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Valerio Rosso

Psichiatria, Salute Mentale e Neuroscienze

ADHD nell’adulto: un caso di terapia senza farmaci

21/02/2019 da Valerio Rosso 10 commenti

Si può riuscire a trattare con buoni risultati l’ADHD nell’adulto senza usare farmaci? Dipende.

Tendenzialmente non è cosí frequente, ma a questa domanda vorrei provare a rispondere illustrando un caso clinico ed il relativo protocollo di cura senza farmaci che abbiamo seguito.

Per prima cosa vi voglio ricordare che ho già scritto un articolo abbastanza completo sulla diagnosi ed il trattamento farmacologico dell’ADHD nell’adulto, lo trovate seguendo questo link.

In ogni caso, prima di iniziare, vorrei fare alcune premesse e rinfrescare alcune nozioni di base.

Il disturbo da deficit dell’attenzione e iperattività (Attention/Deficit/ Hyperactivity/Disorder, ovvero l’acronimo ADHD) è un disturbo psichiatrico dalla genesi multifattoriale, eterogeneo e complesso che insorge sempre in età infantile, sebbene con vari livelli di gravità.

L’ADHD è caratterizzato da un quadro comportamentale e da un vissuto di persistente disattenzione e/o iperattività motoria, associate molto frequentemente ad impulsività che rendono difficoltoso o, addirittura, possono impedire il normale sviluppo e l’adattamento sociale di un bambino e, in seguito, di un adulto.

È fondamentale ricordare che una certa alterazione dell’emotività (la cosiddetta “emotional disregulation” in inglese, o “ED”) è spesso riscontrata tra i sintomi più importanti e nucleari dell’ADHD.

Con alterazione dell’emotività ci riferiamo ad una condizione psichica e comportamentale caratterizzata da esplosioni di rabbia, perdita del controllo, fluttuazioni dell’umore e difficoltà a mantenere un’adeguata regolazione affettiva.

Nel 70-80% dei casi l’ADHD si osserva in comorbidità con altri disturbi psichiatrici (ansia, depressione, ciclotimia, disturbi dell’alimentazione, disturbi di personalità) configurando quadri clinici più gravi e rendendo molto più complessa la diagnosi e la terapia da parte di uno psichiatra.

NOTA BENE: questo che vi illustro è un caso specifico ed esemplificativo che si è potuto trattare in questo modo solo per le sue caratteristiche cliniche specifiche di non gravità e di prevalenza del sintomo disattenzione. Ci tengo a sottolineare, nel caso ce ne fosse bisogno, che la decisione di un trattamento rispetto ad un altro (farmacologico o non farmacologico) deve sempre essere attuata da un medico specialista di esperienza che valuti tutte le dimensioni cliniche in gioco.

Il caso di Sofia

La prima volta che Sofia giunse alla mia attenzione aveva 36 anni. Si trattava di una ragazza laureata in ingegneria, di bell’aspetto, che da qualche anno stava cambiando un lavoro dopo l’altro, avendo anche iniziato ed interrotto almeno due ulteriori corsi di super-specializzazione ed un dottorato negli ultimi 8 anni.

In passato Sofia aveva aveva già ricevuto alcuni trattamenti farmacologici (SSRI e benzodiazepine) per riferiti sintomi d’ansia, umore depresso e sindrome pre-mestruale.

Sofia mi disse che sospettava da molto tempo di avere qualche tipo di problema di apprendimento connesso alla disattenzione.

Lei diceva di essere sempre stata una studentessa nella media, anche se lavorava con sforzi immensi ai suoi compiti e agli incarichi universitari per portarli a termine al pari dei suoi compagni; a lei sembrava di dover passare due o tre volte più tempo della maggior parte dei suoi compagni di classe sui vari lavori di studio.

Secondo Sofia tutto questo avrebbe comportato una bassa autostima, isolamento sociale con pochissime amicizie e anche dei periodi di frustrazione con tendenza alle abbuffate e poi vomito per controllare queste condotte impulsive (di fatto un disturbo dell’alimentazione, bulimia).

Un altro elemento di rilievo che Sofia volle sottolineare era una marcata disregolazione affettiva con tendenza a scoppi di ira nei confronti della famiglia e dei vari compagni e fidanzati.

A quel punto chiesi a Sofia se “sognava a occhi aperti” di frequente, se era facilmente distratta e cronicamente dedita alla procrastinazione; lei era sempre in ritardo per la scuola, le lezioni e gli appuntamenti da sempre.

Spesso dimenticava il suo smartphone in giro, le chiavi di casa o il pranzo, ma il suo fidanzato veniva in soccorso, arrabbiandosi.

In anamnesi risultava chiaramente che la madre ed il cugino di Sofia avevano sintomi simili ma non erano mai stati diagnosticati con ADHD.

Dopo due valutazioni cliniche a distanza di una settimana io ipotizzai a Sofia la diagnosi di ADHD, questa cosa non la sorprese più di tanto ma, anzi, sembrò quasi essere sollevata: “lo sapevo da sempre, in cuor mio, che avevo un disturbo neurologico…” mi disse.

In qualche maniera Sofia, una volta ascoltata la diagnosi di ADHD, iniziò ad unire i puntini e a ricomporre una nuova immagine della sua esistenza. Sofia era, ed è, una ragazza molto intelligente.

A quel punto Sofia mi chiese di curarla, di aiutarla ma mi chiese di farlo senza farmaci; infatti lei si era già completamente informata rispetto a tutte le opzioni terapeutiche psicofarmacologiche a disposizione (metilfenidato, atomoxetina, bupropione, etc.) ma non sembrava gradire per nulla questi farmaci.

D’altra parte i sintomi di ADHD che riscontravo al momento non apparivano di grado elevato o particolarmente invalidanti.

Alla fine decidemmo insieme di procedere ad una terapia dell’ADHD senza farmaci, ovviamente dopo aver esposto i rischi ed i benefici di questa scelta.

Qual’è un possibile protocollo di trattamento dell’ADHD senza psicofarmaci? Che cosa proposi a Sofia?

Come impostare la Terapia dell’ADHD nell’adulto senza farmaci

I punti importanti di un protocollo di questo genere solitamente sono i seguenti:

  • Superare schemi di pensiero rigidi e critica eccessiva mediante la Terapia Cognitivo Comportamentale
  • Esercitarsi al recupero dell’Attenzione mediante la Mindfulness
  • Mantenere un riposo notturno ed uno stile di vita adeguato
  • Migliorare la nutrizione
  • Identificare Strategie di Autogestione
  • Trovare una persona con cui attuare il programma
  • Migliorare il Benessere Mentale tramite l’attività fisica

Tutti questi punti sono di uguale importanza nel momento in cui una persona decide di curare il suo ADHD senza utilizzare i farmaci (ovviamente solo in quei casi nei quali lo psichiatra decide che sia possibile farlo).

Vediamo di analizzare uno ad uno tutti i 7 punti di questo protocollo.

1. Terapia Cognitivo Comportamentale

Tutti noi abbiamo migliaia di pensieri che attraversano le nostre menti che influenzano i nostri sentimenti e comportamenti.

Alcuni dei pensieri sono positivi e alcuni sono negativi o critici; spesso, le persone con ADHD hanno pensieri negativi eccessivi a causa di anni di convivenza con critiche, fatica, scarse relazioni e frustrazione.

Diventare consapevoli di questo flusso di pensieri critici interiori e affrontarli può migliorare notevolmente il successo nel controllo dei sintomi dell’ADHD.

Ricordiamoci che anni di ricerca clinica hanno costantemente dimostrato che la terapia cognitivo comportamentale è un trattamento efficace, da sola o con i farmaci, per una serie di problemi tra cui ansia, attacchi di panico, fobie, depressione, disturbo ossessivo-compulsivo e anche per la schizofrenia.

Negli ultimi vent’anni, la ricerca ha dimostrato l’efficacia della terapia cognitivo comportamentale per l’ADHD negli adulti, in aggiunta al farmaco o anche senza farmaci.

2. Recupero dell’Attenzione mediante la Mindfulness

Prestare attenzione è proprio il problema nell’ADHD, giusto?

In questi ultimi decenni si è affermata una metodica che si dedica proprio al recupero dell’attenzione al momento presente che è un problema generale dell’Umanità intera, specialmente in questa era digitale.

Mi riferisco a un tipo specifico di attenzione: praticare la consapevolezza. La pratica della Mindfulness si riferisce proprio ad uno stato di attenzione prolungata al momento presente, senza giudizio.

Questo pratica può essere difficile da migliorare da soli, in quest’era tecnologica con tutte le distrazioni della vita tra cui internet, lunghe liste di impegni, smart phone e responsabilità lavorative.

Tuttavia, ricerche significative dimostrano che la pratica della Mindfulness, una speciale tecnica di meditazione, può migliorare i sintomi dell’ADHD.

Molte persone con ADHD sono inizialmente intimidite dall’idea di praticare la Mindfulness perché si immaginano un guru che medita per ore o pensa che debba riguardare anche aspetti religiosi o filosofie orientali.

Questo non è il caso della Mindfulness: scoprite tutto su questa pratica leggendo questo mio articolo.

3. Ripristinare uno stile di vita adeguato

Migliorare il riposo notturno è un obiettivo primario del trattamento dell’ADHD, leggete questo altro mio articolo per capire cosa intendo; inoltre anche lo stile di vita in generale va migliorato.

Per stile di vita si intende cercare di evitare eccessive fonti di stress, droghe o sostanze d’abuso, cercare un buon equilibrio lavorativo e circondarsi di persone positive, evitando le relazioni ad alta emotività espressa.

4. Migliorare la Nutrizione

Il ruolo dell’alimentazione nel trattamento dell’ADHD è alquanto controverso.

La ricerca a sostegno delle molte teorie su coloranti, additivi, inquinanti e zuccheri (zuccheri semplici ed eccessivo introito calorico) che causano l’ADHD nei bambini non convince del tutto, è vero, ma siamo solo all’inizio.

Detto questo, molte persone con ADHD consumano una quantità insalubre di alimenti ad alto contenuto di carboidrati e zuccheri, parallelamente non assumono abbastanza liquidi.

Spesso consumano ingenti quantità di alcol e di caffeina. Questo non va bene per niente.

Gran parte di ciò è dovuto a una cattiva pianificazione; i pazienti adulti con ADHD si ritrovano a saltare i pasti e a riempirsi con spuntini insalubri.

C’è anche la tendenza a auto-medicare il senso di fame con la caffeina o il tabacco, sia per superare la sonnolenza diurna dovuta ad un cattivo sonno notturno o provare a migliorare l’attenzione e la concentrazione.

Tristemente, troppa caffeina provoca ansia, aumenta paradossalmente la distrazione e peggiora l’insonnia. Un bel circolo vizioso.

Io dico sempre ai miei pazienti di fare un inventario di ciò che stanno mangiando: cercate di ridurre gradualmente l’assunzione di zucchero semplice, la caffeina ed i carboidrati. Prendi in considerazione l’utilizzo di barrette di buona marca al lavoro, ricche di proteine, oppure pensare al burro di arachidi naturale, bastoncini di formaggio naturale o noci, nocciole e mandorle.

Mantenere sempre un’ottima idratazione.

5. Identificare Strategie di Autogestione

Ti è mai capitato di sentirti sopraffatto dagli impegni, ansioso, esausto e disorganizzato?

Le persone con ADHD spesso lottano per migliorare un gruppo di abilità cognitive chiamato funzioni esecutive.

Le funzioni esecutive includono comportamenti come la gestione del tempo, l’inizio di attività, l’organizzazione, la definizione delle priorità e la pianificazione.

Un modo per ottimizzare questo onere è quello di creare più struttura e ordine, ovvero pianificare una strategia con l’aiuto di un terapeuta.

Avere una strategia condivisa con un terapeuta ed i care giver aiuta i pazienti a sentirsi più tranquilli.

Questa struttura può essere creata sia per la casa che per l’ufficio.

Gli strumenti più importanti per questi fini si chiamano calendari ed elenchi di attività; questi dispositivi creano una forma esterna di responsabilità.

Alcuni pazienti con ADHD hanno difficoltà a implementare inizialmente queste cose, ma una volta che sono stati impostati e condivisi, sono estremamente utili e molto terapeutici.

6. Trovare una persona con cui condividere il programma terapeutico

Si può trattare del fidanzato, del marito o anche un collega di lavoro con cui abbiamo un rapporto speciale.

La condivisione ed il supporto sono elementi che possono potenziare i risultati di un programma terapeutico in maniera esponenziale.

Inoltre far passare alle persone intorno al paziente il messaggio che quello che è accaduto sino ad oggi rappresenta un problema clinico e non un serie di inadempienze, di tratti di carattere pessimi o ancora dei “difetti” rinforzerà il legame.

7. Migliorare il Benessere Mentale tramite l’attività fisica

Più facile a dirsi che a farsi, vero? Ok, ma vediamo perchè l’attività fisica è fondamentale….

Ricordiamoci, però, che il BDNF, un fattore di crescita del tessuto neuronale, è molto importante per alcune caratteristiche della nostra mente come la concentrazione e l’attenzione, così come l’umore.

Molti scienziati ritengono che gli antidepressivi e altri farmaci funzionino, almeno in parte, aumentando il BDNF, ma ci sono altri modi per aumentare i livelli di BDNF: l’esercizio fisico, specialmente quello intenso, può aumentare i livelli di BDNF.

Molti esperti di ADHD, incoraggiano l’esercizio fisico come elemento chiave nel trattamento completo per l’ADHD, con e senza farmaci.

Alcune ricerche hanno dimostrato che l’attività sociale, la luce solare, l’assunzione ridotta di zucchero ed il tè verde possono anche aumentare i livelli di BDNF.

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Valerio Rosso

CEO a valeriorosso.com
Mi chiamo Valerio Rosso e sono un medico, psichiatra e psicoterapeuta ad orientamento psicoanalitico. Da anni divulgo i principali temi della Salute Mentale, delle Neuroscienze e della Medicina Digitale come blogger e come YouTuber. Alcune persone mi conoscono anche come musicista (cercatemi su Spotify, iTunes e YouTube Music).
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Interazioni del lettore

Commenti

  1. mario ambrosioni dice

    21/02/2019 alle 8:51 am

    Grazie!!! sempre interessanti i tuoi contributi

    Rispondi
    • Valerio Rosso dice

      21/02/2019 alle 10:29 am

      Grazie a te di leggere il mio blog!

      Rispondi
  2. Linda dice

    22/05/2020 alle 11:52 am

    Grazie dell’info. Non sono a Cuneo o Genova ma mi piacerebbe parlare con lei per mia figlia.
    Come posso fare?
    Grazie.

    Rispondi
  3. Alessandra dice

    22/05/2020 alle 2:06 pm

    Buonasera mi hanno diagnosticato questo problema qualche anno fa… Ho 36 anni e sono affetta da sclerosi multipla recidiva remitente…. Il consiglio del neurologo che mi ha diagnosticato questo deficit? Faccia parole crociate….?????

    Rispondi
  4. Piermarco dice

    03/04/2022 alle 4:23 pm

    A 50 anni, dopo tante “cure” sbagliate ho fatto i test specifici ed ho scoperto di avere l’ADHD. Vorrei curarmi senza farmaci, può aiutarmi Lei o darmi il nominativo di uno psichiatra che possa seguirmi?

    Grazie

    Rispondi
  5. Emanuela dice

    16/06/2022 alle 6:40 am

    Buongiorno ho 51 anni leggendo il post sopra di Sofia mi rispecchio in tutto, a chi posso rivolgermi per farmela diagnosticare e curare?

    Rispondi
  6. diana dice

    20/08/2022 alle 5:43 pm

    io ho un figlio a cui e stata diagnosticata la hd hd…ha 38 anni ha fatto uso di cocaina ..ora prende il depakin ma non sono daccordo perche lui fa confusione con la terapia..cosa devo fare

    Rispondi
  7. vity dice

    14/11/2022 alle 2:35 pm

    Buongiorno, cosa ne pensa del neurofeedback per hdhd nell’adulto?

    Rispondi
  8. Lucia dice

    18/12/2022 alle 12:11 pm

    Vorrei avere altri chiarimenti in merito perché ho tutti i sintomi descritti e sono in cura con antidepressivi da anni ma senza risultati omportsnti…Grazie

    Rispondi
    • Valerio Rosso dice

      18/12/2022 alle 12:13 pm

      Ti consiglio di andare sul mio canale YouTube dove troverai molti video al riguardo…. inoltre tra qualche settimana faremo un evento live proprio sull’ADHD…. ci vediamo su YouTube! 🌈🍀⭐️

      Rispondi

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