Quanti di voi hanno sentito parlare della rivoluzione dei digital biomarkers in psichiatria?
Con molte industrie attualmente in fase di trasformazione digitale, non dovrebbe sorprendere che i cosiddetti digital biomarkers, in italiano “biomarcatori digitali” abbiano suscitato l’interesse dell’industria farmaceutica e sanitaria.
Ma cosa sono i biomarcatori digitali? Che promessa stanno facendo alla psichiatria?
La natura dei Digital Biomarkers
I biomarcatori digitali sono misure fisiologiche del linguaggio naturale e del compotamento generate come flusso di dati da periferiche personali di un paziente.
Secondo il National Institutes of Health (NIH), un generico biomarcatore è una caratteristica (ad esempio, fisiologica o patologica) che viene oggettivamente misurata e valutata come indicatore dei normali processi biologici, o risposte biologiche ad un intervento terapeutico o di stimolo.
Il termine “digitale” si riferisce quindi alle modalità di raccolta, che comprende le periferiche digitali personali (ad esempio lo smartphone), il cosiddetto IoT (“Internet of Things“, l’internet delle cose) e persino alcuni dispositivi ingeribili.
L’aumento dell’entusiasmo deriva dall’opportunità di avere accesso a grandi quantità di nuove fonti di dati longitudinali (la raccolta di uno stesso gruppo di dati nel tempo) per ottenere dei marcatori di patologi psichiatrica al pari di quello che accade in altre specialità mediche.
Questo viene ottenuto tramite periferiche digitali cosiddette “intime” come ad esempio il nostro smartphone, uno degli oggetti dai quali non ci separiamo mai e che conservano al loro interno tutto il nostro mondo.
Nello smartphone troviamo:
- Quello che ci piace o che non ci piace
- Quello che leggiamo
- Quello che compriamo
- Quello che diciamo, come lo diciamo, il nostro gergo ed il nostro linguaggio
- I nostri gusti sessuali
- Le nostre idee politiche
- I cambiamenti di tutte queste variabili nel corso del tempo
- Le informazioni sulla nostra motricità
- Dove siamo, dove andiamo, dove siamo stati
- Etc. etc. etc.
Davvero notevole, non credete?
I biomarcatori digitali hanno quindi il vantaggio di estendersi oltre l’ambito clinico, dando la possibilità di osservare individui per la ricerca clinica, sottoponendoli al processo di raccolta dati sanitari.
Badate bene che i dati che vengono raccolti dalle nostre periferiche personali non sono automaticamente considerabili dati sanitari, ma lo diventano se adguatamente processati da algoritmi di intelligenza artificiale costruiti per questo scopo.
Un ultima considerazione, secondo stime più che attendibili, il mercato globale dei dispositivi medicali indossabili (oltre i normali smartphone quindi….) dovrebbe raggiungere i 14,4 miliardi di dollari entro il 2022, con gli Stati Uniti che rappresentano il mercato più grande.
Opportunità, Sviluppi e Sfide
Le opportunità offerte dai digital biomarkers in psichiatria sono immense, in quanto intimamente connesse ai big data che generano.
Le tecnologie sanitarie digitali possono, tramite misure connesse al linguaggio naturale e alla rilevazione del comportamento (tramite i sensori degli smartphone), consentire il rilevamento di pattern tipici di alcune psicopatologie o di sintomi tipici di alcune malattie mentali.
Esempi di biomarcatori digitali sono i biomarcatori di rischio di sviluppo di una data malattia psichiatrica, di monitoraggio dei segni e dei sintomi e monitoraggio degli esiti dei trattamenti, finalmente oggettivati e confrontabili.
Un esempio di un tipico biomarcatore di rischio è un test computerizzato che aiuta a classificare gli adulti ad alto rischio di insorgenza tardiva dell’Alzheimer, semplicemente dall’analisi del linguaggio naturale.
Abbiamo anche analisi dei movimenti e della motricità per il riconoscimento delle fasi maniacali o euforiche del disturbo bipolare.
Infine studio degli esordi precoci di psicosi tramite l’analisi del ritmo e della prosodia del linguaggio, senza includere elementi semantici, poichè ritenuti inutili per questo fine (vedi l’articolo sul sistema di Intelligenza Artificiale Watson della IBM).
Insomma la psichiatria sta diventando oggettiva e confrontabile.
Ovviamente ci sono anche dei punti critici:
- La gestione della privacy e della riservatezza dei dati rilevati tramite le periferiche, chi se ne occuperà?
- Il modo in cui i digital biomarkers verranno utilizzati dai medici: in sostituzione della loro professionalità oppure in supporto?
- Chi autorizza all’utilizzo dei Big Data? Processo volontario? Donazione? Obbligo ai fini di salute pubblica?
Insomma le domande e le questioni etiche e legali sono tutt’altro che definite e semplici.
D’altra parte sarebbe un vero peccato non utilizzare al più presto la risorsa dei digital biomarkers in psichiatria, dato che permetterebbero di salvare vite e di curare disturbi mentali ad alto impatto sul piano sociale e di salute globale.
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