Vi interessa la storia dell’antipsichaitria? Allora questo post farà assolutamente per voi….
L’antipsichiatria è una delle mia aree di interesse perché, a mio parere, fornisce un limite ed una prospettiva esterna di critica alla psichiatria, favorendone il suo sviluppo etico.
L’Antipsichiatria è stata (ed è) un movimento culturale che ha sicuramente contribuito a migliorare la psichiatria.
Ma che cos’è l’antipsichiatria? Perché si è sviluppata? Che fine ha fatto ai giorni nostri?
In questo post dedicato alla storia dell’antipsichiatria troverete un mio video, un podcast e la trascrizione nel caso preferiate leggere piuttosto che vedere o ascoltare.
Oggi vi parlo di antipsichiatria e della storia di questo movimento di pensiero che ha messo, e continua a mettere, a dura prova la mia professione e l’area della medicina di cui mi occupo, cioè la psichiatria.
Ora vediamo che le discussioni su mente e cervello, su normalità e patologia o le infinite diatribe su gentica, natura e ambiente nella genesi e nelle definizione dei disturbi mentali, hanno sempre fatto parte della storia della psichiatria e, probabilmente, continueranno a farne parte ancora per un bel po’ in futuro. In ogni caso buona parte di queste discussioni, sicuramente, sono state alla base del più forte e celebre attacco “dall’esterno” alla psichiatria, negli anni Sessanta e Settanta, in quel grosso fiume di idee, posizioni politiche e di critiche che prese il nome di “movimento antipsichiatrico”.
Nei primi anni Sessanta, purtroppo, ci furono diversi scandali sugli ospedali psichiatrici e inoltre la pubblicazione di “Asylums” di Erving Goffman, sul concetto di istituzione totale, tutte queste cose avevano preparato il terreno per un’offensiva devastante nei confronti della psichiatria e degli psichitri: non una critica su una qualche pratica o sui fallimenti del sistema, ma un vero e proprio assalto alla legittimità stessa della psichiatria e al suo diritto di esistere come parte della medicina, ok? Il messaggio era chiaro: la psichiatria non aveva bisogno di migliorare, sarebbe stato inutile, in realtà sembrava proprio necessario che fosse buttata via e stop.
Nel migliore dei casi era definita una disciplina confusa e che confondeva le persone, e nel peggiore poteva diventare addirittura un perfido strumento di oppressione e di controllo sociale sebbene mascherato da benevola pratica medica.
Tre carismatici autori divennero i personaggi simbolo di questo movimento: due erano essi stessi degli psichiatri, ed esercitavano la professione ed i loro libri divennero la bibbia di ogni studente universitario tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta, quando il malcontento si era ormai diffuso in tutte le università, e influirono senza dubbio grandemente sulla rivolta studentesca di Parigi nel 1968 e sulle conseguenze che ebbe poi a livello internazionale. Si trattava di Thomas Szasz, Michel Foucault e Ronald David Laing, detto R.D. Laing.
Chi era Thomas Szasz?
Thomas Szasz, immigrato negli Stati Uniti dall’Ungheria, divenne famoso pubblicando il libro “II mito della malattia mentale” nel 1961.
In questo libro lui sosteneva che le “malattie mentali” sarebbero solo un’invenzione per negare i diritti legali agli individui socialmente devianti e si opponeva con forza al trattamento sanitario obbligatorio, mentre appoggiava la separazione della psichiatria dallo Stato e l’abolizione del vizio di mente, ovvero della difesa psichiatrica per malattia mentale.
Szasz credeva che le persone giudicate malate di mente dovevano ricevere lo stesso trattamento degli altri e prendersi la responsabilità delle loro azioni (in altre parole, i soggetti psicotici avrebbero il diritto di rifiutare le cure ma dovrebbero essere condannati alla prigione se infrangono la legge, anche quando è possibile dimostrare che sono malati).
La sua argomentazione è stata poi criticata per via dal fatto che prendeva spesso l’isteria come modello di disturbo, e questo probabilmente rifletteva la sua esperienza di psicoanalista a New York. Va anche ricordato che la sua posizione di estremo liberismo e di rifiuto per le imposizioni derivavano probabilmente dall’aver vissuto sotto l’occupazione sovietica.
È importante sapere che la Chiesa di Scientology lo cita regolarmente ogni volta che esprime disapprovazione per la psichiatna gestita dallo Stato o per i trattamenti sanitari obbligatori.
Chi era Michel Foucault?
Poi abbiamo Michel Foucault, filosofo francese, che riteneva che il concetto di malattia mentale fosse un’aberrazione dell’età post-illuministica, infatti si opponeva al concetto di classificazione delle identità, sostenendo che dall’esistenza della follia non derivava per nulla l’identità del folle, cioè la follia non definiva il soggetto che la esprimeva.
Con il famoso “Storia della follia nell’età classica” sfidò il fondamento stesso della pratica psichiatrica, dipingendola come una disciplina repressiva e dispotica invece che terapeutica e liberatoria.
La sua opera ebbe enorme risonanza nell’Europa continentale, com’è evidente soprattutto nelle riforme e nel pensiero di Basaglia in Italia, ma il suo stile intenso e complesso fa sì che, a mio parere, sia stato più spesso citato che non letto davvero. Opinione personale.
Chi era R.D. Laing?
Vediamo infine che tra gli antipsichiatri il più facile da avvicinare e forse anche il più influente fu R.D. Laing.
Un carismatico psicoanalista di Glasgow, un pochino rockstar, un influencer lo definiremmo oggi, dalla mente davvero brillante e dallo stile lineare, sconvolse il mondo della psichiatria con una serie di testi divenuti poi dei veri best-seller.
Laing era un uomo stravagante e impulsivo, pienp di fascino e contraddizione, e cambiò punto di vista più volte durante la sua carriera. Il suo primo e più importante libro fu “L’io diviso” del 1960 e in questa sua opera Laing definiva la propria posizione come “fenomenologia esistenziale”, non chiedetemi il perché, non l’ho mai capito completamente, e sosteneva che le fissazioni, i deliri e le allucinazioni del paziente psichiatrico esprimono soltanto un diverso punto di vista sul mondo e, per quanto difficili, le sue convinzioni sono essenzialmente creative e, se affrontate con sufficiente immaginazione e coraggio morale, possono diventare addirittura comprensibili e utili.
Secondo Laing tentiamo di negare questi punti di vista diversi perché costituiscono una minaccia alla nostra sicurezza, imponiamo una diagnosi e li trasformiamo in una “patologia”.
Indubbiamente una prospettiva affascinante e dirompente che affascinò un’intera generazione. In questo suo primo libro Laing inserì molte bellissime descrizioni dei pazienti che aveva curato, accompagnandole con le più commoventi e fantasiose interpretazioni delle loro dimensioni cliniche.
Ad esempio “L’io diviso” ritraeva gli psicopatici come individui tormentati che, eroicamente, comunicavano le proprie autentiche esperienze a una società che non faceva altro che rifiutarli per vigliaccheria e anche malvagità.
Pur non negando la sofferenza dei suoi pazienti, Laing mantenne sempre una visione essenzialmente romantica della follia (e bisogna anche dire che questo, per assurdo, fece aumentare gli aspiranti psichiatri invece di distruggere la disciplina stessa).
Come Szasz, Laing non si definì mai un antipsichiatra (termine in realtà coniato dal suo collega David Cooper nel 1967) ma continuò, anzi, a esercitare la professione, sebbene adottando metodi non convenzionali e molto controversi.
Laing attraversò poi anche una seconda fase nella quale sosteneva che le famiglie potevano contribuire all’insorgere della schizofrenia negando l’identità emergente del bambino. Insieme ad Aaron Esterson pubblicò “Normalità e follia nella famiglia”, descrivendo la schizofrenia come reazione al comportamento di genitori repressivi e freddi, e il film tratto dal libro (Family life, del 1971) ebbe risonanza a livello internazionale.
La terza fase di Laing fu invece ispirata dai suoi numerosi esperimenti con l LSD (peraltro molto comuni a quei tempo). “La Politica dell’Esperienza e l’uccello del paradiso”, che pubblicò nel 1967, descriveva la psicosi come un viaggio di scoperta psichedelico in cui gli orizzonti della percezione si ampliavano e la coscienza poteva espandersi.
In realtà vediamo che sulla carta, diciamo sulla base del curriculum, Laing poteva essere perfetto per assumere un ruolo così influente e carismatico nella cultura dell’epoca. Aveva iniziato la sua carriera come psichiatra nell’esercito ma la sua vita personale fu turbolenta, con una serie di matrimoni e molti figli; come professore era in grado di ispirare gli studenti ma poteva anche presentarsi a lezione abbastanza ubriaco da risultare incomprensibile.
La sua capacità di galvanizzare il sentimento anti-istituzionale dimostrò la sua forza nel 1972 quando, dopo una sua lezione all’Università di Tokyo, gli studenti addirittura incendiarono il dipartimento di psichiatria! Rimase sicuramente un radicale fino alla sua morte a 62 anni, quando sorprese tutti quelli che lo conoscevano accasciandosi a terra mentre giocava una partita di tennis sulla riviera francese.
L’Antipsichiatria nel XX Secolo e dopo
Ma dopo quest’era cosí affascinante e turbolenta qual è stata la storia dell’Antipsichiatria nel XX secolo e dopo?
Le contraddizioni inerenti la psichiatria, che generarono il movimento antipsichiatrico negli anni Sessanta e Settanta, non sono passate. Mente e cervello, libertà e coercizione, il diritto e forse il dovere di essere diversi, natura, genetica, politica e ambiente come cause di malattia mentale rimangono questioni aperte.
Molti ex pazienti (ma assolutamente non tutti) si sono trasformati in millitanti dell’antipsichiatria e spesso si definiscono “sopravvissuti” più che pazienti.
In Germania e nei Paesi Bassi lo stato ha finanziato ostelli e sistemazioni temporanee per gli individui che, per cosí dire, “scappano” dai servizi di salute mentale di routine.
Ma bisogna dire che il gruppo di antipsichiatria di più alto profilo ed attivo di tutti è rappresentato dalla Chiesa di Scientology: sebbene si opponga soprattutto ai trattamenti “classici” della psichiatria, ad esempio l’elettroshock, Scientology mantiene comunque una posizione critica su tutta la linea, basata sulla convinzione che dovremmo evitare gli interventi chimici, artificiali o tecnologici sulla sofferenza umana, e cercare invece il sollievo attraverso percorsi personali alternativi, quelli che lei propone peraltro.
In ogni caso bisogna dire che nel complesso, l’opposizione organizzata oggi nei confronti della psichiatria si è molto affievolita e forse questo è dovuto alla speranza che nutriamo per il rapido sviluppo delle spiegazioni “neurobiologiche” dei disturbi mentali, e all’ottimismo verso i progressi della genetica e della genomica che potrebbero in un futuro presto relegare l’intera faccenda all’ambito puramente accademico.
Nonostante questo l’antipsichiatria riverbera ancora tra le persone e di tanto in tanto fa capolino tra i giornali, sui media e nel web, come penso tutti sappiate…. Molto bene, credo che anche per oggi sia abbastanza…..
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Non conosco l’antipsichiatria ma con me diversi psichiatri hanno sbagliato diagnosi e abusato di forti psicofarmaci per anni . In sostanza i sintomi di ansia e depressione, ipomania erano causati dai farmaci stessi.
In due GG ho buttato tutto e anche se ho sofferto per mesi di grave insonnia e incubi ora sono lucida e attiva.
Non nego la verità di alcune patologie psichiatriche.
Ma santo cielo scambiare il dolore di 3 gravi lutti in 1 anno, il cambio radicale di vita che ne consegue per bipolarismo è grave, superficiale e pericoloso.