Che cosa è la psicoanalisi? Non avete idea di quante volte mi hanno fatto questa domanda….
Talmente tante che ho fatto anche un video sul mio canale YouTube per rispondere:
Ma in questo breve articolo vorrei aggiungere delle altre cose per meglio rispondere a questa domanda così frequente…. che cosa è la psicoanalisi?! Tenete anche conto che ho anche scritto un altro post sulla teoria di Sigmund Freud….
Le idee che da molti decenni, diciamo da tutto il ‘900, girano intorno alla psicoanalisi oscillano fondamentalmente tra due estremi.
Secondo alcune persone, la psicoanalisi non sarebbe altro che la traduzione in un linguaggio tecnico e organizzato di alcuni “dati di fatto” o “verità” che riguardano la natura umana e che sono stati già perfettamente conosciuti e studiati da ogni scrittore, poeta o filosofo, e anche probabilmente da ogni uomo qualsiasi dotato di sensibilità e di intelligenza.
Secondo altri, la psicoanalisi potrebbe consistere semplicemente in affermazioni bislacche e difficili da dimostrare nel campo della scienza che non sono facili da prendere sul serio per tutte quelle persone che sono ancorate ad un sano senso pratico, e in questo senso mi riferisco alle persone comuni, diciamo “laiche” rispetto alla psicologia e alla medicina, ma anche ad alcuni medici o operatori della salute in generale.
Probabilmente la verità, come spesso accade, la ritroviamo ancora da un’altra parte….. seguendo un’altra prospettiva….
Certamente in questa mia breve spiegazione proverò a fare ogni sforzo per collegare quello che di innovativo ritroviamo nella psicoanalisi con altre conoscenze più familiari, ma non si può nascondere il fatto che alcuni suoi principi e prospettive presentano senza ombra di dubbio molti caratteri di novità.
Questo perché la psicoanalisi ha tentato, e tenta, di rispondere a problemi che precedentemente non erano stati nemmeno posti; problemi la cui esistenza viene spesso negata.
Sto parlando di una prospettiva che, per lo più, riguarda quasi esclusivamente un campo della conoscenza, l’inconscio, che è o sconosciuto o negato, dalla maggior parte di noi.
Molto del materiale ricavato dai pazienti nevrotici interessa quella zona che io chiamerei di “semi responsabilità” a cui non è stato assegnato nessun posto nello schema della società.
E peggio di tutto, molti principi enunciati dalla psicoanalisi, e che sono sue importanti scoperte, sono spesso sgradevoli, urtanti o ripugnanti, così che non ci si può sorprendere che incontrino il rifiuto o, addirittura, il disgusto di molte persone.
Nonostante questa premessa, e come testimoniano le molte domande che le persone mi fanno, continua a permanere una notevole curiosità intorno a questo “strano argomento” della psicoanalisi, che evidenzia quantomeno il sospetto da parte della gente che veramente ci siano delle profondità inesplorate nella natura umana…. diciamo che resta anche un parziale riconoscimento di quegli echi e di quei riflessi suscitati dalle affermazione degli psicoanalisti.
Ci può essere qualche cosa di vero e di utile che può essere illuminato da questa, tutto sommato, ancora nuova prospettiva sull’uomo? Può essere che col tempo impareremo a fare buon uso di tutto quello che la psicoanalisi ha da dirci?
In questo mia breve riflessione vi metterò in contatto con molti paradossi, e direi di cominciamo subito con il primo…. la parola “psicoanalisi” è ancora oggi usata per intendere tre cose e la domanda che sorge spontanea è: come può avvenire se queste tre cose sono così diverse nella loro essenza.
“Psicoanalisi” significa in primis uno specifico metodo di trattamento escogitato da Sigmund Freud per curare una certa categoria di malattie psichiatriche definite “nevrosi”; questo significato abbastanza ristretto è sicuramente il primo ad essere usato e ad essere conosciuto dalle persone.
Poi vediamo che “psicoanalisi” significa anche quella speciale tecnica, o meglio quella prospettiva teorica, molto utile per investigare i più profondi livelli della mente umana.
E infine ci riferiamo alla “psicoanalisi” anche per descrivere quel campo del sapere che si è definito con l’esercizio di questo metodo, e in questo senso potremmo dire che la parola “psicoanalisi” sarebbe praticamente sinonimo di “teoria dell’inconscio”.
Questo terzo uso della parola è forse da ritenersi come un’evidente estensione di significato, ma, per capire come un metodo di investigazione possa essere allo stesso tempo un metodo di cura, bisogna definire meglio e spiegare alcuni meccanismi e problemi del funzionamento mentale degli esseri umani.
Che la mente contenesse elementi non accessibili alla coscienza è stato da tempo sospettato nei campi della filosofia e della letteratura ed è stato affermato sicuramente ben prima di Sigmund Freud; ma è stato sicuramente Freud che per primo ha riconosciuto che questi elementi potessero essere in uno stato di “disarmonia” col resto della mente.
Nel corso delle sue investigazioni, per mezzo della sua tecnica che portò alla luce tutti quegli elementi psicologici più profondamente sepolti, egli trovò che la mente può, per molti rispetti, essere paragonata ad una serie di compartimenti stagni.
La comunicazione fra i diversi compartimenti è attivamente ostacolata dal funzionamento di fattori perfettamente definiti, sulla natura dei quali egli ha pure investigato. I suoi sforzi per aprire le più profonde parti della mente erano ostacolati dal soggetto in un modo che gli diede l’impressione precisa di una forza contrastante, quasi una forza “fisica”; così che egli non esitò a descrivere questo stato di fatto in termini dinamici, analogamente a quello che si fa quando si studiano le forze fisiche presenti in natura….
Sigmund Freud, per primo, parlò di forze mentali che si opponevano al divenire consapevole di certe altre parti e le chiamò “resistenze”…. poi lui fece anche la brillante supposizione, poi ampiamente confermata dai suoi discepoli nel corso degli anni, che le forze trovate nel suo lavoro di esplorazione come resistenze ostacolanti fossero le stesse che avevano originalmente impedito alla persona la conoscenza di una parte della sua mente, e in questo caso sono dette “repressioni”. Ora, noi tutti sappiamo bene che ci sono dentro di noi idee, sentimenti, desideri, che non riconosciamo volentieri…. che non ci piacciono…. e, infatti, spesso riusciamo a negarli….
Semplicemente molti di noi preferiscono non conoscere niente riguardo a quello che giace sotto la sottile superficie dell’inconscio e inventiamo ogni sorta di ragioni, alcune buone, alcune cattive, per spiegare che sarebbe meglio non saperne niente….. anzi che è più saggio e utile “non pensarci più” per vivere semplicemente meglio.
Questo è un punto importante in cui le scoperte di Freud si agganciano saldamente alla consapevolezza che alcune cose che accadono dentro di noi non possono essere spiegate alla luce di una mente solamente razionale e “meccanica”….
E quindi sia le “resistenze” in questione, che la parte della mente a cui si oppongono, sono interamente sconosciute alla coscienza del soggetto, ed è per questo che Sigmund Freud ha usato il termine di “inconscio” (Tedesco, das Unbewusste ; letteralmente «l’incompreso»). Per quanto l’inconscio sia inconscio, pure, soltanto una diretta personale esperienza — e questo non è realmente possibile con le sole parole — può mettere in grado un individuo di sapere che non ha neppure un sospetto della reale esistenza di ciò che è chiamato il vero inconscio.
Di più, la totalità della sua ignoranza è soltanto eguagliata dalla forza di resistenza che mantiene questa ignoranza. Questo, forse, può essere chiarito dal fatto che, perfino in circostanze favorevoli e con l’uso della tecnica più completa, occorrono anni di lavoro per fare conoscere ad una persona quali processi si stanno svolgendo nella profondità della sua mente. L’intensità dell’intima resistenza contro la piena conoscenza di noi stessi è una delle più importanti scoperte di Freud. L’uomo, con tutta la sua ricerca di nuove scoperte, ha spesso resistito furiosamente alle idee nuove nè sembra che questa esperienza pure così comune, gli abbia giovato a qualcosa.
Tentativi di comprendere questo atteggiamento sono appena andati oltre vaghe frasi come « innato conservatorismo ». Questa osservazione generale non viene fatta soltanto perchè l’accoglimento della psicoanalisi offre un esempio di più di questa verità : c’è una connessione molto più interessante tra le due cose.
È merito della psicoanalisi, stimolata senza dubbio dall’esperienza, di aver spiegato questo fatalistico conservatorismo del genere umano. La spiegazione è che la generale opposizione ad idee contrarie, incluse quelle concernenti il mondo esterno, consiste principalmente in una irradiazione della interna opposizione, o « resistenza » contro la conoscenza di sè stessi.
Se noi riflettiamo su esempi storici ben conosciuti di questo conservatorismo, come l’opposizione all’astronomia nel sedicesimo secolo, alla fisiologia nel 17°, alla chimica, nel 18° alla biologia del diciannovesimo, non possiamo non esser colpiti da certi caratteri stereotipi che questa opposizione presenta.
La manifestazione più visibile di ciò è la collera e l’ostilità, che naturalmente, si esprimono in atti di persecuzione contro ciò che offende; la collera assume caratteristicamente la forma di una religiosa indignazione e le nuove idee sono spesso denunciate come perverse e immorali. Ma non è difficile scoprire sotto questo atteggiamento, come forse dietro tutte le attitudini di questo tipo nella vita individuale, una nota di allarme inconfondibile. Si sente che qualcosa di prezioso viene minacciato e le dimostrazioni ostili sono una semplice reazione di difesa contro quell’attacco immaginario.
Le lagnanze contro il nuovo sapere sono piuttosto monotone nella loro uniformità. Questo distruggerebbe o altererebbe un certo possesso prezioso ; sarebbe degradante, materialistico, o perfino ateo. Abbasserebbe l’uomo facendolo scadere dal suo alto livello, intaccherebbe la buona opinione che egli ha di sè stesso, o gli porterebbe via qualcosa di molto caro.
Questo qualcosa è quasi sempre un non so che di estetico, spirituale, etico e di natura religiosa, qualcosa che l’uomo tesoreggia come il suo bene più prezioso. Consideriamo un semplice esempio — la paura di Keat che la conoscenza scientifica dell’arcobaleno, mediante l’analisi dello spettro, dovesse diminuire o portar via il godimento estetico del fenomeno.
Noi possiamo imparare da tale esempio che tali paure si dimostrano, col tempo, illusorie.
Keat sentiva che il suo godimento dell’arcobaleno era intimamente dipendente dal senso del mistero e pensava che la luce della conoscenza lo avrebbe dissolto, togliendo la necessaria condizione di questo godimento.
Ci sono due risposte a questo atteggiamento. In primo luogo, nessun uomo di scienza può pensare che ogni acquisto nel sapere diminuisca il suo senso di meraviglia dell’universo. Al contrario : il conoscere maggiormente può soltanto insegnare quanto piccolo è ciò che si conosce e quanto grande è, l’inconoscibile. L’umiltà di fronte a ciò che non si conosce aumenta al dissiparsi delle illusioni dell’ignoranza. In secondo luogo, la psicoanalisi può gettare luce sul pregiudizio assurdo che mistero e ignoranza siano necessari per poter conservare quello che viene chiamato il senso del valore spirituale.
C’è ragione di sperare che il timore per la scienza stia lentamente diminuendo. Sembrerebbe che ci fosse una capacità maggiore nel tollerare questa paura rispetto ai tempi passati.
Certamente l’unico progresso notevole che l’uomo ha compiuto negli ultimi cinque o dieci mila anni è strettamente associato con l’aumento di questa sua tolleranza e con la fiducia da questa generata. Dopo tutto, l’esperienza produce i suoi effetti, presto o tardi, e un giorno l’uomo capirà che ha guadagnato invece che perduto cambiando l’arroganza e la paura con l’umiltà e la fiducia. La psicoanalisi pone la sua materia ad un esame severo.
Ma in più, avanza la pretesa di rendere capace l’uomo di vincere quelle paure indefinite che fino ad ora lo avevano reso schiavo.
Possiamo soltanto indicare il modo di avvicinarsi a questo grave problema. Non è difficile vedere che è legato con il problema del libero arbitrio, perchè questo è strettamente associato col nostro senso dell’infinito e dell’assoluto.
Nella nostra storia il concetto della causalità ha ancora una portata estremamente ristretta. I più importanti avvenimenti della vita sono creduti un’arbitraria intrusione volontaria in quell’ordine, qualunque esso sia, che sembra apparire nell’universo.
Per lunghissimo tempo il potere volitivo è stato attribuito in vari gradi, agli esseri umani e soprannaturali, e, poiché questi ultimi potevano frequentemente essere indotti ad esercitare i loro poteri d’accordo con i desideri del primi, l’uomo poteva credere di esercitare, mediante il suo solo potere volitivo, una considerevole influenza sopra gli avvenimenti che da vicino concernevano il suo benessere generale. Lo svilupparsi della civiltà è commisurata con la graduale rinuncia dell’uomo a questo illusorio potere.
L’esperienza lentamente gli insegna che il riconoscere l’esistenza di leggi naturali gli offre realmente un potere in cambio di quello a cui rinuncia; ma ogni volta questo gli costa uno sforzo doloroso.
L’inesorabile richiesta della scienza è che nessun avvenimento sia considerato isolatamente, ma come un anello di una catena inevitabile. Questo si adatta ai processi della mente umana come ad ogni altro processo, ed è la psicoanalisi che avrebbe applicato erroneamente allo studio della mente umana questo generale atteggiamento scientifico.
Non è stato di aiuto l’indicare che il senso personale di libera volontà e di libera scelta è un fatto reale e che c’è un significato importante nella frase, apparentemente paradossale, che alcune persone sono mentalmente più libere di altre.
La ferita rimane, e la gente rifiuta di credere che l’intero edificio della responsabilità personale, etica sociale, gusto e giudizio individuale non sia violentemente minacciato. Nondimeno, col tempo, si vedrà come questo tentativo di portare ordine nel caos apparente, di mostrare che i più audaci voli della fantasia e i più profondi slanci dell’anima fanno parte dell’armonia dell’universo, può avere lo stesso resultato di ulteriori avanzamenti nella scienza. Infatti può soltanto aumentare il reale potere dell’uomo e proprio nel campo dove egli ne ha più bisogno, vale a dire nel campo del potere sopra se stesso.
Per finire, nel caso voleste approfondire l’argomento dell’utilizzo della psicoanalisi nella pratica della psichiatria, non posso che consigliarvi questo libro di Glenn O. Gabbard:
Nota Bene: In qualità di Affiliato Amazon io ricevo un guadagno dagli acquisti idonei.
This work is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivatives 4.0 International License.
Finché ci sarà la Dualità Mentale ci daranno sempre conflitti interiori ..la Dissonanza di frequenze ..il Segreto ..il Magnetismo del Cuore ..finché non impariamo ad uscire dalla Dualità ed usare il Cuore ..Tutto e più Semplice e e Raggiungibile ..ma ..i blocchi dell’ incoscio …la Soluzione dare frequenze giuste e memorie incosce da fare Pace . si ha L Autoguarigione ..
Beh se lo stupore per una bella ragazza ce lo spieghiamo con l’ossitocina non lo so se sia proprio la stessa cosa..