In questo articolo vorrei discutere alcuni principi generali del trattamento psicofarmacologico integrato in psichiatria, con alcuni cenni storici, consigli e linee guida generali.
Questo articolo è indirizzato a tutti coloro che vogliono approfondire l’argomento generale della psicofarmacologia: pazienti, famigliari, specializzandi, medici non specialisti in psichiatria ed altri operatori della salute mentale.
Si tratta di un’introduzione al grande capitolo della psicofarmacologia per chi non la pratica quotidianamente.
Per chi volesse approfondire questi temi ricordo che ho prodotto un breve articolo in cui consiglio i migliori libri per imparare la psichiatria, per consultarlo andate a questo link.
Breve storia della psichiatria e del suo rapporto con la psicofarmacologia
Le prime grandi scoperte della psicofarmacologia iniziarono ad avvenire dagli anni ’50 dello scorso secolo in avanti, ma possiamo affermare che fu dagli anni ’70 in avanti che la psichiatria manifestò una rapida trasformazione rispetto ai suoi metodi di trattamento delle malattie mentali.
Il cambiamento di orientamento da un approccio prevalentemente psicoanalitico ad un altro più rivolto al biologico ed alla psicofarmacologia non ha cambiato soltanto l’approccio al trattamento dei pazienti, ma anche l’identità professionale degli psichiatri.
Ed ecco che tra gli anni ’80 e gli anni ’90 del secolo scorso molti psichiatri più anziani faticarono non poco ad integrare nel loro bagaglio terapeutico l’enorme espansione dei trattamenti psicofarmacologici.
Allo stesso modo agli inizi degli anni 2000, per gli psichiatri “classici”, non fu semplice aggiornarsi sulle nuove teorie biologistiche, sui nuovi test di laboratorio e sul neuroimaging, sull’iniziale espansione delle tecnologie digitali, su internet e suoi farmaci di nuova generazione.
Tuttavia questa transizione dal “vecchio” al “nuovo”, si è ormai quasi completata e, negli ultimi 10 anni, si è formata una generazione di psichiatri che ha una robusta integrazione di conoscenze psicoterapeutiche, psicofarmacologiche e riabilitative.
Certo manca ancora la fondamentale competenze trasversale relativa alla digitalizzazione della medicina, ma anche questo ultimo capitolo verrà probabilmente completato entro i prossimi 5 anni.
Per molti studiosi e clinici, gli approcci biologistici e psicofarmacologici sono diventati l’essenza della psichiatria, sebbene altri, per molti anni, abbiano insistito sul fatto che l’utilizzo di psicofarmaci non faceva altro che mascherare le malattie sottostanti, lavorare contro la risoluzione dei conflitti intrapsichici, interferire con la terapia e così via.
Durante la transizione tra queste due “visioni della psichiatria”, la maggior parte dei clinici ha sviluppato approcci più equilibrati e pratici, combinando diversi elementi di psicoterapia e psicofarmacologia.
Molto spesso, la psichiatria accademica, caratterizzata, a volte, da atteggiamenti arroganti, ipertrofìci e polarizzati, si è dimostrata in ritardo rispetto alla clinica, al “mondo reale“, che necessita piuttosto di efficenza ed efficacia, ovvero dell’integrazione concreta delle migliori pratiche, al di la dell’ideologia.
Di fatto, io ritengo, in maniera piuttosto intuitiva, che la psichiatria, in quanto specialità della medicina, debba incorporare aspetti che riguardano teorie psicosociali, psicobiologiche e psicofarmacologiche per dar luogo ad una disciplina realmente nuova che includa una visione olistica dell’uomo, le innovazioni della psiconeuroendocrinoimmunologia e l’utilizzo delle tecnologie digitali.
Una delle ragioni principali a favore della necessità di applicare un approccio combinato (“integrato“) è il fatto che, sebbene i farmaci psicotropi esercitino effetti profondi e benefici sulle funzioni cognitive, sull umore e sul comportamento, spesso non modificano il processo che sostiene la malattia e che, frequentemente, è invece sensibile a stress intrapsichici, interpersonali e psicosociali, e che risente moltissimo del comportamento e dello stile di vita.
In linea di principio, i risultati positivi possono essere ottenuti soltanto riducendo i sintomi e simultaneamente, promuovendo la capacità dell’individuo di adattarsi alle esigenze della sua esistenza.
L’adattamento è la condizione chiave di qualsiasi intervento terapeutico in psichiatria: favorire la gestione dello stress acuto e cronico e stimolare strategie esistenziali in tal senso rappresenta il passato, il presente ed il futuro della salute mentale.
Sorprendentemente, alcuni clinici che si occupano di medicina interna hanno adottato principi di matrice psicosociale per favorire il trattamento di malattie come l’ipertensione, l’artrite reumatoide e il diabetè giovanile.
Analogamente, gli psichiatri che considerano la psicofarmacologia come l’unico aspetto importante della loro professione finiranno probabilmentè per trovarsi nella stessa posizione di quegli internisti che ritengono, a torto, che la semplice prescrizione dei diuretici tiazidici sia una soluzione semplice per il trattamento dell’ipertensione.
Nessuna terapia è possibile, in psichiatria come in ogni altro campo della medicina, al di fuori di un approccio olistico al paziente.
Al contrario i clinici che praticano la psicoanalisi o applicano un altro genere di psicoterapie non dovrebbero aspettarsi che tali approcci curino o riducano significativamente i sintomi somatovegetativi in pazienti con una vera depressione endogena.
Questo è importante affermarlo con forza.
Al giorno d’oggi le persone chiamano “depressione” qualsiasi condizione di disagio che includa un umore depresso ma le cose non stanno cosí e questo approccio è molto più grave e pericoloso se a condividere questa opinione semplicistica e banalizzante sono anche i medici e, addirittura, gli psichiatri.
Che cos’è realmente la depressione? Date un occhiata a questo mio video:
Chi ritiene che tutto sia risolvibile con la sola psicoterapia, hanno necessità di comprendere i potenziali benefici dei trattamenti alternativi, particolarmente di quelli che utilizzano farmaci psicotropi ma non solo…. interventi sullo stile di vita, sul microbiota, la sospensione di sostanze d’abuso, la cura del sonno, l’attività fisica, il life coaching, il colloquio motivazionale e molti altri.
Parlando in termini pratici, dal momento che con un approccio psicofarmacologico possono spesso essere ottenuti risultati favorevoli più rapidamente che con la psicoterapia, la fiducia nella psicofarmacologia potrebbe essere raggiunta abbastanza facilmente e prevaricare, nuovamente, un approccio olistico alla persona che includa tutte le possibili fonti d’aiuto; parliamo quindi di un trattamento psicofarmacologico integrato.
Equilibrio, prudenza, conoscenza approfondita del paziente e conoscenza approfondita di tutti gli interventi terapeutici razionali sono la chiave di volta per un approccio vincente alla cura della malattia mentale.
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