La Mente e la rappresentazione del Mondo, quali premesse neurali sostengono questo evento psichico?
L’acquisizione della conoscenza è un evento biologico legato al nostro cervello.
La relazione tra la mente e il cervello non può essere considerata come un fatto assoluto, ma come una connessione di intenzioni che riflettono la percezione di noi stessi.
La domanda associata è: che cosa è è la rappresentazione di un/nostro sé?
Una valida proposta è che il mondo interno del sé sia indirettamente associato al mondo esterno degli oggetti; vale a dire, i pensieri e le esperienze interiori possono rappresentare ma non simulare i fenomeni esterni.
L’approccio scientifico è che il mondo interno, la conoscenza, sia semplicemente il risultato di una complessa elaborazione delle informazioni.
Tuttavia la domanda persiste: le realtà interne (cioè la percezione, l’uso del linguaggio, i pensieri, l’emozione e la coscienza) sono fenomeni del cervello fisico?
La mente è il “misterioso”, e opera secondo i principi di una “sostanza misteriosa” (Churchland 2008), non ancora nota.
Le neuroscienze analizzano l’interazione tra la mente e il cervello ma non l’essenza della mente stessa.
In questo contesto, i neuroscienziati sostengono che le condizioni mentali sono identiche alle condizioni del cervello e viceversa.
Le rappresentazioni del mondo esterno si riferiscono a stati cerebrali (neurali) e le neuroscienze stanno contribuendo significativamente alla nostra comprensione del problema mente-cervello.
Anche se il cervello è troppo complesso, le condizioni/realtà interne, quelle complesse funzioni superiori, sono comprese in termini di dinamica e organizzazione dei neuroni.
Dato che le funzioni superiori e la cognizione sono considerate come stati funzionali, possono essere simulate matematicamente e implementate in varie macchine (Putnam 1967; Fodor 1975).
Tuttavia, le funzioni cognitive (memoria, percezione, azione, linguaggio, emozione, coscienza) sono associate alle rappresentazioni e hanno intenzionalità e relazioni logiche e simboliche tra loro.
Un oggetto esterno che è stato percepito esiste ancora nella sua assenza, allo stesso modo, siamo in grado di pensare a oggetti inesistenti.
Le funzioni cognitive sono correlate semanticamente e razionalmente, mentre gli stati neuroscientifici rispondono a caratteristiche causali.
Grazie alle nuove tecniche, abbiamo risultati per analizzare la relazione tra il cervello e la mente, e stabilire ipotesi sul funzionamento delle reti neurali.
Le osservazioni neuroscientifiche alle questioni funzionali legate alla memoria, al linguaggio e alla percezione, così come alle loro interazioni e rappresentazioni, stanno diventando sempre più abbondanti (Churchland 2008).
Siamo sempre più in grado di identificare la relazione tra configurazioni neuronali e condizioni funzionali.
È sempre più evidente che la spiegazione delle funzioni cognitive che sono fenomeni cognitivi di alto livello si riferiscono solo ai sistemi neurali.
Per esaminare come il cervello rappresenta il mondo esterno, è importante considerare lo sviluppo del sistema nervoso.
Vari approcci hanno dimostrato che il sistema nervoso non può modellare e rappresentare tutti gli elementi del mondo esterno, ma solo rappresentarne selettivamente degli aspetti.
Un dato modello, una data rappresentazione non è una relazione “misteriosa” ma neurobiologica.
Questo è per esempio il caso di come impariamo il linguaggio e di come l’apprendimento linguistico è modellato e rappresentato nel nostro sistema nervoso (Giannopulu et al. 2008; Giannopulu 2011, 2013, 2016).
La Stanza Cinese di Searle ha dominato le Scienze Cognitive per almeno tre decenni: Searle raccomandava l’assioma “i cervelli causano le menti” e lo utilizzava per dedurre che “qualsiasi altro capace di generare menti dovrebbe avere poteri causali (almeno) equivalenti a quelli dei cervelli” (Searle 1990).
Ha proposto che alcuni aspetti biologici indeterminati del cervello siano essenziali nella performance della mente.
Nel 2001, Searle ha riassunto l’argomento della stanza cinese come segue: “Immaginate un madrelingua inglese, diciamo un uomo che non conosce il cinese chiuso in una stanza piena di scatole di simboli cinesi (una banca dati) insieme a un libro di istruzioni per manipolare i simboli (il programma). Immaginate che la gente fuori dalla stanza mandi altri simboli cinesi che, sconosciuti alla persona nella stanza, sono domande in cinese (l’input).
E immaginate che seguendo le istruzioni del programma l’uomo nella stanza sia in grado di trasmettere simboli cinesi che sono risposte corrette alle domande (l’output); il programma permette alla persona nella stanza di superare il test di Turing per capire il cinese, ma non capisce una parola di cinese”.
Per Searle il libro di istruzioni è associato alla funzione di transizione di una macchina di Turing, i simboli cinesi sono collegati ai suoi codici di input/output e la persona nella stanza rappresenta il funzionamento della macchina di Turing.
Come tale, il “Chinese Room Argument” ha provocato una serie di reazioni (Cole 2009).
Un momento importante è venuto nel 2006 da Rapaport che ha postulato che un individuo sordo e cieco, Helen Keller in particolare, può utilizzare la semantica sintattica per uscire dalla stanza e interagire con il resto del mondo.
Ford (2011) ha riferito che senza funzioni acustiche e visive, un individuo sarebbe in grado di associare i simboli interni con le informazioni del mondo esterno.
Questo è lo sfondo fondamentale nelle scienze cognitive e nelle neuroscienze a cui tutti, volenti o nolenti, dobbiamo fare riferimento.
Bibliografia:
- Searle JR (1990) The storm over the university. The New York review of books, 37, 19 December 6th
- Putnam H (1967) The mental life of some machines. In: Castaneda H-N (ed) Intentionality, minds and perception. Wayne State University Press, Detroit
- Hansen PC, Kringelbach ML, Salmelin R (2010) MEG. An introduction to methods. Oxford University Press, Oxford
- Lucariello JM, Hudson JA, Robyn Fivush R, Bauer P, Astington J (2004) The development of the mediated mind: sociocultural context and cognitive development. Lawrence Erlbaum, Mahwah/London
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