sue prestazioni contro 21 dermatologi specialisti, tramite schede su immagini cliniche comprovate da biopsia; la rete neurale ha raggiunto prestazioni al pari di tutti gli esperti testati, dimostrando che un’IA era in grado di classificare il cancro della pelle con un livello di competenza paragonabile, come minimo, a quello dei dermatologi [5].
In un altro studio, in ambito cardiologico, che utilizzava dati clinici provenienti da una banca dati di esami di routine su oltre 350000 pazienti, il machine learning migliorava significativamente l’accuratezza nella previsione del rischio cardiovascolare, con una previsione corretta di 355 (ulteriore 7,6%) in più di pazienti che, in seguito, avrebbero sviluppato malattie cardiovascolari rispetto all’algoritmo diagnostico seguito dai medici [6].
Anche le neuroscienze cliniche hanno tratto beneficio dall’utilizzo dell’IA. Un algoritmo di deep learning che utilizza immagini provenienti dalla risonanza magnetica encefalica di individui di età compresa tra 6 e 12 mesi per predire la diagnosi di autismo in singoli bambini ad alto rischio a 24 mesi, con un valore predittivo positivo dell’81% , un risultato davvero incoraggiante [7].
Allo stesso modo, in un altro studio, un algoritmo di machine learning ha prodotto un metodo di apprendimento volto a valutare la progressione verso la demenza entro 24 mesi, basandosi su di una singola scansione PET facendo riferimento alla distribuzione dell’amiloide; tale metodica ha ottenuto un’accuratezza dell’84%, superando gli algoritmi esistenti utilizzando le stesse misure di biomarker e studi precedenti che utilizzavano più modalità di biomarcatura [8].
Studi questo genere, di alta qualità scientifica, si stanno moltiplicando in modalità esponenziale negli ultimi anni, facendo intravvedere grosso entusiasmo (motivato) per questa applicazione dell’IA che, quantomeno, favorisce il miglioramento delle performance dei clinici in un contesto reale.
L’Intelligenza Artificiale potrà sostituire completamente i Medici?
Dati alla mano, si può affermare che l’intelligenza artificiale può essere efficiente ed efficace come, o persino meglio, degli umani quando si tratta di formulare diagnosi basate sul riconoscimento di modelli sulle immagini. Inoltre, quando supportata da un’adeguata base di conoscenza basata sull’evidenza scientifica, l’IA applica gli algoritmi di terapia quasi sempre meglio che gli agenti umani. A questo punto la domanda è senz’altro la seguente: “L’intelligenza artificiale è pronta ad assumere il ruolo completo di un medico completamente addestrato?” …
Finora, la risposta sembra essere “non ancora”, anche se questo punto di vista sembra essere molto influenzato anche da questioni etiche e di “orgoglio”, insieme ad un punto di vista senz’altro aprioristico. In particolare non vi sono adeguate spinte sul piano della ricerca sia da parte dei medici (ovviamente!) che dall’industria.
Sul piano pratico, nel primo confronto diretto dell’accuratezza diagnostica, i medici sono stati in grado di performare ampiamente meglio degli algoritmi informatici nell’accuratezza diagnostica (84,3% vs 51,2% corretta diagnosi nei primi tre elencati) [9]. Tenete a mente che questo studio ha confrontato i medici con semplici applicazioni per il controllo dei sintomi (simili ai sistemi esperti degli anni ’80) e, in qualche maniera, non è stata neppure lontanamente utilizzato lo stato dell’arte del machine learning o del deep learning.
In uno studio più recente, e senz’altro più raffinato nelle premesse, Watson, la blasonata piattaforma di IA generale di IBM, ha impiegato solo 10 minuti per analizzare sotto il profilo clinico, radiologico e genomico il caso di un paziente con cancro al cervello e suggerire un piano di trattamento, rispetto al gruppo di esperti umani che hanno impiegato 160 ore uomo, tra genetisti, clinici e radiologi, per realizzare un piano paragonabile [10].
In un altro studio, che ha utilizzato ancora una volta la piattaforma Watson, sono stati rilevati trattamenti alternativi contro una forma di cancro che gli oncologi avevano trascurato, sulla base di linee guida standard, scoprendo “potenziali opzioni terapeutiche” per 323 ulteriori pazienti dopo aver analizzato grandi volumi di dati, inclusi studi precedenti, database clinici e informazioni genetiche provenienti da banche dati presenti in rete [11].
Va notato che queste prestazioni superiori nell’impostazione teorica non hanno ancora trovato buone traduzioni nella pratica clinica del mondo reale, anche sulla base di incapacità di utilizzo e di integrazione dei medici rispetto a tali metodiche [12].
Infine sembra che l’utilizzo dell’IA in integrazione alle competenze dei medici, possa contribuire in maniera importante a diminuire cause legali e ad attenuare la medicina difensiva [13] [14].
Pertanto, dai dati in continua crescita che possediamo,sembrerebbe che i sistemi di intelligenza artificiale possano essere migliori dei medici umani da soli nell’affrontare diagnosi, algoritmi di trattamento o piani di gestione nell’ambito della cronicità, ma solo se vengono forniti di quantità sufficientemente grandi e precise di dati (che spesso vanno al di là di ciò che gli umani possono analizzare manualmente) e se l’integrazione con il personale medico che provvede alla fase di “insegnamento”, è ottimale e non compromessa da rifiuto o da un atteggiamento ideologicamente impostato.
Il Futuro dell’Intelligenza Artificiale in Salute Pubblica e Medicina
Sulla base di tutti gli studi eseguiti ed attualmente in corso, sembra proprio che non si possa tornare indietro dalla crescita dell’IA in tutti gli aspetti della nostra vita, medicina e salute pubblica inclusa, a meno di non negare evidenze scientifiche davvero importanti.
Tutti noi possiamo vedere che l’IA risiede già abbondantemente negli smartphone che molti di noi possiedono, sotto forma di assistenti digitali intelligenti, riconoscimento di immagini, algoritmi che guidano le nostre scelte di acquisto, etc.
Ma l’intelligenza artificiale è progredita ben oltre queste applicazioni quotidiane. Ad esempio, il gruppo di sviluppo dell’AI di Google, Deep-mind, ha presentato AlphaGo, un’IA che ha impiegato solo 3 giorni per padroneggiare l’antico gioco da tavolo cinese del Go senza alcun input umano, come riportato su Nature. Ovvero il sistema informatico ha imparato da solo, ottenendo le informazioni di cui aveva bisogno con capacità di astrazione ed inferenza simili a quelle umane [15]. Questa versione di IA è stata in grado di vincere contro il suo versione precedente (che ha battuto il campione del mondo in Go in precedenza) 100 partite a 0.
Più recentemente, AlphaZero, un’altra IA di Google, ha imparato autonomamente le regole degli scacchi in 4 ore giocando contro se stessa 44 milioni di volte e ha continuato a battere Stock-fish , un programma di scacchi ben consolidato [16].
I ricercatori di IA stanno già sviluppando algoritmi di IA in grado di apprendere, crescere e maturare come fanno gli esseri umani, attraverso l’autoriflessione [17] e vivendo il mondo reale in “prima persona” [18].
Ad oggi l’IA può analizzare grandi quantità di dati molto più velocemente di quanto gli esseri umani possano utilizzare l’hardware di oggi. Tuttavia, i computer quantistici, che possono sovra-performare grandemente rispetto ai computer classici che abbiamo oggi, sono già in fase di sviluppo e mancano davvero pochi anni alla loro immissione sul mercato [19].
Inoltre, gli scienziati hanno fatto un passo avanti pionieristico sviluppando nuovissimi chip per computer cosiddetti “fotonici”, che utilizzano la luce piuttosto che elettricità, in un modo che imita concretamente il modo in cui operano le sinapsi del cervello, il che significa che i computer potrebbero essere in grado di elaborare i dati alla velocità della luce nel prossimo futuro, rispetto alla velocità di conduzione nervosa umana basata sull’elettricità [20].
Per dare un ultimo ulteriore “colpo” al narcisismo umano, vale la pena ricordare che Ray Kurzweil, uno dei massimi esperti di intelligenza artificiale di Google e noto futurista, è convinto che l’IA supererà il potenza mentale di un essere umano entro il 2023 e raggiungere ciò che viene definito “singolarità” nel 2045; la parola “singolarità” nelle scienze informatiche si riferisce al momento in cui l’intelligenza artificiale supererà la potenza mentale equivalente a quella di tutti gli esseri umani presente sul pianeta [21].
Su queste premesse la possibilità che un sistema informatico potrà, in un futuro per nulla remoto, fare il lavoro dei medici è senza dubbio realistica. Noi medici, da adesso in poi, sembra proprio che dovremo decidere se essere ostativi o integrarci al meglio nel lavoro inevitabile di costruzione di un’IA che migliorerà la medicina oltre ogni aspettativa.
Bibliografia:
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