L’ibogaina presente nella pianta di Tabernanthe iboga, è un arbusto perenne usato come sostanza psichedelica nel Culto dei Buiti (chiamato anche “Culto dei Bwiti“).
La molecola ibogaina è, in estrema sintesi, una sostanza psicoattiva dagli effetti dissociativi che rientra nel gruppo dei cosiddetti psichedelici.
Questa molecola psichedelica si ritrova originariamente nella pianta Tabernanthe iboga (volgarmente chiamata solo “iboga“) che è un arbusto perenne della foresta pluviale originario dell’Africa occidentale.
Questo arbusto sempreverde indigeno del Gabon, molto diffuso a livello selvatico nella Repubblica Democratica del Congo, è anche coltivato in tutta l’Africa occidentale.
Nella medicina tradizionale africana e nei rituali del Culto dei Bwiti, la sua radice o la corteccia giallastra vengono usata per produrre allucinazioni ed esperienze “near death” (ovvero simili ad una simulazione di morte), che in alcuni casi portano realmente alla morte per sovradosaggio.
Ricerche preliminari indicano che l’ibogaina, un alcaloide presente nelle radici e nella corteccia di iboga, ha un potenziale per il trattamento della dipendenza da oppioidi e altre sostanze d’abuso (cocaina, nicotina, alcol e forse altre sostanze).
Come accennato prima, a dosi elevate, l’ibogaina è considerata tossica, e può causare gravi disturbi anche quando viene usata insieme ad oppioidi, alcuni psicofarmaci ed altri farmaci da prescrizione.
La United States Drug Enforcement Administration (DEA) elenca l’ibogaina come una sostanza controllata del Controlled Substances Act, e quindi pericolosa, e allo stesso modo risulta vietata anche in Italia.
Ovviamente queste limitazioni di legge hanno contribuito a rallentare fortemente gli studi clinici dell’ibogaina in ambito psichiatrico e tossicologico.
Gli effetti psicoattivi dell’ibogaina
Mediamente l’esperienza psichica che segue l’assunzione di ibogaina avviene in due fasi, chiamate (1) fase visionaria e (2) fase di introspezione.
La fase visionaria è stata descritta come onirica e bizzarra, in riferimento alla natura psichedelica dei suoi effetti, e dura dalle 4 alle 6 ore.
La seconda fase, la fase di introspezione, è responsabile degli effetti terapeutici: questo stato alterato della psiche può permettere alle persone di vincere le loro paure ed emozioni negative, con effetti che sembrano perdurare nel tempo.
L’ibogaina catalizza uno stato alterato di coscienza che ricorda il sogno mentre si è pienamente coscienti e consapevoli, in modo che i ricordi, le esperienze di vita e i problemi di trauma possano essere ricordati, elaborati e discussi in un contesto psicoterapeutico nel corso dei mesi seguenti.
Da diverse centinai di anni le popolazioni pigmee della Foresta del Gabon sono i principali detentori delle conoscenze dei e dei segreti della pianta dell’iboga, che utilizzano nei loro rituali religiosi del culto dei Buiti (“Bwiti“).
È importante sottolineare che l’ibogaina non è attualmente approvata per alcun uso medico, anche se ci sono strutture legali di riabilitazione con ibogaina in alcune nazioni del centro america come il Messico.
Gli studi clinici sull’ibogaina per trattare la tossicodipendenza sono iniziati nei primi anni ’90, ma le preoccupazioni sulla sua cardiotossicità hanno portato all’interruzione di questi studi e allo stato attuale non ci sono sufficienti evidenze cliniche basate su dati attendibili per determinare se sia utile nel trattamento delle dipendenze o di altre condizioni medico-psichiatriche.
Inoltre pare che ad alti dosaggi e per periodi prolungati il trattamento con ibagavina generi una degenerazione cerebellare a carico delle cellule del Purkinje.
Farmacodinamica e Cinetica dell’ibogaina
L’ibogaina agisce simultaneamente su molti sistemi di neurotrasmettitori diversi tra qui anche i recettori per la serotonina 5-HT2A, 5-HT2C e 5-HT3; questa molecola psichedelica, come spesso accade in sostanze di questo tipo, stimola anche i recettori NMDA della via glutamatergica.
La noribogaina, un metabolita secondario, è molto potente come inibitore della ricaptazione della serotonina.
La ibogaina agisce anche, e soprattutto, come moderato agonista del recettore κ-opioide e debole agonista del recettore μ-opioide o, forse, come debole agonista parziale.
È possibile che l’azione dell’ibogaina sul recettore κ-opioide possa effettivamente contribuire in modo significativo agli effetti psicoattivi attribuiti all’ingestione di ibogaina; la Salvia divinorum, un’altra pianta riconosciuta per le sue forti proprietà allucinogene, contiene la sostanza chimica salvinorina A, che allo stesso modo è un agonista kappa oppioide altamente selettivo.
Per quello che riguarda la farmacocinetica, vedimao che l’ibogaina è metabolizzata nel corpo umano dal citocromo P450 2D6 in noribogaina (più correttamente, O-desmetillibogaina o 12-idrossibogamina).
Sia l’ibogaina che la noribogaina hanno un’emivita plasmatica di circa due ore nel ratto, anche se l’emivita della noribogaina è leggermente più lunga di quella del composto madre.
Si propone che l’ibogaina sia depositata nel grasso e metabolizzata in noribogaina quando viene rilasciata da esso.
Dopo l’ingestione sotto forma di pianta di Iboga negli esseri umani, dopo pochi minuti, la noribogaina mostra livelli plasmatici più alti dell’ibogaina e viene rilevata per un periodo di tempo più lungo rispetto alla sostanza originaria.
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Salve dottore,
è possibile contattarla in via privata per alcune domande? Visto il suo pensiero e la sua professionalità vorrei chiederle delle cose specifiche visto che non svolge attività privata e quindi non riceve in visita fuori dal suo studio. Anche se possibile via indirizzo e-mail.
Altrimenti lo faccio qui, ma non sarebbe inerente all’argomento (e per questo chiedo scusa)
Grazie