La Coscienza ed il suo significato generale, è specifico nel campo della psichiatria e delle Neuroscienze: che cos’è la Coscienza dell’Io? Coscienza, Coscienza dell’Io e Autocoscienza, quali sono le differenze?
Per approfondire questo argomento molto interessante vi consiglio di guardare questo video e di leggere quello che ha scritto al riguardo Karl Jaspers. #coscienza#neuroscienze
Di seguito ritrovate la trascrizione del video su Coscienza dell’Io in Psichiatria
La trascrizione è stata effettuata tramite il servizio di Google, ed è stata riveduta solo parzialmente, per cui non sarà scevra da errori ed inesattezze.
La Coscienza ed il suo significato generale nel campo delle Neuroscienze
“La parola Coscienza necessita di essere per prima cosa sbrogliata nei suoi tre, almeno tre, significati principali, per evitare di ingarbugliarci in anzi a tutto sul piano dell’orientamento iniziale.
Abbiamo il più frequente e diffuso significato di Coscienza Morale, ovvero la più o meno sviluppata capacità e propensione ad entrare in contatto con gli aspetti etici della nostra esistenza, del nostro vivere civile. Quindi senz’altro è anch’essa una funzione psichica ma indirizzata alla capacità del soggetto di giudicare sé stesso e indirizzare i propri comportamenti, e ad un possibile conseguente sentimento di soddisfazione o di colpa.
C’è poi la Coscienza intesa nel senso neurologico del termine, che si riferisce ad un cosiddetto livello di coscienza presentato da un individuo in una determinata condizione fisiologica o patologica ed è essenzialmente connesso a due elementi ovvero la vigilanza e la consapevolezza. Questo significato, molto medico, biologico potremmo dire, della parola Coscienza può avere come tutti sanno un’ampia gamma di livelli di profondità, difficili da definire in maniera netta come la veglia, il coma, il sonno, il dormiveglia, gli stati crepuscolari, la meditazione e varie sfumature tra di essi. Questo genere di Coscienza è quella che interessa in particolar modo gli anestesisti, i quali riescono a gestirla durante gli interventi o la gestione del dolore fisico.
Ma veniamo alla psichiatria ed alle neuroscienze.
Quando uno psichiatra vi parla di Coscienza quasi sempre si riferirà alla cosiddetta Coscienza dell’Io, ovvero ad un’attività riflessiva della nostra mente che le fornisce la capacità di divenire consapevole dei propri atti di conoscenza come ci insegna Karl Jaspers.
La Coscienza dell’Io è quindi una funzione psichica che comprende due dimensioni molto interessanti ovvero un elemento riflessivo, che è la consapevolezza del proprio essere e della propria realtà psichica, e uno cosiddetto integrativo, per cui le varie dimensioni, o istanze, presenti nella nostra mente, ovvero desideri, pensieri, idee, sentimenti, vengono vissuti e percepiti in maniera integrata ed organica, famigliare potremmo dire e ci rendono consapevoli di chi siamo rispetto agli altri e al mondo intorno a noi.
Potremmo dire che la Coscienza dell’Io è una sorta di attività psichica che vigila sull’attività psichica e che sta alla base della sensazione di unità e di integrazione dell’individuo stesso. Come vedete è molto difficile definire la Coscienza, quella che si chiama anche in maniera molto divulgativa autocoscienza, se non in maniera tautologica e facendo uso essenzialmente di metafore ottiche, in particolare usando la parola riflesso, riflessione e riflettere.
Ma a cosa serve la Coscienza?
Di sicuro è un optional molto evoluto della nostra mente, come ci fa sempre notare Karl Jaspers, che è presente probabilmente solo nell’uomo o in animali molto evoluti, e che di fatto ci rende consapevoli anche di cose poco piacevoli come la nostra morte, il fatto che dovremo morire prima o poi, senza, tutto sommato, darci molto in cambio, sul piano della conservazione della specie quantomeno. È forse uno scarto evolutivo che ci differenzia di sicuro da una formica o da un gatto ma che non pare essere poi cosí indispensabile O forse no?
Noi esseri umani in realtà siamo molto affezionati alla nostra Coscienza dell’Io, senza neppure accorgercene e senza sapere bene che cosa sia e in che maniera plasmi la nostra mente. Infatti la Coscienza dell’Io, questa funzione riflessiva così speciale del nostro funzionamento mentale, ci permette di attuare delle ricostruzioni storiche del nostro comportamento e delle nostre personali attività psichiche interne e di quelle degli altri che danno molto più valore e rendono incredibilmente più informative le nostre memorie. I nostri engrammi, registrati dentro i nostri circuiti neuronali, si arricchiscono di sfumature di significato tipiche della poesia e delle arti, ad esempio. Il che non è per niente male, no? Tutto questo, forse, ci porta a pensare che questo misterioso regalo dell’autocoscienza che l’evoluzione ci ha fatto, tutto sommato sia prezioso e fonte di ispirazione per noi esseri umani.
Il discorso della Coscienza dell’Io merita anche di essere riportato e compreso particolarmente in questo periodo nel quale tutto il mondo esprime forte attenzione per l’intelligenza artificiale. Vale la pena tranquillizzare gli animi ricordando che al momento nessuno è particolarmente interessato a dotare le macchine, i computer, di attività autocoscienti o riflessive in senso esteso proprio per il fatto che la Coscienza dell’Io sembra essere utile più negli ambiti creativi, poetici ed artistici che nello sporco lavoro di risoluzione dei problemi complessi del mondo, ne tantomeno ci preoccupiamo degli aspetti della coscienze etica delle macchine.
La Coscienza dell’Io rimane in qualche modo rilevante ed affascinante soprattutto per gli psicologi e per gli psichiatri, che rimangono affezionati non solo al comportamento rilevabile, o all’oggettivazione dei segni e dei sintomi, DSM 5 alla mano, ma che anzi risultano sicuramente felici che la psichiatria non venga sostituita con una semplice “neurologia con sintomi mentali” per cosí dire, come ci ricordava nelle sue lezioni il Prof. Romolo Rossi, in cui la conoscenza, l’approfondimento, ed il chiarimento dei fenomeni della mente perderebbero sicuramente di importanza, un pochino come accade in ambito neurologico appunto dove l’emozione che ha un emiplegico nel non poter più muovere un emilato o un paziente parkinsoniano nel perdere la motilità fine, ha un importanza tutto sommato relativa.
Per la psichiatria il vissuto, l’emozione, la coscienza e le modalità fisiologiche e patologiche di integrazione delle percezione e delle memorie sono materiale di estremo interesse….”
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