“Ecostress” (o anche “Ecoansia“) è una parola chiave che sentiremo ripetere sempre di più nel prossimo futuro.
Oggi vi propongo un argomento che, in apparenza, potrebbe non sembrare molto correlato alla psichiatria o alla psicologia ma in realtà vedrete che non è così.
Bene, ma perché uno psichiatra vi dovrebbe parlare di cambiamenti climatici e di ecologia?
Le ragioni sono diverse, ma le più importanti sono due: (1) per prima cosa perché la nostra mente risente assolutamente dei cambiamenti ambientali, metereologici, sociali, industriali e di inquinamento, che ruotano attorno all’ecologia, ed inoltre anche, e soprattutto, (2) perché l’eventualità di una catastrofe ambientale imminente, prevista probabilmente entro i prossimi 30 anni, rappresenta una sorgente importante di stress, la cui gestione non sarà per nulla facile.
Forse qualcuno di voi ha iniziato a sentire parlare, negli ultimi anni, di eco-stress o anche di eco-ansia…. immagino di si, anche se è un tema che è presente maggiormente nella psiche di molti adolescenti e giovani adulti che si chiedono: dove andremo a finire? cosa ci dobbiamo aspettare dal futuro?
È sicuramente vero che, in apparenza, le generazioni del recente passato e le nuove si sono evitate molte fonti di stress del passato come guerre, povertà estrema o gravi carenze alimentari ma io direi che, semplicemente, c’è stato una trasformazione dello stress esistenziale piuttosto che una sua riduzione.
A parte il fatto che in alcune parti del Mondo, ancora oggi, convivono nuove forme di stress con quelle chiamiamole “classiche” dato che, pensando in modo “globale”, non ci siamo assolutamente lasciati alle spalle, come umanità, ne le guerre e neppure le carestie.
E neppure le grandi pandemie, direi….
Molto probabilmente ci sono davvero delle nuove sorgenti di stress che si aggiungono, e in alcuni casi, sostituiscono alcuni dei disagi più antichi che ormai non riguardano più una parte della popolazione, per lo meno nel Mondo Occidentale.
Infatti è sicuro che per gran parte della popolazione occidentale il “timore di morire di fame” è sicuramente scomparso, anche l’incubo di una nuova guerra è cosa che sembra non riguardarci più…. per adesso, aggiungerei….
Certamente ci siamo ricordati, come vi ho accennato prima, che il Mondo è sempre a rischio di “cambiamenti improvvisi ed imprevisti”, vedi la pandemia da Sars-COV-2, ma forse anche lo stress di questa incertezza sanitaria tornerà presto ad essere messo da parte e proveremo a dimenticarcene, non credete? Sino a quando non si ripresenterà all’umanità una nuova emergenza sanitaria.
Ma negli ultimi anni qualche cos’altro, di cupo, di inquietante sta strisciando tra di noi, una paura inizialmente senza nome ma che piano piano, pezzo per pezzo, si sta delineando come la “paura delle paure”, una sorta di epilogo per la specie umana.
Avete capito di che cosa sto parlando? Lo state iniziando ad intuire?
Sto parlando, chiaramente, della catastrofe climatica e dell’apocalisse ecologica che lentamente, ma inesorabilmente, avvicinano l’umanità al destino di una trasformazione completa ed irreversibile del Mondo per come lo conosciamo.
Ed ecco che iniziate a capire a quale nuova sorgente di stress mi riferisco in questo articolo, che poi è la trascrizione, più o meno fedele, di un mio video (e del relativo podcast) che ho registrato sull’argomento tempo fa….
In generale, quella della Fine del Mondo è un’angoscia antica come il Mondo, presente nelle grandi opere dell’ingegno umano come la Bibbia e che rappresenta, in poche parole, una specie di estensione della paura della morte che ognuno di noi porta dentro se ma che viene estesa a tutta la nostra razza, ovvero ad una trasformazione cosmica che potrebbe rendere impossibile la vita su questo pianeta, cancellando il futuro della specie umana.
Questo genere di timore, questa angoscia che spesso non viene neppure nominata, ce ne stiamo rendendo conto in questi anni, porta delle conseguenze psicologiche davvero importanti.
In realtà molti fatti, modelli matematici e rilevazioni climatiche ci dicono che, probabilmente, non solo i nostri discendenti del futuro ma, forse, anche chi di noi sarà in vita tra una trentina d’anni potrebbe ritrovarsi in un Mondo inospitale e distopico, forse impossibile da vivere.
Ci sono moltissimi ricercatori e climatologi che ipotizzano, ad esempio, il superamento della soglia di riscaldamento globale di 1,5 gradi, ma forse addirittura di 2 gradi, entro il 2050, e mi chiedo se tutti siamo a conoscenza di che cosa questo comporterà: eventi climatici estremi, inalzamento degli oceani, aumento estremo delle temperature in fasce del Mondo che comporteranno migrazioni bibliche di moltissime persone verso le zone in cui ci sarà disponibilità d’acqua, di cibo e di energia, difficoltà di convivenza tra popoli e, molto probabilmente, guerre per il predominio sui territori maggiormente abitabili.
Lo ripeto: non tra 1000 anni, ma entro trent’anni, ok?
Lo ripeto: 30 anni.
Inoltre pare proprio che non ci sia per nulla accordo tra le nazioni su di un modo efficace per sviluppare consapevolezza, visione politica e tecnologie per far fronte a tutto questo…..
Ad esempio Cina ed India non hanno alcuna intenzione di rinunciare ai combustibili fossili, accusando il resto del Mondo di averne fatto “loro” un uso smodato nel passato, ma non solo: alcuni capi di governo mettono addirittura in discussione la concretezza dell’emergenza climatica e del livello allarmante dell’inquinamento globale.
Lo scenario è decisamente angosciante per chi ha capito che cosa sta accadendo, no? ….soprattutto, lo voglio ripetere, per i tempi con cui si potrebbe arrivare rapidamente all’epilogo di questa storia.
Ma che nome ha questa paura subconscia, questa sorgente di angoscia che sta lavorando in tutti noi, in particolare nei più giovani?
Esiste, infatti, una causa profonda di stress che deriva da quella che potremmo definire come una sorta di “disconnessione da un futuro sicuro”, o per lo meno da un “futuro possibile”, no?
Diciamo un futuro non ancora scritto e che in passato, nelle generazioni precedenti, sembrava essere addirittura “promettente e sereno”, o magari, semplicemente, in corso di miglioramento: è vero c’erano le guerre ma l’umanità sembrava piano piano migliorare sul piano etico ed umano, la ripresa economica faceva ben sperare e cose simili.
E adesso? Qual è l’orizzonte degli eventi?
Alcuni la chiamano ECO-Ansia, ma io trovo questo termine non molto corretto dato che l’ansia è, per definizione, una paura “senza oggetto”, ma al contrario qui l’oggetto c’è eccome!
Infatti io preferisco utilizzare il termine ECO-Stress, dato che si parla di una sorta di squilibrio tra le sollecitazioni negative ricevute dall’ipotesi di una catastrofe climatica ed ecologica e le risorse a disposizione che possiamo avere noi, come individui, per cambiare questo destino nefasto…. molto poche non trovate?
A meno che, certamente, non ci si organizzi, non si acquisisca come specie appunto, consapevolezza e visione politica.
Un ipotesi non semplice da realizzare, in ogni caso.
Infatti molti di noi, i giovani in particolare, proprio coloro che subiranno le conseguenze di tutto questo, senza poter partecipare attivamente alle scelte, stanno manifestando uno stato psichico, un alone depressivo e fatale che ne potrebbe compromettere scelte ed atteggiamenti.
Che cosa fare se il futuro non è più garantito? Se la fine del Mondo ci si potrebbe presentare in un orizzonte temporale molto vicino? Chi penserà più a fare figli, oppure a dedicarsi ad una vita retta e rispettosa delle regole? In che modo reagiremo alle grandi migrazioni dal sud verso il nord del Mondo? Sarà possibile integrarci oppure vivremo questa trasformazione sociale come un’invasione? Come reagiremo al divario di benessere, sempre maggiore, tra la popolazione?
E ancora: come reagirà il nostro cervello all’esposizione a sostanze tossiche, a concentrazioni di CO2 aumentate e a cambiamenti di temperatura e alle altre variabili climatiche?
E infine: questa compromissione neurologica, mentale ed esistenziale non rischierà di accelerare ancora di più la catastrofe in una sorta di effetto domino, di esplosione a catena in cui tutta l’umanità perderà efficienza, consapevolezza e lucidità?
Bene, credo che a questo punto sia chiaro perché il concetto di ECO-stress sarà molto presente nel nostro futuro e dovrà in qualche maniera essere affrontato, al più presto direi, parallelamente alla sua causa, al cambiamento ecologico e climatico che, lo ripeto, non arriverà al suo epilogo tra 1000 anni ma, secondo moltissime voci autorevoli della scienza, entro 30 anni, ok?
A questo punto credo di aver parlato abbastanza e vorrei lasciare a voi il testimone della discussione invitandovi, oggi più che mai, ad esprimere la vostra opinione ed il vostro parere scrivendo nei commenti del blog dato che il tema è quanto mai importante e cruciale.
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