Che cos’è un placebo digitale?
Tradizionalmente un placebo è una formulazione farmaceutica (compressa, capsula, fiala, etc.) contenente una sostanza inerte che non è progettato per avere un valore terapeutico.
Con l’evolversi della ricerca sanitaria il concetto di placebo è stato esteso ad ogni trattamento che non presenta un valore terapeutico, incluso periferiche mediche, interventi riabilitativi o di altro genere, che vengono attuate come se avessero veramente proprietà curative.
Nella sperimentazione clinica il placebo serve come controllo ed i pazienti di solito non sono consapevoli se stanno assumendo il trattamento fittizio oppure la terapia sperimentale (questa condizione è chiamata “cecità” e caratterizza alcuni tipologie di studi clinici controllati).
Prima delle terapie digitali, il placebo ha assunto la forma della “pillola di zucchero“, iniezioni di soluzione salina e così via.
Ma con l’emergere della necessità di studi clinici randomizzati e controllati in doppio cieco nello studio e nella progettazione di terapie digitali, la soluzione non è così semplice.
All’alba degli anni ’20 di questo primo secolo del millennio la domanda è d’obbligo: la medicina digitale dovrebbe prendere in seria considerazione anche lo studio e la progettazione di un placebo digitale?
Che cos’è il Placebo Digitale?
L’effetto “placebo digitale” è pensato come un insieme di stimoli, effetti e processi prodotti da periferiche digitali (ovviamente sotto controllo di un algoritmo software) che non comprendiamo ancora appieno e che necessita di una massa critica di evidenze che ancora non ci sono.
In analogia con il concetto di placebo farmacologico, il placebo digitale (“Dpbo”) deve necessariamente presentarsi al paziente utilizzando la stessa “forma”, ovvero la stessa UIx, (“user interface“) della DTx (“terapia digitale“) con cui viene attuato lo studio clinico di validazione, ovvero la stessa formulazione (o “eccipiente”) in accordo a questa equivalenza.
La terapia digitale in fase di studio dovrebbe risultare sostanzialmente indistinguibile, graficamente e nella forma di utilizzo da parte del paziente, dal placebo digitale con cui viene attuato il confronto clinico.
In sostanza il Dpbo deve essere costruito a partire dalla stessa UIx ma con la presenza di un algoritmo “neutrale” o cosiddetto inerte.
Secondo questa prospettiva ad ogni DTx dovrebbe corrispondere, per lo studio clinico randomizzato corrispondente, uno specifico Dpbo non sostituibile e non applicabile ad altre DTx in altri studi clinici.
La difficoltà, quindi, in uno studio clinico su una DTx è che non può esistere un Dpbo generico applicabile ad ogni situazione di ricerca, ovvero la progettazione di una nuova DTx (“digital therapeutics“) deve procedere parallelamente alla progettazione del corrispondente Dpbo (“digital placebo“).
Quindi la difficoltà è notevole: mentre per i farmaci è sufficiente mantenere gli eccipienti senza aggiungere il principio attivo, non si può semplicemente rimuovere il contenuto/interattività da uno strumento digitale (mentenendo la medesima interfaccia utente) e far finta che i pazienti non se ne accorgeranno.
Come si progetta un placebo digitale?
La giusta competenza ed esperienza per la progettazione di un Dpbo non è per nulla diffusa e/o consolidata tra le professionalità che si occupano di medicina digitale.
Dato per scontato che si dovrà utilizzare un software che abbia le sembianze dell’applicazione in fase di studio clinico, il reale problema è la programmazione di un algoritmo inerte sul piano terapeutico, ovvero neutrale, non efficace e non influenzante alcuna variabile clinica in fase di studio.
Si possono sfruttare vatie strategie a tal fine:
- Algoritmi di “fidgeting”
- “Loop” ad ampia percorrenza
- Interlocutorietà infinita dei feedback
- Game Placebo
Chiaramente la progettazione di un placebo digitale richiede tempo e competenza, molto di più di quello che accade con un placebo classico utilizzato in ricerca farmacologica o terapeutica generale.
Anche perché un placebo digitale, e questo è un altro aspetto fondamentale, necessità di possedere la capacità di trattenere il paziente ingaggiato sulla periferica per un tempo paragonabile a quanto accade con la applicazione reale, con la vera DTx.
Bibiliografia:
- Torous J, Firth J. The digital placebo effect: mobile mental health meets clinical psychiatry. Lancet Psychiatry. 2016 Feb;3(2):100-2.
- Cohen J, Torous J. The Potential of Object-Relations Theory for Improving Engagement With Health Apps. JAMA. 2019 Nov 14.
- Cosco TD, Firth J, Vahia I, Sixsmith A, Torous J. Mobilizing mHealth Data Collection in Older Adults: Challenges and Opportunities. JMIR Aging. 2019 Mar 19;2(1):e10019.
Ultimi post di Valerio Rosso (vedi tutti)
- Trauma, MicroTrauma e Stress Nascosto: The Ghost in The Machine - 19/11/2023
- Potomania: cosa devi sapere su questo Disturbo Mentale - 16/11/2023
- Il Mito della Colazione - 07/11/2023
Lascia un commento