Droghe Psichedeliche e Realtà Virtuale: siamo all’inizio di una nuova era rispetto al potenziale terapeutico delle esperienze psichedeliche nel campo della salute mentale?
Inaspettatamente la combinazione tra sostanze inducenti esperienze psichedeliche, come ad esempio la psilocibina, e le tecnologie digitali della realtà virtuale ed aumentata potrebbero offrire un potenziale terapeutico in alcuni ambiti specifici della salute mentale, come ad esempio la gestione di forme estreme di trauma e stress oppure il contenimento del distress cronico.
La psicofarmacologia moderna, un ritorno al passato?
Nel suo famoso libro “The Doors of Perception”, Aldous Huxley descrisse la sua esperienza diretta con la mescalina come “l’esperienza più straordinaria e significativa disponibile agli esseri umani al di qua della visione beatifica di Dio“.
Il suo esperimento fu preceduto, pochi anni prima, dalla sintesi dell’allucinogeno dietilamide dell’acido lisergico (LSD) da parte del chimico della azienda farmaceutica Sandoz Albert Hoffman nel 1938 e fu seguito dall’estrazione e dall’identificazione della psilocibina dal fungo Psilocybe messicano sempre da parte di Hoffman nel 1959.
La convergenza tra la ricerca scientifica e le sostanze naturali usate dalle popolazioni indigene nei rituali di guarigione e religiosi ha fatto nascere in molti ricercatori l’interesse per quelle che lo psichiatra britannico Sir Humphrey Osmond definì “droghe psichedeliche” (dal greco “manifestazione della mente“).
All’inizio degli anni ’70 i pericoli percepiti e gli effetti negativi degli psichedelici sulla società occidentale portarono i governi del Mondo a classificarli come droghe della Tabella I dell’OMS (cioè quelle con un “alto potenziale di abuso e nessun uso medico attualmente accettato“) e per i successivi 40 anni, la ricerca e l’attività clinica sugli psichedelici praticamente cessarono.
Ma le cose sono cambiate profondamente all’inizio degli anni 2000.
Molti nuovi studi hanno presentato la possibilità concreta che le osservazioni antropologiche in molte popolazioni primitive e dell’antichità, in cui gli psichedelici erano usati come terapie in molte esperienze critiche della vita, potessero invitare a riconsiderare il loro utilizzo terapeutico.
In questo gruppo eterogeneo di sostanze chiamate “Psichedelici“, in un campo molto controverso a metà tra l’abuso ed il terapeutico, troviamo, ad esempio, anche i cannabinoidi (“Cannabis Medica“) e la ketamina, due sostanze ormai a disposizione dei medici come farmaci.
In ogni caso gli psichedelici “naturali” propriamente detti includono la dietilamide dell’acido lisergico (LSD), la psilocibina, la mescalina e l’ayahuasca, N-dimetiltriptamina (DMT), e inducono i loro effetti acuti principalmente attraverso l’attivazione dei recettori della serotonina 5-HT2A.
La Realtà Virtuale come esperienza psichedelica
Nell’immaginario fantascientifico e cyberpunk la realtà virtuale viene spesso presentata come un’esperienza psichedelica di trasformazione, di crescita e di miglioramento.
Le droghe psichedeliche e la realtà virtuale hanno ambedue la capacità di alterare la rigidità e le limitazioni della tipica esperienza cosciente e diverse esperienze sperimentali indicano che, individualmente, droghe psichedeliche e realtà virtuale possono essere usate in modo analogo per alterare l’esperienza sensoriale ed evocare percorsi interiori sia trasformativi che di disconnessione da memorie e vissuti intollerabili.
La realtà virtuale è definita come l’immersione in ambienti interattivi tridimensionali, in cui gli utenti navigano tramite degli “avatar“.
Storicamente le prime pubblicazioni, scientifiche e letterarie, nate intorno alla realtà virtuale erano legate alla cultura psichedelica e alla capacità di alcune droghe di cambiare notevolmente l’esperienza mentale, una connessione ed una analogia vissuta come poco “scientifica” per alcuni rappresentanti della comunità tecnologica.
Al contrario in molti nella comunità psichedelica hanno abbracciato queste connessioni spirituali e hanno visto la realtà virtuale ed aumentata come uno strumento plausibile per introdurre il grande pubblico a stati alterati di coscienza a fini terapeutici e di scoperta interiore.
In particolare, Timothy Leary sosteneva che gli “interventi cyberdelici“, ovvero la fusione di droghe psichedeliche e cybercultura, potevano riprogrammare in senso positivo ed evolutivo la mente ed è arrivato al punto di cambiare il suo popolare slogan “turn on, tune in, drop out” in “turn on, boot up, and jack in”.
Nonostante queste prime associazioni tra droghe psichedeliche e realtà virtuale, c’è stata una scarsità di discussioni scientifiche contemporanee al riguardo.
“Cyberdelic Interventions” per la Salute Mentale
C’è spazio per l’utilizzo di interventi cyberdelici (“cyberdelic interventions“) nel campo della salute mentale?
Si, secondo alcune prospettive moderne a cavallo tra nuove tecnologie e tradizione farmacoterapeutica arcaica in cui la sostanza psicotropa si potrebbe associare ad un intervento “guida” di tipo sciamanico (come accadeva nei millenni passati) oppure indirizzato da esperienze virtuali.
In pratica le capacità mitopoietiche e suggestive degli antichi “uomini medicina” (anche “sciamani” o “guru“) possono essere vicariate dalle tecnologie immersive virtuali che potrebbero affiancarsi, come da tradizione millenaria avviene, al potenziale psichedelico di alcune sostanze psicotrope enteogene come la psilocibina.
L’effetto a cui si punterebbe sarebbe quello sia di disconnessione dal contesto reale che contiene uno o più elementi di stress e, parallelamente, la costruzione di una realtà alternativa che possa rappresentare un percorso di ricostruzione del Mondo Interno mediante elementi simbolici evocati tramite suoni ed immagini in un contesto altamente immersivo.
Sebbene molti studi siano in corso con il fine esplicito di indagare il potenziale terapeutico di alcune sostanze enteogene (ad esempio psilocibina, LSD, THC, dimetiltriptamina, e molte altre), con risultati peraltro incoraggianti, sono ancora pochi i ricercatori che si dedicano allo studio della combinazione tra nuove tecnologie digitali e sostanze psicotropiche.
Bibliografia:
- Aldous Huxley “The doors of perception“
- Timothy Leary “The Psychedelic Experience“
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