La Storia della Psichiatria rappresenta un capitolo immenso della più estesa Storia della Medicina.
Senza dubbio non è mia intenzione (neppure lontanamente!) quella di essere esaustivo in questo breve post, ma vorrei semplicemente indicarvi alcuni punti di rilievo per invitarvi ad approfondire quelli che per voi sono di maggior interesse.
D’altra parte non mi è parso impossibile riassumere alcuni punti cardine della storia della psichiatria in un continuum che va dai primordi ai giorni nostri.
Si, avete ragione, ho già scritto un altro post sulla storia della psichiatria (e un altro ancora attraverso il cinema) ma in questo ho cercato di essere più preciso ed esaustivo.
Eccovi il risultato di questo mio nuovo sforzo….
Ai primordi della Storia della Psichiatria
L’umanità concepisce talvolta la malattia come inviata da qualcuno.
E coloro o colui che la inviano debbono avere una ragione per farlo, essere adirati con lei: debbono punirla di una colpa, di un delitto, di un’infamia vera o supposta.
Questo qualcuno chi avrebbe dovuto essere se non gli Dei?
Così sin dal primo sorgere l’idea della malattia fu indissolubile dal sentimento religioso. Gli Dei inviano la malattia, gli Dei solo possono toglierla; per cui diventa logico il ricorso al sacerdote affinché li plachi in qualche modo.
L’uomo primitivo, quindi, « quando si dibatte nelle strettoie della malattia pensa di ricorrere alla divinità perché si induca a desistere dal punirlo, dal perseguitarlo; la sua medicina sarà l’invocazione, la preghiera, l’offerta sacrificale ». (ZWEIGG)
Lottare per la salute significa, all’alba dell’umanità, non combattere contro una singola malattia, ma conquistare il Dio, gli Dei. Alla sofferenza del corpo non si oppone l’intervento tecnico, ma un atto religioso; esiste quindi soltanto una salute ed una malattia e per questa solo una causa ed una guarigione: il Dio, gli Dei. E fra l’uomo malato e questa causa divina si frappone, quale mediatore, il sacerdote, il custode ad un tempo dell’anima e del corpo: concezione però autoritaristica, lontanissima dall’intendimento che verrà poi dell’unità psicofisica dell’uomo. Ed il sacerdote non esercita la sua arte medica come scienza pratica ma esclusivamente quale mistero e se anche nel volger dei secoli egli acquisterà molte cognizioni veramente mediche pur tuttavia continuerà ad intervenire volendo la guarigione còme miracolo, cui contribuisce il luogo consacrato, il sacrificio dello spirito, la presenza della divinità: anche quando somministrerà pozioni o farà interventi circondati sempre da pratiche misteriose. Al principio, quindi, la dottrina medica rimane inscindibile da quella religiosa: nelle origini medicina e teologia formano un corpo ed un’anima sola. Ma tale unità verrà presto infranta. Per raggiungere il suo scopo tecnico ed ergersi ad arte, a scienza, la medicina dovrà spogliare l’infermità della sua origine divina ed escludere, quale elemento indifferente, il religioso, la preghiera, il culto, l’offerta sacrificale.
Il medico, cioè, si è posto accanto al religioso, talvolta gli si oppone e cerca nei costituenti della natura, nelle loro variazioni abnormi, le cause stesse della malattia e le terapie adatte (ZWEIGG).
È a questo punto che il sacerdote viene indotto a desistere dalla funzione medica e si limita al rito che può mantenere solo caratteri propiziatori; che il medico a sua volta rinuncia ad ogni influsso religioso, al rito, alla magia.
Da tale scissione discendono inevitabili una serie di elementi nuovi della medicina per cui al fenomeno unitario della « malattia » si sostituisce una sempre più fitta « serie di malattie ». « Malattia » non significa più qualcosa che colpisce l’intero individuo, ma soltanto uno dei suoi organi, per cui per primo WIRCHOW ebbe a dichiarare che « non esiste più la malattia generale ma esistono le malattie dei singoli organi, delle cellule delle quali essi sono costituiti ».
In tal modo la missione originaria del medico-sacerdote dei tempi antichi, del medico-stregone dei popoli primitivi ancor oggi, che affronta la malattia sotto l’angolatura mistico-professionale, si trasforma in una ricerca indirizzata ad individuare le singole alterazioni organiche.
E si giunge così attraverso uno spazio di molti anni alla attuale « medicina obiettiva » che, conducendo un approfondimento del tutto concreto, puramente fisico dello stato funzionale degli organi con indagini indirette (ad es. radiologiche), dirette (ad es. endoscopiche), dei tessuti (biopsie) e delle funzioni bioumorali (radioisotopi, laboratorio), ha indubbiamente compiuto grandi passi nella lotta contro la malattia, ma ha del tutto dimenticato di tenere in considerazione le reazioni di colui che studia e vuol guarire, che dalla malattia è affetto, la soffre e la teme e che riferendone i sintomi, come egli li vive, per tale stesso motivo può addirittura essere considerato elemento perturbatore, da eliminare a livello della conclusività diagnostica e terapeutica che tende sempre ad assumere un aspetto meccanicistico (BARUK).
La medicina moderna, quindi, non si avvale più di presaghe intuizioni individuali ma di sicurezze oggettive ottenute in équipe al di fuori di ogni partecipazione vissuta dal paziente in studio e « benché ami ancora definirsi arte medica questa parola già nobile sembrerebbe oggi mantenere solo il significato riposto per gli artigiani ». (ZWEIGG).
Ora se riandiamo a vedere nel passato l’evoluzione della psichiatria, rileviamo come anch’essa abbia risentito inizialmente dell’impostazione religiosa del concetto di malattia, nel senso che l’affetto da turbe mentali di qualsiasi origine e tipo era considerato anticamente un toccato da essere trascendentale e come tale intangibile. Superstizione ancora oggi condivisa da certe sottoculture che considerano i contorcimenti dell’isterico come una conseguenza dell’invasamento demoniaco. A parte le manifestazioni professionali delle sacerdotesse dei molti oracoli sparsi quà e là per il mondo antico.
Fermo resta quindi che la malattia mentale, il disturbo psichico per lungo tempo, ed ancora oggi per qualche sottocultura primitiva, è stato attribuito a qualche cosa di ignoto, di ultraterreno, di trascendentale, avvolto nel mistero di una realtà non raggiungibile perché non riprovabile.
Non era l’epilessia detta « morbus sacer? »
Tuttavia non sono pochi i medici dell’antichità (Ippocrate, Galeno, ecc.) ellenica e latina che giustamente hanno interpretato le turbe psichiche come vera anormalità dell’equilibrio mentale medio-normale del loro tempo ed hanno tentato cure tra le quali ricordiamo come curiosità (forse come antico precursore dell’elettroshock?) le scariche elettriche del pesce torpedine applicato al capo del paziente!!! Così come popoli primitivi dell’America del Sud hanno scoperto che la somministrazione di « rauwolfia serpentina » calmava i disturbi mentali, in particolare sedando gli stati di agitazione! Terapia dalla quale, in ultima analisi, ha preso avvio l’attuale psicofarmacologia nelle sue applicazioni pratiche.
In prosieguo di tempo, essendo intervenuto il criterio valutativo di tipo filosofico-antropologico, la malattia mentale venne considerata come qualcosa di estraneo alla mentalità comune, più vicino a quella primitiva e quindi causa di equivoci verso la vita contemporanea e relativi comportamenti anormali. Di qui l’internamento negli « asilo psichiatrici » a scopo cautelativo.
Sino a che, poco prima della « svolta romantica della medicina » nel XIX sec, nell’epoca super-intellettuale dell’illuminismo, sorse la voce di Francesco Antonio MESMER ad affermare che l’universo non è uno spazio vuoto ed inanimato, un nulla di morto ed indifferente che circonda ogni creatura, bensì uno spazio sempre compenetrato da onde invisibili, inafferrabili, percettibili solo interiormente, da correnti e tensioni misteriose che continuamente si toccano e ravvivano da anima ad anima, da senso a senso.
Questo fluido ignoto, secondo MESMER, forse sarebbe in grado di determinare trasformazioni nelle malattie dell’anima e del corpo ristabilendo quell’armonia superiore che viene chiamata salute. Non essendo in grado di definire ove tale fluido avesse sede, cosa fosse, egli lo definì « magnetismo animale » ed applicando un metodo, che oggi diremmo « suggestivo », credette di dimostrare la possibilità di guarire parecchie manifestazioni « nervose » tra le quali, prime, le manifestazioni clamorose dell’isterismo.
MESMER giungeva con le sue conclusioni almeno un secolo troppo presto poiché la sua teoria, che oggi avrebbe trovato posto accanto, se non dentro, al capitolo della suggestione ipnotica ampiamente trattato parecchio più tardi da CHARCOT, allora fu negata perché i fenomeni cui essa si rifaceva « non apparivano spiegabili alla pura ragione e quindi non potevano esistere ».
Alcuni anni appresso GALL, studiando la superficie esterna della scatola cranica, credette di poter dedurre una teoria delle localizzazioni intellettive definendo le singole possibilità in base al rilievo delle bozze che ciascun cranio presentava a differenza di un altro.
La Psichiatria a cavallo tra Neurologia e Psicoanalisi
Più tardi ancora un grande neurologo francese, BABINSKI, scoperse che un certo tipo di lesione distruttiva che interessava le circonvoluzioni cerebrali frontali, in particolare la parte prossimale della terza, causava con la perdita della parola parlata e scritta anche un indebolimento delle facoltà intellettive.
Tale osservazione diede inizio alla fase organicistica delle turbe psichiche in generale.
La scoperta che lesioni cerebrali acquisite erano causa di insufficienze mentali di vario grado (insufficienze mentali cerebropatiche), che la infezione luetica localizzatasi al cervello con le caratteristiche lesioni meningo-encefalitiche si accompagnava ai deliri di grandezza ed alle altre manifestazioni psichiche della paralisi progressiva o demenza paralitica; che l’arteriosclerosi cerebrale poteva dare affievolimento della memoria si come addirittura gravi anormalità di comportamento con assurdi deliri di gelosia, pericolosità sociale, ecc.; che lesioni traumatiche erano causa di epilessia con frequenti turbe comportamentali; che l’alcoolismo con le sue lesioni degenerative cerebrali era causa dei noti danni psichici; che postumi dell’encefalite letargica decorrevano con gravi turbe comportamentali a carattere antisociale in minori che ne erano affetti, ecc.. confermarono l’opinione vieppiù diffusa di una base organica cerebrale, anatomo-‘patologicamente dimostrabile in molte malattie mentali. Ove non venisse dimostrata, si affermò che la colpa era della mancanza di mezzi adatti di ricerca.
Ma le più accurate indagini sul cervello di schizofrenici, di affetti da psicosi maniaco-depressiva, da deliri paranoici, ecc.. continuarono a non approdare ad alcun risultato positivo per la presenza di alterazioni organiche dimostrabili.
E tale situazione rimase inalterata sino a che un medico dell’Università di Vienna, titolare della cattedra di neurologia di quella città, SIGMUND FREUD, con le sue ricerche sulla psicologia del profondo non apportò un notevole contributo allo studio delle « nevrosi », dimostrandone un meccanismo puramente legato alla rimozione nel profondo, fuori del livello della coscienza, di stati emotivi legati ai fatti della vita quotidiana, sino dall’età più infantile, e che in certe situazioni, come vedremo, assumono il valore di una spinta patogenetica creando le sintomatologie esterne: quindi un’origine puramente legata alla sfera emotivo-affettiva.
Tuttavia, se tale meccanismo eziopatogenetico poteva esser suggestivo nel riguardo delle più svariate forme nevrotiche, rimaneva molto incerto per le grandi psicosi.
In effetti, ad esempio, il frequente ricorso della psicosi maniaco-depressiva in membri (ascendenti, discendenti, collaterali) della stessa famiglia sembrava adombrare la possibilità del carattere ereditario.
Ora,se lasciamo da un lato l’affermazione gratuita, polemica e politicizzata della inesistenza delle malattie mentali (« l’antipsichiatria ») per cui esse sarebbero solo un modo di comportarsi deviante dalle convenzioni di una società a cui un individuo non si adegua, il cercare di fare il punto oggi sulle eziologie invocate per i disturbi psichici in genere è assai arduo dato che la specialità psichiatrica si è talmente trasformata, almeno per taluni, che ci si potrebbe porre l’interrogativo se essa faccia ancora parte della scienza medica o meno.
In effetti, sia pure con molta difficoltà, si possono distinguere due correnti di teorie e di tecniche, esse stesse non omogenee nel loro interno, che si sintetizzano in quella psicologica da un lato e quella biologica dall’altro. Per cui è possibile impostare il problema psichiatrico su due piani: quello puro dei fenomeni psicologici e quindi della necessità di studiare le loro leggi e le loro influenze, e quello dei fenomeni biologici secondo il quale il comportamento è condizionato da una risposta globale dell’organismo forse messo in una data situazione ambientale mutevole e cioè sottoposto ancora ad influenze psicologiche individuali e sociali.
Il punto di vista psicologico puro prende in considerazione tre impostazioni diverse:
1) – La psicoanalisi. Anche se FREUD, neurologo inizialmente, pensava che un giorno la biologia avrebbe trovato e dimostrato le basi organiche della psichiatria, la sua creazione rimase a livello strettamento psicologico seguendo tre punti principali, secondo i quali:
- – la vita mentale non si riassume solo in un insieme di fenomeni razionali e coscienti. Come in un iceberg esiste una parte sommersa, la più grande, che sfugge ad un primo controllo visivo, così la parte « inconscia », che sfugge al controllo della coscienza, tiene un posto eminente nella vita mentale agendo sul determinismo delle situazioni emotivo-affettive che condizionano la vita apparente dell’individuo; i meccanismi, i movimenti vanno ricercati con particolari tecniche appunto perché non avvertiti dall’individuo stesso che di conseguenza non ne può riferire direttamente. L’espressione anormale visibile è quindi causata da conflitti inconsci:
- – la comprensione della vita mentale è subordinata alle rappresentazioni dinamiche della stessa. Cioè la funzione dell’inconscio è da considerarsi essenziale per la determinazione dei comportamenti nel senso che il suo contenuto è costituito da forze attive che esercitano delle pressioni sulla « censura » cercando vie di estrinsecazione, « trasformandosi » in quelli che sono poi i sintomi stessi, il cui significato può essere raggiunto attraverso lo studio di taluni comportamenti che possono quindi essere « simbolici » sia nella vita vigile (lapsus, atti mancati) che nel sonno (sogni) ecc. Le loro analisi, insieme a quella delle libere associazioni, dei risultati dei tests proiettivi, ecc.. può permettere di individuare l’intimo meccanismo patogenetico, la dinamica cioè attraverso la quale si è affermato il disturbo, e quindi di impostare la terapia;
- – i primi anni di vita hanno importanza determinante sulla formazione della personalità a cominciare dal rapporto madre-figlio («diade » di SIMMEL) per cui se il bambino avrà avuto adeguato corrispettivo di affetto la sua evoluzione avrà buone ragioni per essere normale. Molte sono le cause che possono influire su questo rapporto e sulle quali bisogna indagare, spesso analizzando le motivazioni dei comportamenti materni soprattutto o della intera famiglia (genitori in specie).
Però tra gli stessi psicanalisti esiste a questo proposito una divergenza; per quelli ortodossi è all’evoluzione della « libido » (o istinto sessuale inizialmente indifferenziato ma in seguito « sublimato » e cioè trasformato in generica energia vitale), alla sua maturazione che si deve il raggiungimento di tappe decisive in stadi ulteriori di vita; per i « culturalisti » ciò accade a seguito dell’azione dell’ambiente.
Dal punto di vista pratico la tecnica psicanalitica ortodossa è di stabilire un rapporto affettivo (« transfert ») tra il paziente ed il terapista e di fare evolvere la « libido » dagli stadi arretrati a cui si è arrestata od è regredita.
La sovradescritta impostazione freudiana ha avuto i suoi dissidenti tra i quali Jung, Adler, Fletseher, ecc…
- – La psicologia sperimentale. L’introduzione fatta da Binet nella pratica psichiatrica all’inizio del secolo dei tests di livello, aperse poi la via all’utilizzazione di mezzi di misura e di sondaggio dei vari aspetti della personalità e con l’estensione del metodo dei tests mentali in generale si cercò di avere sempre più appropriate descrizioni analitiche e quantitative dello psichismo alla ricerca di un appoggio alle conclusioni diagnostiche.
Evoluzione moderna della Psichiatria nel corso del ‘900
L’introduzione delle scale di valutazione, resa possibile dai metodi di registrazione e quantificazione dei sintomi, è stata conseguente al bisogno di una valutazione esatta degli effetti terapeutici e quindi oggi l’aiuto dei computers ha dato la possibilità di analisi statistiche sia per la valutazione degli effetti stessi che per la classificazione delle malattie mentali. Ma questo è un punto di vista del tutto nuovo ed in via di realizzazione che richiede ulteriori approfondimenti ed in sedi adatte, non essendo alla portata di tutti.
A parte ciò dobbiamo ricordare come la riflessologia di Pavlov ponga le basi dell’apprendimento e nel mondo sovietico ci si sia fermati su di essa chiamandola in causa nel determinismo delle malattie mentali.
D’altra parte i Behavioristi sia in America che in Inghilterra, applicando la « terapia del comportamento » basata sui risultati di tale condizionamento alla Pavlov nel campo dell’apprendimento, hanno preso un notevole posto nella psicoterapia esercitata in quei paesi.
- – La « psichiatria sociale » è l’ultima comparsa in ordine di tempo, nel senso che si sta affermando vieppiù oggi anche se l’idea che la vita sociale possa di per se determinare turbe psichiche non è certo nuova. Nuove sono invece talune formulazioni sistematiche che riguardano il problema.
Lo studio epidemiologico nel campo della malattia della mente è stato inizialmente condotto dal punto di vista della genetica; in seguito si è cercato di rilevare se esistevano rapporti, e quali, tra quelle malattie e l’habitat, ventre materno compreso, le condizioni socio-culturali, ecc.. In conseguenza di questo punto di vista dimostratosi valido nello studio del determinismo di certe pseudo-insufficienze mentali e di certe nevrosi, si affermarono una serie di correnti tendenti a posizioni sempre più estremiste.
Cosi taluni affermano che le varianti osservate nella sintomatologia psichiatrica in relazione alla situazione socio-culturale dei soggetti che le presentano potrebbero far pensare ad una « relatività » dell’idea di patologia mentale e quindi a negare, come abbiamo detto, la competenza medica in psichiatria, alla quale la nozione di malattia sarebbe inapplicabile. Altri considerano l’azione patogena in psichiatria esclusivamente di pertinenza delle condizioni sociali. Affermazioni non dimostrate ma che influiscono sulle convinzioni di un certo numero di psichiatri i quali spesso, spinti da posizioni ideologiche estranee alla cultura scientifica, si sono fatti assertori della concezione che esclusivamente le caratteristiche della vita moderna giocano un ruolo patogeno nel campo delle malattie mentali. È « l’antipsichiatria », cui abbiamo accennato, ovviamente ancora di recente rifiutata anche dalla scuola sovietica (SEABRA-DINIS).
Tali orientamenti si ripercuotono con una certa utilità in campo pratico. L’idea che l’ambiente sfavorevole contribuisce alla comparsa delle turbe psichiche in genere, delle malattie mentali in specie, porta di conseguenza che pure un ambiente più adatto potrebbe contribuire alla loro scomparsa.
E poiché l’ospedale psichiatrico sembra svolgere, così come è oggi pressoché ovunque strutturato e gestito (salvo rare eccezioni e solo in parte delle stesse), la funzione di « segregare » i ricoverati, « alienandoli » dall’ambiente di vita comune, si cercò (e per primi contribuirono proprio i Centri di Igiene Mentale battendosi a lungo e, purtroppo, inutilmente contro i falansteri psichiatrici) di portare quanto
più possibile le cure fuori degli stessi attraverso tutta una serie di organizzazioni, di strutture extra ospedaliere e con l’azione pluriprofessionale dell’équipe psichiatrica (medico psichiatra-psicologo-ass. sociale-ass. sanitaria vis.). Di tali strutture si avvisò che poteva far parte, per l’eventuale tempo ospedaliero, di ricovero del malato psichiatrico, il reparto specializzato dell’ospedale civile comune (LUSSO), reparto che doveva essere particolarmente organizzato (soggiorni, sale di psicoterapia di gruppo, sale occupazionali, ecc.) e che si profilò sotto l’aspetto dell’astanteria, come reparto aperto simile a quelli delle altre specialità. E chiaro che in questa concezione, si ritorna ai principi generali del programma dell’Igiene Mentale (POROT): «ricerca delle cause delle malattie mentali, loro profilassi primaria (impedimento dell’insorgenza) e secondaria (impedimento delle recidive), cura, riabilitazione; creazione dei servizi psichiatrici aperti in ospedali civili, servizio sociale psichiatrico, ecc.. ».
Ora se le correnti « psicologiche » e « sociologiche » hanno dato e stanno dando il loro contributo alla discussione sulla eziopatogenesi delle malattie mentali, anche la corrente « biologica » ha fatto e sta facendo la sua parte.
Certamente, come ogni enunciazione scientifica, è meno fascinosa e meno si presta alla discussione allargata di non tecnici; per ciò è vista con diffidenza, se non con ostilità, da molti « operatori sociali » che la ritengono un accorgimento per estrometterli dal campo della psichiatria nel quale tutti si sentono oggi autorizzati a spaziare.
4) – La psicofisiologia sta tentando infatti di comprendere quali siano le vie attraverso le quali si svolgono fenomeni psicologici.
Così la scoperta dell’importanza esercitata dalla sostanza reticolare nella regolazione della coscienza, nel senso di quel tipo di coscienza che va dal sonno (coscienza ipnotica) all’attenzione, allo stato di veglia (coscienza vigile), induce a riflettere su quali potrebbero essere le conseguenze di un’alterata funzione della stessa nel campo della patologia mentale. In effetti gli stimoli sensitivi e sensoriali raggiungono direttamente determinate zone specifiche della corteccia mentre per rami collaterali vanno a stimolare in modo specifico la sostanza reticolare la quale a sua volta « attiva », attraverso un suo sistema di fibre, la corteccia cerebrale permettendole di ricevere le sopraddette stimolazioni dirette. La « inattivazione » della corteccia da parte della reticolare non permette ad essa di ricevere dette stimolazioni sensitive e sensorali, così come accade nel sonno. Il quale già per conto suo è favorito dall’oscurità e dal silenzio.
Ora se si pone un individuo in isolamento completo (oscurità, silenzio, isotermia, soppressione delle stimolazioni cenestesiche e propriocettive per sospensione in bagno, ecc..) si ottiene dopo alcuni giorni di questa deprivazione sensoriale, uno stato patologico con allucinazione ed ansia.
Tale fatto ha posto l’interrogativo se la mancata azione attivatrice della reticolare non possa esercitare la stessa, e forse una più grave, privazione sensoriale dell’esperimento non permettendo alla corteccia di captare le stimolazioni che le giungono con la conseguenza di turbe psichiche. Taluno considera la regione reticolata come sede della mania, melanconia, distimie in genere.
Essendo possibile individuare nel sonno la comparsa dei sogni sia attraverso la registrazione di un particolare tracciato elcttroencefalografico (fase R.E.M.), sia con osservazione di movimenti rapidi degli occhi dell’individuo addormentato, se si priva un individuo della sua possibilità di sognare svegliandolo ogni qualvolta attraverso quegli indizi viene rivelato come egli cominci, pur lasciandogli una quantità di sonno normale, dopo alcuni giorni di esperimento si nota la comparsa di turbe psichiche a segnalare l’importanza psicologica delle funzioni del sogno.
Così le esperienze sulla scimmia e sul gatto hanno permesso di individuare delle zone cerebrali responsabili, se stimolate elettricamente, di attegoiamenti e reazioni colleriche, di aggressività, ecc..
Nello studio biologico delle malattie mentali la pratica ha anche portato il suo contributo. Tralasciamo di citare la malario-terapia e comunque la piretoterapia nella paralisi progressiva perché l’origine organica di questa forma morbosa è indiscutibile e quindi l’effetto di quella terapia non fa che confermare un dato acquisito.
Parliamo invece della insulino-terapia nella schizofrenia, dell’elettroshock cerebrale nella melanconia (condannato dagli psicologisti estremisti come « violazione, esercizio di violenza » in individuo incapace di opporvisi); della cloroproma-zina e dell’haloperidolo, ecc., nella cura della ipomania e di certi stati deliranti con allucinazioni degli schizofrenici, ecc.. Sono osservazioni che aprirono la strada alla psicofarmacologia modificando profondamente in pochi anni la pratica psichiatrica e l’atmosfera degli ospedali psichiatrici. La scoperta di altri farmaci utili nella depressione come nelle forme schizofreniche a sintomatologia varia, ha ulteriormente arricchito l’arsenale terapeutico dello psichiatra. Cosa che ha provocato una diminuzione dei ricoveri là ove esiste un’assistenza psichiatrica extraospedaliera efficiente.
Ma la scoperta degli psicofarmaci con i risultati pratici osservati, pur avendo la sua importanza in campo scientifico ed applicativo, non fu che uno dei punti attraverso i quali si evolvette ulteriormente lo studio biologico delle malattie mentali.
- – E cioè verso l’affermazione di una patogenesi biochimica che ulteriormente venne posta in luce dalla scoperta di altri farmaci (detti psicodislettici); come la dietilamide dell’acido lisergico (LSD) la cui assunzione produce in soggetti normali turbe allucinatorie analoghe a quelle presentate a volte nelle forme schizofreniche. Così la dimostrazione che negli stati depressivi esiste un abbassamento della concentrazione di talune amine biogene nella zona della base del cervello e che i farmaci anti-depressivi agiscono aumentando il tasso delle stesse per inibizione degli enzimi che le distruggono, potrebbe confermare il criterio della familiarità delle depressioni malinconiche e comunque della psicosi maniaco depressiva come conseguenza di un’alterata eredità enzimatica.
Qualcuno che si trova a discutere di psichiatria può avere dei dubbi sulla validità e serietà di questa scienza che in ultima analisi si è incagliata sullo studio eziopatogenetico essenzialmente di « una » forma morbosa: la schizofrenia. Suddividendosi in numerose correnti sotto una spinta non sempre scientifica. Infatti non è possibile mettere in discussione la competenza del medico in tale specialità quando si discute sulla eziologia praticamente di questa sola psicosi.
Le ipotesi patogenetiche così diverse che abbiamo sopra riferito applicate allo stesso delirio schizofrenico, sono fatte apposta per confondere le idee;
- – difesa dell’IO attraverso un meccanismo di proiezione per gli psicanalisti;
- – risultato di una struttura familiare turbata per i sociopsichiatri;
- – conseguenze, ad es., di una disfunzione della reticolare per gli j)sico-biologi;
- – conseguenze di anomalie biochimiche cerebrali verosimilmente enzimatiche per altri ancora.
ecc..
- – In questi anni la medicina psicosomatica ha dimostrato quali in molte occasioni siano le ripercussioni sullo stato fisico-organico di perturbazioni psichiche solitamente su basi ansiose ed ha cercato di riunire in un tutto comprensibile ed accettabile due piani di funzione: quello psicologico e quello organico; dimostrando come un certo numero di alterazioni di funzione organica a lungo mantenute da stabili tensioni intrapsichiche possano diventare anatomiche.
Comunque secondo molti psichiatri una interpretazione della malattia psichiatrica esclusivamente su motivazioni non sempre chiare socio-culturali, socio-ambientali ed una sua terapia esclusivamente psicologica, pur non” essendo da scartarsi, in taluni casi corre il rischio di creare un psichiatria in mano ad « allievi
stregoni » con ritorno a certe interpretazioni « rituali » di nuovo tipo che ricordano le concezioni mistiche cui si è accennato all’inizio del presente capitolo.
Pur riconoscendo che si è giunti a questa presa di posizione anche attraverso una reazione alle affermazioni organicistiche troppo sistematiche del passato.
Un tentativo di sintesi sarà presto necessario anche nel campo della psichiatria tanto più che non si può escludere, visto che di molti che vivono in determinate situazioni in ultima analisi solo minima parte si ammalano, che esista in ciò la conferma di un’azione interdipendente nella quale la predisposizione presta il fianco alla determinazione provocata dall’ambiente (PIAGET, HENNEK.EN. ecc.).
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