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Valerio Rosso

Psichiatria, Salute Mentale e Neuroscienze

Le Terapie Digitali

12/02/2019 da Valerio Rosso 2 commenti

Una degli scenari più affascinanti della medicina di inizio millennio è di sicuro quello definito dal concetto di terapie digitali, ovvero dalla possibilità di creare del software (app, web app o altro) che abbia una valenza curativa al pari di un farmaco o di un trattamento.

Ma com’è possibile che un software possa curare una patologia? In generale possiamo dire che il trattamento “digitale” si basa su cambiamenti comportamentali e di stile di vita solitamente stimolati da una serie di stimoli digitali provenienti da app che monitorano le abitudini di vita del paziente e suggeriscono, tramite algoritmi di intelligenza artificiale, nuovi pattern di comportamento.

È importante sottolineare che le attuali terapie digitali che sono in fase di sperimentazione o, addirittura, già approvate, tendono a prendersi cura delle condizioni di salute che sono mal gestite dal sistema sanitario di oggi, come malattie croniche o disordini neurologici. Inoltre, possono fornire un trattamento più economico della terapia tradizionale riducendo le richieste al tempo di utilizzo dei medici.

La prima terapia digitale approvata dalla FDA è una app che viene attualmente utilizzata per gestire la prevenzione delle ricadute dei pazienti che sono stati disintossicati dal cronico utilizzo di alcol, marijuana e cocaina; questa app è stata sottoposta ad un trial clinico di sperimentazione, al pari di un farmaco, che ha dimostrato la sua efficacia rispetto all’obiettivo clinico (ricadute nell’utilizzo di droga).

Risulta evidente che la prima ondata di terapie digitali, di software curativi, avrà come obiettivo principali proprio la salute mentale e la gestione della motivazione a mantenere uno stile di vita che favorisca il benessere psicofisico di varie classi di pazienti.

Come funziona una terapia digitale?

Questa è la domanda che più spesso si fanno le persone.

In sostanza una terapia digitale, nella stragrande maggioranza dei casi, è una semplice app presente sullo smartphone di un paziente; alcune volte si può trattare di una web app da caricare sul nostro browser (safari, chrome, etc.).

In estrema sintesi, questo genere di software interagisce con il paziente limitando o suggerendo comportamenti al fine di migliorare o mantenere un comportamento che possa avere importanza in relazione ad un dato disturbo, acuto o cronico.

Volete alcuni esempi? La mindfulness per ansia e panico, la gestione della motivazione nella cura delle dipendenze, favorire comportamenti e stili di vita nel diabete, gestione del dolore e molto altro.

A quando le prime terapie digitali in Italia?

Il business delle terapie digitali (in inglese digital therapeutics) è solo agli inizi ma sta iniziando a destare interesse proprio nel gruppo delle aziende che, sino ad oggi, hanno prodotto farmaci classici, la cosiddetta Big Pharma.

Di sicuro i maggiori investimenti nello sviluppo di software con valenza curativa è affidato, per il momento, alle solite start up innovative con sede negli USA che si stanno sbizzarrendo a produrre e, soprattutto, a far validare app e web app indirizzate alla salute mentale ed alla gestione di comportamenti disfunzionali in corso di patologie croniche.

Se volete avere informazioni specifiche riguardante le terapie digitali in psichiatria leggete quest’altro mio articolo presente su questo blog.

Adesso alcune domande.

Perché le terapie digitali non sono ancora entrate nel mainstream della sanità? Perché più medici non sviluppano interesse o, addirittura, prescrivono terapie digitali e più pazienti non li usano? E perché le aziende farmaceutiche non investono di più nella ricerca e nello sviluppo di terapie digitali, preferendo testare il terreno con investimenti relativamente piccoli in partnership e acquisizioni di start up?

Personalmente credo che il potenziale di questi nuovi trattamenti sia frenato da due ostacoli. In primo luogo, a suo discapito, la terapia digitale come segmento reale della medicina spesso non è facilmente distinguibile dal mercato generico (non validato da trials clinici) della salute e del benessere digitale, che include qualsiasi cosa, dai tracker per il sonno alle app di fitness. In secondo luogo, gli incentivi per i fornitori, ed i finanziatori e le aziende farmaceutiche ad adottare terapie digitali non sono ben allineati perché i vertici non hanno ancora sondato a fondo le possibilità concrete del business.

Comprendere questi ostacoli è la chiave per superarli e valutare quando e come le terapie digitali prenderanno il loro posto come parte integrante della medicina moderna.

Bibliografia:

  1. Kvedar, Joseph C.; Fogel, Alexander L.; Elenko, Eric; Zohar, Daphne (March 2016). “Digital medicine’s march on chronic disease”(PDF). Nature Biotechnology. 34 (3): 239–246. doi:10.1038/nbt.3495. PMID26963544. Retrieved 19 October 2016
  2.  Wicklund, Eric (13 October 2016). “Is Digital Therapeutics the Next Big Thing in mHealth?”. mHealth Intelligence. Retrieved 19 October 2016.
  3. Honeyman, Matthew; Gretton, Cosima (15 April 2016). “Eight technologies that could change healthcare beyond recognition”. The Guardian. Retrieved 19 October 2016.
  4. Farb, Norman AS; Saab, Bechara J.; Walsh, Kathleen Marie (2019). “Effects of a Mindfulness Meditation App on Subjective Well-Being: Active Randomized Controlled Trial and Experience Sampling Study”. JMIR Mental Health. 6 (1): e10844. doi:10.2196/mental.10844.
  5. Hird, Nick; Ghosh, Samik; Kitano, Hiroaki (June 2016). “Digital health revolution: perfect storm or perfect opportunity for pharmaceutical R&D?”. Drug Discovery Today. 21 (6): 900–911.

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Mi chiamo Valerio Rosso e sono un medico, psichiatra e psicoterapeuta ad orientamento psicoanalitico. Da anni divulgo i principali temi della Salute Mentale, delle Neuroscienze e della Medicina Digitale come blogger e come YouTuber. Alcune persone mi conoscono anche come musicista (cercatemi su Spotify, iTunes e YouTube Music).
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Interazioni del lettore

Commenti

  1. Simone Zappatini dice

    27/03/2019 alle 8:35 am

    questa nuova visione apre la porta a opportunità straordinarie e ad un approccio win-win tra tutti gli stakeholder. Fino a ieri il device era appannaggio unico delle big pharma per ovvi motivi economici, da oggi chiunque può diventare proprietario di una digital therapy. Il KOL/PI si vedrà riconoscere delle royalties per le proprie skill , la big pharma avrà un boost importante per i propri prodotti (ricordiamoci che la DT per lo più agirà in affiancamento con la terapia tradizionale e non in sostituzione) e per le aziende tecnologiche una nuova area di mercato. Inoltre la validazione tramite trials clinici servirà come “bollino” di qualità rispetto a software generici andando a risolvere anche la questione del copyright sul software che in Europa non è riconosciuto.

    Rispondi
    • Valerio Rosso dice

      27/03/2019 alle 10:43 am

      Grazie davvero per questo commento molto approfondito!

      Rispondi

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