Gli Stati Misti rappresentano un quadro clinico frequente nell’ambito delle Patologie Affettive.
Con l’espressione “stato misto” ci si riferisce ad un disturbo dell’umore che è caratterizzato dalla contemporanea presenza, per un periodo di tempo di settimane, o anche di mesi), nello stesso soggetto, e nel contesto di un singolo episodio di malattia, di sintomi sia depressivi, sia maniacali, in forma più o meno completa.
L’episodio misto si manifesta spesso, ma non solo, in età giovanile (mediamente tra i 20 e i 35 anni), ed è più frequente tra le donne (60% versus 40%) e può manifestarsi:
- all’inizio o alla fine di un episodio depressivo o (ipo)maniacale, quando la tonalità affettiva risulta particolarmente mutevole;
- nel passaggio da una fase a un’altra di opposta polarità, quando convivono aspetti dell’episodio in via di risoluzione con aspetti del nuovo episodio;
- durante un singolo episodio, senza premesse depressive o euforiche, costituendo, in questo caso uno stato misto detto “monofasico” o anche vero stato misto.
La Storia degli Stati Misti
La prima descrizione di uno stato misto affettivo risale a Johann Christian August Heinroth che, nel 1818, osservò che in alcuni pazienti erano contemporaneamente presenti sensazioni di estasi e depressione.
Nel 1854 Jules Gabriel François Ballairger notò che, a volte, sintomi maniacali potevano comparire all’inizio, alla fine o nel corso di un episodio depressivo.
E ancora, nel 1864, Jean Pierre Falret descrisse alcuni quadri clinici di difficile collocazione caratterizzati dall’associazione di tematiche depressive e di manifestazioni esteriori più propriamente maniacali o, al contrario, da uno stato di confusione ideativa, alterazioni dell’attività intellettiva e apparente tranquillità sul piano motorio.
Fu Emil Kraepelin, tuttavia, a dare una descrizione sistematica degli stati misti e a collocarli tra i disturbi dell’umore.
Questo autore, che riteneva indispensabile per la diagnosi la presenza dei sintomi di opposta polarità per l’intera durata dell’episodio, sottolineava come fosse spesso difficile riconoscere uno stato misto fin dal suo esordio, a causa dellla complessità e difficoltà di gestione di questa condizione psichiatrica, e suggeriva anche di portare particolare attenzione, per l’inquadramento ed il riconoscimento, soprattutto al decorso, alla familiarità per disturbi dell’umore e al rilievo di alterazioni timiche più chiare prima e dopo l’episodio misto.
Nel corso di questo secolo, la diagnosi di stato misto ha incontrato numerosi oppositori e sostenitori, in base ai vari modelli teorici adottati per la classificazione dei disturbi mentali in generale, e della psicosi maniaco-depressiva in particolare, quella che ormai, in tutto il Mondo, si chiama Disturbo Bipolare.
Gli stati misti nella Psichiatria Contemporanea
In passato gli oppositori a questa diagnosi “a se” affermavano che sarebbe stata impossibile la contemporanea presenza di depressione ed esaltazione, poiché la tonalità affettiva, unica e generale, costituirebbe il sintomo fondamentale di un disturbo dell’umore.
Gli stati misti avrebbero rappresentato, quindi, un errore diagnostico, comprendendo semplicemente forme atipiche di depressione o di mania e casi non convenzionali di schizofrenia, di confusione mentale, di paralisi progressiva ecc.
Un altro motivo di critica, in passato ma in alcuni casi anche nel presente, è costituito dall’osservazione che la presenza di sintomi depressivi rapidamente oscillanti, all’interno di un episodio maniacale, è quasi la regola, per cui non sarebbe giustificato considerare gli stati misti come una categoria autonoma.
La letteratura è, tuttavia, ricca di descrizioni di quadri clinici, caratterizzati da una sintomatologia complessa in cui convivono elementi depressivi ed espansivi.
La maggior parte degli autori moderni, in realtà, riconosce l’importanza teorica e pratica della diagnosi di stato misto ed è stato ipotizzato che potrebbe costituire una specifica modalità di presentazione dei disturbi dell’umore, rappresentando una terza polarità di psicopatologia, accanto a depressione e mania.
Descrivere le caratteristiche cliniche degli stati misti risulta difficile a causa della grande variabilità della loro fenomenica, che può comprendere l’intera gamma dei sintomi depressivi e maniacali variamente accostati tra loro.
Espressione di tale difficoltà è l’assenza di precisi criteri diagnostici per questo disturbo.
Si ritengono unanimamente adatti quelli proposti dal DSM-V che suddivide gli episodi misti, o “stati misti” per la precisione, in Episodio Maniacale o Ipomaniacale con caratteristiche miste e in Episodio Depressivo con caratteristiche miste.
La classificazione degli Stati Misti
In realtà io trovo ancora particolarmente attuali le descrizioni e le specifiche attuate dalla scuola di G.B. Cassano che distingueva due differenti gruppi di stato misto: forme miste attenuate e forme miste classiche.
Le forme miste attenuate sono caratterizzate dalla presenza della sintomatologia completa di una delle due polarità e da sfumati fenomeni contropolari.
Le forme attenuate vengono a loro volta suddivise in:
- sindrome depressiva mista, in cui a un quadro depressivo classico si associano alcuni sintomi, come l’umore disforico e/o labile, intensa ansia, irrequietezza motoria, loquacità, accelerazione del pensiero, idee e tentativi impulsivi di suicidio, iperattività sessuale, insonnia grave, che costituiscono la spia di una sottostante componente eccitativa;
- ipomania ansiosa, in cui a un quadro ipomaniacale si associano sintomi tipo ansia generalizzata, che si esprimono con un continuo stato di preoccupazione verso banali situazioni della vita quotidiana;
- ipomania disforma, in cui a un quadro ipomaniacale si associano impulsività, irritabilità, condotte antisociali, abuso di alcol o di sostanze stupefacenti;
- temperamento irritabile, caratterizzato da estrema reattività agli stimoli esterni, frequenti esplosioni di rabbia, irritabilità, aggressività verbale o fisica, lamentosità, difficoltà nelle relazioni interpersonali. L’ansia, l’insonnia, l’elevato grado di sofferenza personale, le difficoltà di adattamento sociale e affettivo, caratteristici di questo stato, conducono spesso all’abuso di alcol e sedativi che, a loro volta, accentuano e cronicizzano la sintomatologia. Questa forma costituisce l’equivalente temperamentale degli stati misti (vedi capitolo «Temperamenti affettivi e personalità premorbosa») ed è, abitualmente, contraddistinta da un esordio precoce e da un decorso protratto.
Le forme miste classiche, invece, sono state individuate e descritte per la prima volta da Emil Kraepelin; secondo la sua prospettiva, le alterazioni fondamentali della malattia maniaco-depressiva riguardano tre coppie di sintomi antitetici: l’umore, che può fluttuare dalla depressione all’esaltazione; la psicomotricità, che può variare dall’inibizione all’eccitazione; l’ideazione, che può oscillare dal rallentamento all’accelerazione.
Se le tre coppie di sintomi sono contemporaneamente orientate nella stessa direzione si manifesteranno le forme «pure» di depressione o eccitamento; se, al contrario, si verifica una dissociazione e, in un determinato momento, una di queste coppie si trova in una fase diversa rispetto alle altre due, insorgerà uno dei sei differenti sottotipi di stato misto previsti da questo modello:
- depressione agitata, in cui l’umore è triste, l’ideazione è rallentata e polarizzata prevalentemente su tematiche deliranti di tipo depressivo (colpa, rovina, ipocondria ecc.) mentre sul piano psicomotorio prevale l’agitazione;
- depressione con fuga delle idee, in cui l’umore è depresso, l’attività psicomotoria rallentata, mentre sul piano ideativo è presente un’accelerazione che può giungere alla fuga delle idee;
- mania con furore, in cui l’umore è depresso, ma con spiccate caratteristiche di irritabilità (il paziente è insofferente, litigioso, scontento), l’ideazione è accelerata e sul piano psicomotorio prevale l’agitazione;
- mania improduttiva, in cui l’umore è esaltato, la psicomotricità accelerata (sono possibili improvvise esplosioni di aggressività), mentre l’ideazione è rallentata;
- stupore maniacale, in cui l’umore è esaltato, mentre l’ideazione è inibita e la psicomotricità rallentata;
- mania con inibizione motoria, in cui l’umore è eccitato, l’ideazione è accelerata, mentre la motricità risulta rallentata.
Tra le forme classiche viene abitualmente compresa anche la depressione autosarcastica, corrispondente all’umore patibolare (“galgenhumor” in tedesco) di Emil Kraepelin, caratterizzata da un rapido susseguirsi di disperazione, autoderisione ed euforia, timore e spavalderia, inibizione e agitazione motoria.
Kraepelin aveva notato anche oltre il 50% delle forme miste presenta caratteristiche psicotiche (stati misti psicotici) più o meno gravi.
La contemporanea presenza di fenomeni eccitativi e depressivi sembra, infatti, facilitare lo sviluppo di deliri, sia congrui, sia incongrui, con tematiche mistiche, persecutorie, di influenzamento, di riferimento, ipocondriache, di grandezza, di illuminazione, di estasi e beatitudine, oppure di dannazione.
Non sono rare le allucinazioni, sia uditive, sia visive, l’incoerenza e l’allentamento dei nessi associativi, i fenomeni di diffusione, inversione e controllo del pensiero, i disturbi dell’orientamento spazio-temporale e gli stati confusionali con stupore.
La sintomatologia psicotica si associa a una profonda instabilità emotiva, con predominanza di umore depresso-irritabile, agitazione psicomotoria, vivacità mimico-gestuale, logorrea, sentimenti di depersonalizzazione e derealizzazione.
La frequente comparsa di fenomeni psicotici, all’interno degli stati misti, è stata attribuita alla marcata instabilità dell’umore, da cui deriverebbe o uno stato di «diffidenza» e quindi veri e propri deliri di persecuzione, oppure una condizione di «perplessità», associata a un senso di pericolo e idee di persecuzione.
Si ritiene che diversi elementi possano contribuire a dare una «coloritura mista» a un disturbo dell’umore. Oltre agli eventi stressanti, soprattutto precoci, e al rilevante carico genetico, non raramente in ambedue i genitori, si annoverano fattori iatrogeni, come l’uso prolungato di farmaci ad azione centrale (benzodiazepine, neurolettici, antidepressivi, antiipertensivi), e abusi ripetuti di alcol o sostanze, quali cocaina, eroina, cannabis e stimolanti.
Spesso è rilevabile anche un substrato di «organicità» cerebrale, che può andare da una sfumata diatesi convulsiva, fino a malattie neurologiche franche.
La presenza di questi fattori costituisce un indice di particolare gravità sul piano prognostico: si associa a una scarsa risposta ai trattamenti, a una maggior incidenza di comportamenti auto ed etero-aggressivi e a un andamento protratto.
In circa 20-30% degli stati misti, attenuatasi la fase acuta, si verifica la cronicizzazione del quadro e questo può accadere sia nelle forme gravi, in cui dominano fin dall’esordio sintomi psicotici o elementi di organicità, sia nelle forme subsindromiche ambulatoriali.
Una simile evoluzione provoca, spesso, complessi problemi di diagnosi differenziale e, di conseguenza, gravi errori terapeutici.
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Gentilissimo Dottor Rosso, ho letto ripetutamente l’articolo in questione è avrei delle domande da porle:
1 che differenza c è tra una depressione ansiòsa ad una depressione mista monofasica?
2 mi è stata diagnosticata una depressione ricorrente con caratteristiche miste, ma io non riesco a ritrovarmi in questa “etichetta” poiché NON HO Irrequietezza motoria, loquacità, accelerazione del pensiero, iperattività sesuale e insonnia grave.
HO invece oltre ai classici sintomi depressivi, Intensa ansia, disperazione, angoscia, pensiero suicidario come unica strada per porre fine al mio dolore. Questi sintomi sono sufficienti per definire la mia depressione mista e non ansiosa?
Concludo dicendole che i suoi articoli sono oltre che molto chiari ed esplicativi anche grande fonte di riflessione.
Le sarei davvero grato se volesse rispondere al mio commento.
Buona giornata
Ciao, grazie davvero per l’apprezzamento e per la domanda. Concordo con te: non è semplice distinguere le due forme e, alle volte, il criterio è semplicemente il parere arbitrario dello specialista. Un buon modo per capire meglio è il criterio “ex adiuvantibus” ovvero utilizzando il trattamento di un dato disturbo (da linee guida) se il quadro sintomatologico si risolve allora il disturbo era quello….. se una persona sta sempre male usando una data terapia allora il disturbo che si sta tentando di curare non è quello previsto. A quel punto vale la pena, con umiltà e prudenza, addirittura ripensare completamente alla diagnosi….. in bocca al lupo!
Grazie per la risposta.
Ho un’ultima domanda da farle che magari potrebbe chiarire le cose anche ad altri:
Sulla sua pagina c è scritto che non esegue visite private, poi però dice che da gennaio 2021 sarà possibile fare sedute via Skype.
Questo cosa significa? Che queste sedute online saranno esclusivamente per i pazienti che segue in ambito pubblico o che da gennaio segue anche pazienti in privato?
Grazie ancora e buona giornata
Salve, la mia terapeuta mi ha fatto una diagnosi senza nessun test. Io ho ricordi di esser triste da sempre da quando sono piccola, ho tentato un suicidio in preda alla disperazione da uno stato di tristezza e litigio con mia madre, e per me sono l’unica soluzione. Ho fatto una terapia farmacologica e mi sentivo meglio, ma comunque questi pensieri non se ne vanno e sono triste. Ho ansia a fare tutto. La mia terapeuta parla di distimia con tratto o ansioso o depressivo dipende dal tempo come decide di equilibrarsi. Sono figlia di una borderline di personalità che ha avuto una depressione post partum