Esiste una psicopatologia delle epidemie?
Mi sono posto questa domanda durante questo Gennaio 2020 iniziato sotto pesanti suggestioni mediatiche che hanno fatto seguito all’epidemia dell’ormai noto Coronavirus, che dalla Cina si sta diffondendo in tutto il Mondo.
La possibilità che avvenga una diffusione improvvisa e letale di entità morbose contagiose come virus e batteri ha, da sempre, colpito l’immaginario collettivo e attirato l’attenzione di molti autori.
Le grandi e terribili epidemie, che fanno parte della nostra storia, hanno lasciato una traccia di paura indelebile nell’immaginario collettivo.
Questi grandi terrori, echi di paure senza nome, hanno influenzato pesantemente la salute mentale, oltre a quella fisica ovviamente, di gruppi immensi di persone nel corso delle ere.
Manzoni (“I Promessi Sposi”) ha indagato le dimensioni del rovesciamento sociale secondaria ad un morbo contagioso, Camus (“La peste”) ha affrontato gli effetti dell’epidemia sull’animo umano.
La sensazione di estraneamento e di unheimlich (“perturbante” oppure “non famigliare“) che si insinua e sconvolge la quotidianità ha riguardato le opere di molti altri autori come Jack London (“La peste Scarlatta”), Philip Roth (“Nemesis”) o Josè Saramago (“Cecità”), che hanno scritto pagine memorabili e molto intense sulle epidemie e sulle loro imprevedibili conseguenze psicologiche e sociali.
Tutte queste opere letterarie hanno il gran merito di portare il lettore a ragionare sui meccanismi psicopatologici suscitati dai fenomeni epidemici infettivi, e io ho pensato di riportarne alcuni in questa mia breve riflessione.
D’altra parte, oltre alla più recente epidemia del Coronavirus, l’umanità ha avuto modo di sperimentare molte delle alterazioni psicologiche e sociali descritte dagli autori che vi ho citato, anche durante le epidemie di Antrace, SARS, Ebola, Zika, MERS ed altre, che abbiamo avuto negli ultimi decenni.
Psicopatologia delle Epidemie: il caso del Coronavirus
Le dimensioni psicologiche e psichiatriche che sono presenti durante questa epidemia del coronavirus, sono diverse, complesse e piuttosto imbrigliate tra loro.
Una prima osservazione riguarda il fatto che, come spesso accade, ogni epidemia di natura batterica o virale, spesso viene accompagnata da altre due epidemie di natura sia paranoicale che comunicativa.
Il primo fenomeno di rilievo è la cosiddetta Infodemia, ovvero l’ondata di informazioni sul web, social media e canali tradizionali in cui si miscelano caoticamente verità e falsità, miti e realtà, ipotesi fantasiose e conferme scientifiche.
L’Infodemia, ovvero quest’epidemia di disinformazione confusa, pericolosa e per nulla funzionale, è senz’altro sostenuta da istanze fortemente paranoicali, presenti sia in chi emana i messaggi, sia in chi li riceve.
La paranoia, tutti noi lo sappiamo, è il fenomeno patologico di difesa che comporta una scissione di una parte di noi e la sua conseguente attribuzione ad altri (o ad altro) fuori da noi.
In questo caso il fenomeno della paranoia, quando sostenuto da un nucleo oggettivo di realtà (appunto l’epidemia del coronavirus), comporta l’irruzione tra la gente “normale” di contenuti di pensiero tipici della grave psicopatologia ovvero idee prevalenti di contaminazione, timore diffuso di venire invasi, di venire attaccati da nemici invisibili.
Ed ecco che il meccanismo proiettivo di difesa induce la scissione e l’attribuzione di questi vissuti altamente disturbanti al di fuori di noi favorendo, quindi, la terza epidemia parallela che è quella di xenofobia.
Il meccanismo di difesa paranoicale , che rappresenta il nucleo patologico della psicopatologia delle epidemie, sostiene l’affermazione che il nemico non sia il coronavirus ma la popolazione cinese.
La popolazione cinese che sino a ieri era vissuta come sintonica con la nostra, che non “disturbava”, che non preoccupava i razzisti, ma anzi che silenziosamente lavorava, produceva ed aiutava, improvvisamente diventa l’etnia degenere che produce armi batteriologiche, che non sa gestire l’epidemia, che ci porterà tutti all’estinzione.
Epidemia virale, infodemia e xenofobia, come sempre è accaduto in passato, anche nel caso dell’epidemia del coronavirus procedono pericolosamente in parallelo, alimentandosi l’un l’altra.
Quello che hanno descritto Manzoni, Camus, Roth o Saramago, si ripresenta puntualmente anche nel caso dell’epidemia del coronavirus.
Psicopatologia delle Epidemie, ovvero la difficoltà nel restare umani
Arriviamo adesso al punto che mi premeva discutere con voi.
L’irruzione della psicosi tra le persone rappresenta un fenomeno che, paradossalmente, non favorisce la costruzione di strategie di contenimento dell’epidemia, piuttosto ne accelera la diffusione e ne aumenta la letalità.
La paranoia porta sempre con se il pesante fardello del pensiero persecutorio, che la psichiatria ci insegna essere da sempre patrimonio delle gravi psicosi.
Il pensiero persecutorio può in questi giorni contagiare persone che ne erano fino a ieri immuni, persone appunto “normali” ma con caratteristiche specifiche di sensibilità e di cultura incompleta, sensibili e suscettibili proprio perché solo parzialmente informate.
Qualcuno disse che la persona che ha qualche informazione e non tutte le informazioni ha un grosso potenziale di pericolosità.
Un “poco di cultura” sull’epidemia del coronavirus, quella che viene garantita dalla lettura superficiale di qualche riga di testo sui social media, ha come risultato quello di elicitare fenomeni paranoicali in molte persone e di favorire la diffusione di fake news.
La psicopatologia delle epidemie, a mio parere, è sostenuta proprio dall’incontro tra persone dotate di tratti “sensibili” e di cultura parziale ed incompleta.
Il nuovo coronavirus, purtroppo, si sta diffondendo rapidamente e non sappiamo ancora quale saranno le conseguenze di questa epidemia.
Ma mentre ci prepariamo a rispondere in maniera razionale e scientifica, come comunità globale, a questa nuova epidemia, dobbiamo essere sicuri di riuscire anche a contenere le parallele epidemie di xenofobia e disinformazione.
Anche perché il successo di questa sfida è affidato anche alla nostra capacità di controllare la nostra paranoia e, in ultima analisi, di restare umani.
This work is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International License.
Lascia un commento