Nel vasto e controverso paesaggio della moderna psichiatria e della salute mentale, nuovi sentieri di ricerca stanno emergendo, svelando connessioni intriganti e rivoluzionarie tra l’infiammazione cerebrale ed i bisogni non ancora soddisfatti nel campo delle neuroscienze.
Il concetto di Infiammazione Cronica di Basso Grado, un fenomeno una volta considerato principalmente nel contesto delle malattie fisiche e strettamente neurologiche, sta guadagnando terreno come potenziale protagonista inaspettato all’interno del mondo complesso dei disturbi mentali.
Questa connessione tra mente e corpo, seppur ancora in gran parte da esplorare, sta già dimostrando di avere profonde e concrete implicazioni per la diagnosi e la cura nel campo della psichiatria.
Ne ho già parlato varie volte su questo blog, sul mio canale YouTube e sul podcast “Lo Psiconauta” su Spotify, in particolar modo con il contributo di uno dei ricercatori più interessanti che si occupano di questo tema psico-neuro-endocrino-immunologia, il Dr. Carmine Pariente.
Se conoscete già il tema e voleste avere subito informazioni su come agire sulla neuroinfiammazione in termini preventivi e di benessere, andate in fondo a questo articolo.
Neuroinfiammazione e Psichiatria
Una nuova prospettiva delle neuroscienze (“neuro-immunologia”) sta facendo luce sul ruolo cruciale dell’infiammazione nel cervello e il suo potenziale impatto sulla salute mentale.
Molti neuroscienziati stanno iniziando a dipingere un quadro in cui l’attivazione eccessiva del sistema immunitario del tessuto nervoso dell’encefalo, nota come neuroinfiammazione, potrebbe contribuire alla comparsa e all’aggravarsi di condizioni quali depressione, ADHD, ansia, schizofrenia, demenza e disturbo bipolare.
D’altra parte se all’inizio degli anni 2000 avessi parlato con i miei professori di psichiatria e di psicofarmacologia di “infiammazione del cervello” mi avrebbero riso in faccia, e tra poco vedremo quali potevano essere le ragioni di un atteggiamento di quel tipo, alle soglie degli anni 2000.
Ma per iniziare a parlare di neuroinfiammazione e psichiatria vorrei narrarvi alcune mie testimonianze “dirette” che ho raccolto sul campo, durante la mia attività clinica.
Infatti non è infrequente che disturbi mentali e infiammazione si incontrino nella normale pratica clinica, basta portare attenzione ad alcuni particolari.
Ad esempio un banale intervento Chirurgico di appendicite acuta: ricordo benissimo di una persona con anamnesi psichiatrica completamente negativa che è arrivata all’intervento dopo un’improvvisa appendicite acuta e dopo pochissime ore dal risveglio manifestava una fortissima depressione con tratti melancolici per cui mi avevano chiamato in consulenza in seconda giornata.
Ricordo bene che quando arrivai al suo letto, questa persona stava già bene, sebbene riferisse di una vera e propria grave esperienza depressiva durata qualche ora; dopo questo incontro seguii questa persona in ambulatorio in follow up per 6 mesi senza aver mai più riscontrato problemo.
Lo ripeto anamnesi psichiatrica negativa, e mai avuto un sintomo mentale in passato.
Solo intervento chirurgico in seguito ad appendicite, con la conferma da parte dei colleghi che anche la procedura anestesiologica era stata priva di problemi.
Personalmente interpretai il quadro sintomatologico come una risposta psichica ad un evento infiammatorio acuto, molto intenso che, probabilmente, aveva coinvolto tutto il corpo in maniera sistemica e casi del genere, ve lo garantisco, ne ho visti diversi nella mia carriera.
Certamente, lo ripeto ancora, esiste un rapporto tra dolore cronico e depressione…… si, per carità…… c’è l’aspetto del dolore ma è sicuramente ormai chiaro che l’infiammazione giochi un ruolo in molte forme di cefalea, in particolare quella vasomotoria….. nel caso della fibromialgia, di alcune forme di insonnia e nella risposta allo stress.
Ma come si spiega tutto questo? In che modo noi medici dovremmo rapportarci al concetto di neuroinfiammazione per poter aiutare anche sul piano clinico le persone?
Il discorso è decisamente lungo ma anche molto interessante…… trovate tutto in questo video, ma poi ritornate qui che vi voglio parlare di che cosa fare per contenere la neuroinfiammazione….
La Storia del Concetto di Infiammazione Cronica Silente del Tessuto Nervoso
I pochi coraggiosi che per primi erano stati definiti psico-neuro-immunologi formavano una tribù piuttosto piccola, negli anni ’90, che veniva guardata con condiscendenza mista a sospetto dai neuroscienziati più convenzionali.
All’epoca era considerato poco serio andare in cerca di connessione tra il cervello ed il corpo.
Tutto questo dipendeva, probabilmente, dal fatto che nel XX secolo era considerato assodato che cervello e sistema immunitario non avessero nulla a che fare l’uno con l’altro e, in realtà, gran parte della medicina si stava spezzettando in diversi rivoli paralleli.
La Salute degli Esseri Umani stava iniziando ad essere divisa in diverse aree che volevano farsi gli affari propri anche perchè da un punto di vista di marketing farmaceutico, la segmentazione del mercato è sempre un bene.
Ed ecco che, in questa prospettiva, i globuli bianchi e gli anticorpi del sistema immunitario viaggiavano liberamente nella circolazione sanguigna e potevano senz’altro attraversare la milza, i linfonodi e diversi altri organi del corpo importanti dal punto di vista immunologico.
Mentre invece le cellule e le proteine del sistema immunitario non venivano considerate degne di intrufolarsi altrettanto liberamente attraverso il cervello, perché si diceva (ed e vero, certamente, in larga parte) protetto dalla cosiddetta barriera ematoencefalica.
Questa barriera ematoencefalica era, all’epoca, una “terra di confine” che veniva descritta al corso di Medicina, dagli anni ottanta in avanti, come qualcosa che, alla stregua di una Muraglia Cinese, separava completamente il sistema immunitario e il sistema nervoso.
Quindi, forti della solidità di questo concetto, i ricercatori più tradizionalisti ironizzavano ferocemente sulle teorie nascenti della neuro-immunologia. (che poi sarebbe evoluta nella Psiconeuroendocrinoimmunologia, chiamata anche “PNEI“).
Potremmo dire che questa separazione tra il comparto cerebrale ed il resto del corpo, in qualche modo, rappresentava l’incarnazione di idee più antiche, potenti e anche sciagurate….. come quelle legate al dualismo mente-corpo che risaliva a Cartesio, secondo cui la mente e il corpo (come diciamo oggi) o l’anima e il corpo (come diceva il filosofo francese) rappresentano due campi da gioco separati.
Purtroppo, in larga parte, la filosofia cartesiana del dualismo, nata nel XVII secolo, ha in qualche modo rappresentato la base su cui si fondava l’iniziale scienza medica occidentale e che ha poi dilagato ancora un pochino per parte del ‘900.
In conseguenza di tutto questo, quando i primi psico-neuro-endocrino-immunologi ipotizzarono che le proteine di origine infiammatoria e presenti nel sangue potessero in qualche modo superare la barriera ematoencefalica per agire sulla mente, non vennero soltanto considerati in errore dal punto di vista della scienza biologica, ma profondamente irrispettosi di alcuni fondamenti filosofici ed epistemologici della scienza medica…. e ancora oggi un pochino è così….. sebbene in termini meno grezzi.
Neuroinfiammazione e Microbiota
Negli ultimi anni, una crescente mole di ricerca ha portato alla luce come la neuroinfiammazione e il microbiota intestinale siano strettamente legati, con implicazioni profonde per la nostra comprensione delle malattie neuropsichiatriche e oltre.
Il microbiota intestinale, spesso chiamato “il nostro secondo cervello”, è una comunità complessa di microbi, tra cui batteri, virus e funghi, che vivono nel nostro sistema digestivo. Questi microorganismi svolgono un ruolo fondamentale nel nostro benessere, influenzando la digestione, l’immunità e persino il nostro umore.
La Connessione tra Neuroinfiammazione e Microbiota
Come possono essere collegati un processo infiammatorio nel cervello e i batteri nel nostro intestino? La risposta risiede nel concetto di “asse intestino-cervello“.
- Comunicazione Biochimica: Molte sostanze prodotte dai batteri intestinale possono influenzare il cervello, sia direttamente attraverso il flusso sanguigno sia indirettamente attraverso l’influenza sul sistema immunitario. Alcuni di questi composti possono avere proprietà anti-infiammatorie o pro-infiammatorie.
- Permeabilità Intestinale: Un microbiota squilibrato può portare a una condizione nota come “intestino permeabile”, dove particelle indesiderate possono entrare nel flusso sanguigno. Questo può scatenare risposte immunitarie che, a loro volta, possono influenzare l’infiammazione nel cervello.
- Modulazione Immunitaria: Il microbiota ha un ruolo cruciale nella regolazione delle risposte immunitarie. Un microbiota disfunzionale può pertanto influenzare la risposta immunitaria del corpo e contribuire alla neuroinfiammazione.
Implicazioni per la Salute e la Ricerca
La crescente comprensione del legame tra neuroinfiammazione e microbiota ha aperto nuove vie per la prevenzione e il trattamento delle malattie. Ad esempio, probiotici e prebiotici, che influenzano positivamente il microbiota, potrebbero avere un ruolo nel ridurre la neuroinfiammazione e, di conseguenza, nel rallentare o prevenire l’insorgenza di malattie neuropsichiatriche.
Potrebbe essere utilie quindi, per contrastare la neuroinfiammazione di origine intestinale, preoccuparsi di una adeguata integrazione di probiotici.
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Cosa fare per contenere la Neuroinfiammazione?
Lo stato infiammatorio cronico del cervello è una condizione che, pur non essendo francamente patologica, rappresenta un vero e proprio fattore di rischio.
Ad oggi non abbiamo ancora nuove terapie psichiatriche, consolidate e basate sulle evidenze, che abbiano come target farmacologico l’infiammazione del tessuto nervoso, rivolte alla cura dei disturbi psichiatrici come la depressione, la schizofrenia. ol’ADHD.
In realtà ci sono alcuni farmaci innovativi per trattare la neuroinfiammazione come causa di disagio mentale, che sono in fase di sviluppo, ma saranno necessari ancora alcuni anni prima che siano immessi sul mercato.
D’altra partte sappiamo che l’infiammazione cronica di basso grado, che riguardi il cervello o il corpo, può essere contrastata e fortemente contenuta mediante la Lifestyle Medicine e la Lifestyle Psychiatry, ovvero modificando in maniera strategica il nostro stile di vita.
I 5 pilastri del nostro LIfestyle, in estrema sintesi, sono questi:
- Attività Fisica
- Alimentazione
- Riposo Notturno
- Depotenziamento delle Sostanze Tossiche e di Abuso
- Gestione dello Stress mediante: (1) Aumento della Resilienza (2) Cambiamenti Radicali (3) Gestione Strategica dell’Ambiente (4) Modulazione delle Relazioni.
In che modo possiamo modificare strategicamente questi 5 pilastri dello stile di vita? Ho fatto davveo molti contenuti al riguardo, ma quello che vi consiglio è di acquistare questo mio libro psiq: Salute Mentale: istruzioni per l'uso che potrete trovare solamente su Amazon:
- Rosso, Valerio (Autore)
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Capire come seguire una Dieta Anti-Infiammatoria o come strutturare un allenamento per contrastare l’infiammazione può davvero essere un investimento per il futuro o un buon modo per potenziare delle cure già in corso; all’interno di psiq: Salute Mentale: istruzioni per l'uso troverete le informazioni giuste.
Lo stesso dicasi per il miglioramento del riposo notturno e per l’acquisizione di tecniche rivolte alla gestione dello stress.
Ma non esiste solo la modificazione strategica del lifestyle per contenere la neuroinfiammazione e l’infiammazione cronica di basso grado, è anche possibile ricorrere ad alcuni integratori (“psiconutraceutici“) che spesso consiglio ai miei pazienti.
Qui di seguito trovate due prodotti da testare, sulla base delle piú recenti evidenze scientifiche:
Curcuma
La curcuma è una famosa spezia che viene ricavata dalla radice della pianta Curcuma Longa.
È assolutamente nota per le sue potenti proprietà antinfiammatorie e antiossidanti. Nel campo della salute mentale, la curcuma ha dimostrato benefici significativi grazie alla sua capacità di ridurre l’infiammazione nel cervello (“Neuroinfiammazione”)e di promuovere la neuroplasticità.
Si ritiene che tali effetti possano contribuire a migliorare l’umore, ridurre i sintomi della depressione e dell’ansia, nonché a preservare la salute cognitiva e a supportare la performance generale del cervello.
Personalmente, per sperimentare questo psiconutraceutico, consiglio di acquistare questo prodotto:
- Prodotto di qualità tedesca, curcumina ad alto dosaggio (1440 mg polvere di curcuma per dose giornaliera) con capsula di dimensioni normali.
- Barattolo XL: 120 capsule per un trattamento continuo a base di curcuma, nuova formula sviluppata da specialisti esperti.
- Combinazione fisiologica ottimale per incrementare la biodisponibilità dell’estratto di curcuma, della piperina (conosciuta anche come estratto di pepe nero) e della vitamina C. La vitamina C contribuisce al normale funzionamento del sistema immunitario.
- Prodotto di qualità tedesco: I nostri prodotti vengono prodotti solo in Germania. La nostra produzione si basa sul modello HACCP. Lavoriamo a stretto contatto con scienziati ed esperti durante il processo di produzione dei nostri prodotti.
- La migliore biodispinibilità: Privi di stearato di magnesio (sali di magnesio degli acidi grassi), un discusso additivo, per l’ASSUNZIONE OTTIMALE DI INGREDIENTI ATTIVI. Molti produttori utilizzano lo stearato di magnesio come separatore degli agenti durante la produzione.
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Olio di CBD
L’Olio di CBD è, probabilmente, il prodotto nutraceutico migliore per chi voglia tentare di contenere in maniera naturale la propria neuroinfiammazione (e l’infiammazione cronica generale di tutto il corpo).
Ho già realizzato molti contenuti al riguardo, per cui vado al dunque e vi consiglio il prodotto migliore che potete trovare su Amazon:
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Conclusioni
Il crescente corpo di evidenze supporta in modo significativo il legame tra neuroinfiammazione e salute mentale.
Gli studi condotti fino a oggi hanno rivelato un’intima connessione tra processi infiammatori nel sistema nervoso e molteplici disturbi psichiatrici, tra cui depressione, ansia, schizofrenia e disturbi neurocognitivi. Questa interazione complessa sottolinea l’importanza di considerare sia gli aspetti biologici che quelli psicologici nella comprensione e nel trattamento dei disturbi mentali.
L’avanzamento delle tecnologie di imaging cerebrale e delle metodologie di ricerca ha permesso di approfondire la comprensione dei meccanismi attraverso cui l’infiammazione influisce sul cervello e sul comportamento.
Tuttavia, molte domande rimangono ancora senza risposta e rappresentano sfide fondamentali per la ricerca futura. Ad esempio, comprendere meglio la relazione tra diversi tipi di infiammazione, la loro localizzazione nel cervello e l’espressione dei sintomi psichiatrici richiede un impegno continuo.
Sviluppare trattamenti mirati che agiscano sulla neuroinfiammazione potrebbe aprire nuove prospettive nel campo della salute mentale.
Tuttavia, è fondamentale adottare un approccio olistico, considerando sia le cause sottostanti dell’infiammazione che le modalità attraverso cui questa influenza la fisiologia cerebrale. I futuri studi dovranno affrontare la sfida di individuare biomarcatori precoci di neuroinfiammazione e di sviluppare terapie personalizzate che tengano conto delle specificità biologiche e genetiche di ciascun individuo.
Inoltre, la relazione bidirezionale tra neuroinfiammazione e salute mentale suggerisce che la promozione della salute mentale potrebbe a sua volta contribuire a ridurre l’infiammazione nel cervello.
Uno stile di vita sano, che includa una dieta equilibrata, l’esercizio fisico regolare e tecniche di gestione dello stress, potrebbe avere un impatto positivo sia sulla salute mentale che sull’infiammazione cronica silente.
In conclusione, l’interconnessione tra neuroinfiammazione e salute mentale rappresenta un campo di ricerca in rapida crescita che offre promettenti opportunità per migliorare la comprensione e il trattamento dei disturbi psichiatrici.
Attraverso sforzi interdisciplinari e l’applicazione di approcci innovativi, potremmo assistere a progressi significativi nell’identificazione di nuovi bersagli terapeutici e nell’ottimizzazione delle strategie di gestione dei disturbi mentali basate su una conoscenza più approfondita dei meccanismi sottostanti.
Avete domande o commenti? Mi raccomando fateli nell’apposita sezione….
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Grazie Dottore sempre interessante leggere i suoi contenuti. Mia figlia di 21 anni ha gli Ana positivi e soffre di problemi alimentari ed e’ vegana, troppo spesso non dorme di notte e recupera di giorno. Ovviamente non fa attività fisica perché non ha forza. Alla fine una psichiatra ha indicato, dopo un test fatto in queste condizioni, disturbo bipolare, narcisismo, borderline e non ricordo cosa altro ancora. A breve dovrebbe iniziare una terapia al litio. Ho seri dubbi sulla situazione. Potrebbe darmi un consiglio? Grazie.