Accompagnare alla morte un nostro caro è, probabilmente, il piú grande e piú importante gesto d’amore.
Colei, o colui, che amiamo merita di averci vicino e di essere aiutato mediante gli strumenti della scienza, della psicologia e dell’amore.
In questo articolo vi spiegherò i punti più importanti da sapere per accompagnare alla morte chi amiamo e, alla fine, vi consiglierò diverse letture per imparare a farlo usando testa e cuore ma anche per essere aiutati voi stessi in questo difficilissimo percorso di fine vita.
Ricordiamoci sempre che accompagnare alla morte una creatura è molto simile, secondo una certa prospettiva esistenziale, ad aiutare un essere vivente a venire al mondo: dobbiamo pensare alla vita e alla morte come ad un cerchio che si chiude, un progetto che si compie.
Purtroppo, per complesse ragioni culturali, il tema del “fine vita” è spesso un tabù, particolarmente in Italia.
Il punto importante, che non mi stancherò mai di ripetere, è che qualsiasi essere umano ha il diritto di passare dalla vita alla morte nella maniera meno traumatica possibile sia sul piano del dolore fisico che su quello del disagio mentale e della paura.
Lasciare andare una persona che amiamo non è per nulla semplice e scontato, ma poterlo fare sentendosi efficaci nel nostro aiuto e percependo di riuscire a fare la cosa migliore possibile per la creatura che abbiamo deciso di amare, diventa un compito molto meno gravoso, meno tragico e dona dignità, importanza e valore ad un momento che ha lo stesso valore ed importanza della nascita.
Sofferenza fisica e Sofferenza mentale devono essere considerati sullo stesso piano
Sono in molti a dire di temere la sofferenza ancor più che la morte.
Questo è vero ma solo in parte: l’idea stessa di “non essere più”, di perdere per sempre la consapevolezza di noi stessi e del Mondo intorno a noi è motivo di grande sofferenza e paura.
Sta di fatto che andranno presi in massima considerazione sia gli aspetti del dolore fisico che di quello psichico.
Tra parentesi molti interventi che vengono utilizzati per lenire il dolore fisico, come la morfina e gli oppiodi, forniscono anche un grosso aiuto sul piano di sopportazione del dolore mentale.
È importante sapere, e quindi favorire, che oltre ai farmaci per l’analgesia sono utilizzati quasi sempre anche psicofarmaci che risultano estremamente efficaci nella gestione dell’ansia e dell’angoscia prima della morte.
Ad esempio le benzodiazepine, non sempre indicate nel trattamento cronico dell’ansia e dell’angoscia in un individuo con un’aspettativa di vita elevata, possono essere molto efficaci nella persona morente in quanto attenuano la tensione emotiva e la paura.
Altri farmaci utili per il paziente in avvicinamento alla morte possono essere alcuni neurolettici, sia tipici che atipici, anche in ragione delle loro qualità anti-vomito; ad esempio si possono utilizzare, in off label ovviamente, sia l’aloperidolo che l’olanzapina.
Infine possono avere utilità clinica anche alcuni antidepressivi come il trazodone o la mirtazapina, sia per la loro funzione di sostenere il tono dell’umore che per l’effetto di blanda sedazione e di aumento dell’appetito.
Quindi sarà importante pretendere, sul piano medico-sanitario, il trattamento di ambedue le variabili di sofferenza, ovvero quella fisica che quella psichica.
Come rapportarsi al paziente morente
Una persona che si avvicina alla sua fine ha delle caratteristiche molto speciali che per alcuni sembrano strane o addirittura paradossali:
- è incredibilmente sensibile ed attento agli altri e all’ambiente intorno a lui
- ha una grande necessità di “normalità”
- necessita di essere rispettato e, entro certi limiti, accontentato nel suo desiderio di stare insieme agli altri oppure al contrario di stare un pochino da solo
- teme di essere d’impaccio e si sente in colpa quando vede che gli altri si intristiscono per lui
- ha spesso voglia di ironia e di felicità nelle persone intorno a lui
Sulla base di questi punti, e facendo uso di un ascolto attento e rispettoso, sarà sempre possibile agire e comportarsi al meglio per rendere elevata la qualità di vita degli ultimi giorni di una creatura a cui abbiamo deciso di stare vicini.
Rifiuto, rabbia, patteggiamento, depressione e accettazione, sono sempre valide le cinque fasi del processo di elaborazione della propria fine ipotizzate dalla psichiatra Elisabeth Kübler-Ross.
Sebbene sia ancora questo il modello da seguire per comprendere il funzionamento mentale ed emotivo di coloro che ricevono una prognosi di morte, ormai sappiamo che non sempre si arriva la fase dell’accettazione.
In ogni caso non si può immagiinare di applicare a ogni individuo lo stesso schema: sicuramente nella persona adulta o di mezza età, subentra la comprensibile demoralizzazione legata al fatto di non aver concluso un arco di vita completo.
Ci può essere il terribile pensiero di lasciare figli piccoli, la carriera lavorativa soprattutto il coniuge.
Quali sono le cose migliori da fare durante le varie fasi del processo di elaborazione della morte? Vi propongo alcuni spunti.
Il Rifiuto
Quando la persona viene posta di fronte ad una rave condizione medica che potrà condurlo alla morte, la negazione ed il rifiuto sono i principali meccanismi di difesa a scendere in campo.
Il tentativo di non accettare la realtà è il primo movimento emotivo che una persona fa davanti all’ipotesi del morire per proteggersi da un dolore e da un’angoscia immensa.
In questo caso i parenti si troveranno ad osservare questo meccanismo in maniera molto chiara e potrebbero essere turbati dalla reazione del loro caro. È normale.
Persone molto razionali possono affrontare lo stress con modalità anche molto bizzarre e poco aderenti alla realtà.
In questi momenti il ruolo del famigliare o dell’amico sarà quello di ascoltare in maniera “non giudicante” il pensiero di chi abbiamo davanti e se la persona cara sente il desiderio di parlare è molto importasnte ascoltarlo con la migliore disponibilità all’ascolto possibile.
Ricordate che è fondamentale non mostrarsi superficiali ed evitare di allontanarsi se il malato ha voglia di parlare.
La Rabbia
Questa fase dell’elaborazione del cammino verso la fine è forse la più complessa e difficile da gestire.
In questo periodo di tempo si miscelano sentimenti drammatici, che vengono rivolti verso di sé oppure contro le persone che stanno intorno (famigliari, coniuge, figli o amici).
Classicamente la persona può affermare: “Perché proprio a me?“, “Perchè non è morto uno dei tanti criminali che ci sono in giro?“
La rabbia va sempre interpretata come un segno di disperazione ed è l’anticamera della depressione.
Anche in questo caso tutti questi sentimenti laceranti vanno accolti e rispecchiati in maniera non giudicante.
Nel caso di una sfuriata la cosa migliore da fare è sedersi davanti alla persona e restare in silenzio: probabilmente dopo la urla e le imprecazioni l’ammalato si metterà a piangere e cercherà comprensione.
La depressione
Quando le condizioni generali della persona peggiorano vistosamente, quasi sempre si esaurisce l’autoinganno e inizia a manifestarsi un’esatta percezione della propria fine.
Tutti gli sforzi per cercare di far tornare il buonumore sono vani e inutili, addirittura sbagliati, dato che l’obiettivo della depressione è quello di rendere la persona distaccata.
Restare in silenzio vicino al letto, davanti al campo visivo della persona, è la cosa più amorevole ed utile che ci sia.
Si parla in maniera franca e affettuosa ogni volta che la persona ce lo chiede.
L’accettazione
È l’ultima fase prima della partenza in cui una persona può avere il desiderio, se ancora lucido, di salutare i suoi cari, lasciare delle volontà o delle raccomandazioni a chi si vuole bene.
Per chi sta dando supporto ed aiuto alla persona morente è probabilmente giunto il momento di farsi sostenere e aiutare a propria volta.
Vorrei fare qualcosa, ma cosa?
Come persona vicina al morente desiderate sicuramente aiutare ad alleviare la sofferenza del vostro caro, ma vi potreste sentire insicuri, sopraffatti o impotenti.
Durante la fase terminale, il corpo, le funzioni corporali, lo stato di coscienza, i bisogni e anche il comportamento della persona in fin di vita cambiano e ci sono alcune misure pratiche per prendersi cura di questi cambiamenti.
Con le dovute attenzioni la fase terminale può anche avere un decorso sereno e tranquillo.
Fame e sete
Spesso le persone in fin di vita bevono meno e non hanno più voglia di mangiare.
È piuttosto normale: le funzioni vitali rallentano e il corpo non ha più bisogno di essere nutrito come prima.
Non preoccupatevi, la persona interessata non morirà di fame.
Possibilmente lasciate che mangi quanto e quello di cui ha voglia, quando lo desidera e, allo stesso modo, molte persone in fin di vita non desiderano bere se non in piccole quantità.
Alcune persone in fin di vita possono avere una forte sensazione di secchezza della mucosa orale e chiedere da bere per quello e per prevenire eventuali problemi della bocca e dare sollievo, è importante pulirla regolarmente.
Se notate che il vostro caro avesse problemi di deglutizione oppure rischio di soffocamento durante assunzione di alimenti, oppure tossisce o si schiarisce spesso la gola mentre mangia o beve, contattate un professionista.
Contro la secchezza delle fauci
- Piccole quantità della bevanda preferita possono essere versate goccia a goccia all’interno della guancia tramite una cannuccia.
- Spruzzate la bevanda preferita sulla lingua con uno spray orale.
- Mettete dei cubetti di ghiaccio all’interno della guancia. I cubetti di ghiaccio possono essere fatti ad es. con succhi di frutta, coca cola, tè, birra, ecc.
- Lasciate che la persona in fin di vita succhi da una spugna o un panno imbevuti. Se lo morde, attendete che molli la presa.
Soddisfare le voglie
- Spesso bevande e cibi freddi e di facile deglutizione sono meglio tollerati (ad es. gelato, yogurt, composta).
- Usate cucchiaini da tè o caffè perché le posate di grandi dimensioni possono provocare conati di vomito.
- Offrite più volte porzioni molto piccole (2–3 cuc chiai sono spesso sufficienti).
L’agitazione della persona morente
Diversi fattori possono causare un’agitazione o un’alterazione delle percezioni nella persona in fin di vita.
L’orientamento spaziotemporale e situazionale è sempre più limitato e ciò può causare agitazione.
Lasciate che le attività quotidiane si svolgano, come d’abitudine, anche intorno alla persona in fin di vita: la routine ha un effetto calmante; spesso avere qualcuno nella stanza può tranquillizzare la persona in fin di vita senza bisogno di parlare.
Rispettate l’alternanza di giorno e notte, evitando di oscurare la stanza.
Indicate il giorno della settimana e l’ora e descrivete alla persona in fin di vita quali cure o altre azioni effettuate, anche se è parzialmente sveglia, addormentata o in coma.
Molti studi hanno dimostrato che le persone morenti possono sentire e capire cosa sta accadendo intorno a loro fino all’ultimo istante.
L’agitazione può manifestarsi talvolta con la necessità di muoversi o di cambiare frequentemente posizione.
La persona in fin di vita potrebbe provare a sedersi o alzarsi: offritele il vostro aiuto, ad esempio facendola sedere sul bordo del letto con i piedi sul pavimento o aiutandola a fare piccoli movimenti insieme nel letto.
In alcuni casi, l’agitazione può scatenare comportamenti aggressivi verso le persone intorno: cercate di mantenere la calma e di non prendere questi comportamenti sul personale, eventualmente consultate dei professionisti della salute mentale per conoscere la causa di questa agitazione.
I migliori libri per affrontare il percorso verso la morte
È davvero incredibile constatare come ci siano davvero pochi testi di valore su di un tema così importante, ovvero l’accompagnamento di noi stessi o degli altri verso la morte.
In ogni caso, nel corso della mia attività di psichiatra, ho avuto modo di leggere diversi testi, selezionando i migliori, che poi ho consigliato alle persone bisognose di supporto.
Negli ultimi anni ho selezionato i 3 migliori libri sul tema della morte e del “fine vita” tra tutti quelli che ho avuto modo di valutare.
Ecco che cosa ho scelto per voi:
“Saper morire. Cosa possiamo fare, come possiamo prepararci” di Gian Domenico Borasio
Sono moltissime le persone, anche brillanti e colte, che dinanzi alla morte si comportano in maniera inspiegabilmente irrazionale, generando per sé e per gli altri sofferenze inutili e ampiamente evitabili.
Da un lato, è una questione di non conoscenza e di incompetenza, infatti sulla morte scrivono molto i filosofi, i religiosi e chi si occupa di bioetica, ma raramente si sente la voce dei medici, che probabilmente sono coloro che la conoscono in maniera più profonda.
Come dicevamo nel corso dell’articolo, poi, è anche una questione di paura, di innominabile paura, e si sa che la paura è sempre una cattiva consigliera che allontana dalla possibilità di fare la cosa giusta.
Alla paura di non esistere più, si aggiunge quasi sempre, la paura di soffrire, ed è questo che rende il libro che vi sto consigliando un importante ed indispensabile testo di riferimento.
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“Saper accompagnare. Aiutare gli altri e se stessi ad affrontare la morte” di Frank Ostaseski
Nella nostra cultura occidentale la morte è considerata prevalentemente come un fatto clinico.
Ma essa è in realtà un momento di grandissimo valore psicologico, nonché emotivo emotivo e spirituale.
Il nostro rapporto con la morte ed il morire dipende in larga parte dal rapporto che abbiamo con il dolore, con noi stessi, con tutti quelli che amiamo e che ci amano, con la nostra idea del divino e del piano spirituale come parte importante dei nostri valori fondamentali.
Di fondamentale importanza, per la qualità di vita dei nostri ultimi giorni, saranno le persone che staranno insieme a noi e quello che faranno per noi.
Purtroppo spessissimo i familiari, gli amici, ma anche il personale sanitario, risultano essere impreparati di fronte alla sofferenza estrema e alla fine.
Il libro di Frank Ostaseski offre un brillante e rincuorante spunto di riflessione dedicato a tutti, sia laici che credenti, aiutando a far emergere quelle competenze, quella gentilezza e quella capacità di accogliere la sofferenza dell’altro che ci rende realmente umani.
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- Ostaseski, Frank (Autore)
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“L’ultimo viaggio. La coscienza nel mistero della morte. Dalle antiche pratiche sciamaniche alle nuove cartografie della psiche” di Stanislav Grof
Che cosa sappiamo realmente degli stati al limite della nostra esistenza e degli ultimi momenti della nostra vita?
Per esempio, parlando delle fasi che precedono la nascita, è davvero impossibile ricordare qualcosa? E cosa dire dei momenti che precedono la fine?
E se invece fosse possibile rievocare ed elaborare i traumi che ci hanno accompagnato nel nostro processo di vita per arrivare sereni alla morte?
Stanislav Grof da oltre cinquant’anni si pone queste domande sulla coscienza, sugli stati al limite della nostra esistenza (nascita e morte) e di conseguenza rintraccia gli strumenti più adatti per scandagliarne i contorni attingendo a piene mani dalla tradizione e dal presente della specie umana nel suo viaggio di evoluzione sulla Terra.
E riguardo alla morte? Che cosa sappiamo sul significato della nostra fine?
In questo viaggio di consapevolezza e di serenità ritrovata ci possono aiutare grandemente i testi antichi di saggezza, come il tibetano “Bardo Thödol“, oppure l’egiziano “Per Em Hru“, o ancora l’azteco “Codex Borgia“, il “Ceramic Codex” dei maya e infine il nostro testo occidentale più importante “Ars Moriendi“.
Nel viaggio esistenziale descritto da Stanislav Grof c’è spazio anche per le pratiche sciamaniche che contribuiranno in maniera fondamentale ad accompagnarci positivamente in questo viaggio verso la fine.
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- Editore: Feltrinelli
- Autore: Stanislav Grof , Nessia Laniado
- Collana: Universale economica. Oriente
- Formato: Libro in brossura
- Anno: 2017
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E con questi consigli di lettura ho finito, e spero con tutto il cuore di essere stato utile in questa sfida che, prima o poi, ci riguarda tutti.
Un caro saluto ed un abbraccio a chiunque abbia letto questo mio articolo.
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Grazie! Sto vivendo proprio in questi attimi tutti i sintomi raggruppati in questo interessante articolo nei confronti di mia madre che sto attualmente seguendo. Corrispondono in effetti molte le reazioni di lei e che mi fanno comprendere che la sua fine di vita si sta avvicinando. È dura, molto dura assistere impotenti a una perdita così cara e vicina.
Sono arrivata a lei nel tentativo disperato di aiutare la mia mamma ultra 94enne ad affrontare quest’ultimo tratto di vita. Io ho dei problemi ad un ginocchio perciò non posso aiutarla fisicamente come fatto sinora. Come trovare aiuto pratico?